Dopo qualche anno di pausa, quest’anno i Backyard Babies sono tornati alla grande con l’album “4our By 4our” (Gain, 2015 ”“ qui la recensione) e con un tour europeo che questa sera fa tappa al Live di Trezzo per l’unica data prevista nel nostro paese.

Per questo loro “Tour By Tour”, la band di Stoccolma ha scelto di farsi accompagnare da due band concittadine, entrambe dalle sonorità  assimilabili in parte alla miscela Glam/Sleaze/Punk che da sempre caratterizza il sound di Dregen e soci.

I primi a salire sul palco, davanti ad un numero di spettatori ancora piuttosto ridotto, sono i Junkstars, introdotti dalle note di un classico rock’n’roll anni 50. Il grintosissimo trio, già  passato dalle nostre parti lo scorso anno in supporto alle Crucified Barbara, attacca subito con il punk n’ roll di “Kill The Ravens”, pezzo d’apertura del nuovo album “This Means War” in uscita proprio in questi giorni per la Despotz Records: la formula è quella dei tre accordi e andare, senza troppi fronzoli, ma i pezzi hanno un bel tiro e i tre ragazzi ce la mettono tutta per cercare di coinvolgere un pubblico stranamente freddo; il barbuto e tatuatissimo Bronxen al basso ha un’imponente presenza scenica, ma è l’attitudine punk dell’adrenalinico frontman Max a trainare la band con brani come “First Time I Heard The Clash” (che non sfigurerebbe nel repertorio di Danko Jones) o come “Rock Bottom” (dal riff che non può non farti muovere il piedino), prima della quale lo spiritoso Max chiede ironicamente ai presenti, anziché di comprargli il disco, di metterei il “like” sulla loro pagina di Facebook, sottolineando come oggi la popolarità  di una band si misuri tristemente in questo modo e augurandosi di riuscire a doppiare i “mi piace” attuali. La chiusura è affidata alla cazzutissima “Go To Hell”, un vero pugno in piena faccia. Promossi.

Junkstars:
Max “Max” Malmquist ”“ voce, chitarra
Tobbe “Bronxen” Ljungqvist ”“ basso, cori
Mathias “Matte” Wanneberg ”“ batteria

Setlist:
Kill The Ravens – Romance Of Death – This Means War – Snake Bites – First Time I Heard The Clash – Rock Bottom -   Go To Hell

Il pubblico comincia ad aumentare quando si avvicina il momento dell’entrata in scena delle Heavy Tiger: le tre giovanissime svedesine (età  media: 22 anni) si presentano sul palco inguainate in aderenti tutine rosse, mentre dagli speaker vengono sprigionate le celeberrime note di “Gimme Shelter” degli Stones. L’attacco è affidato al loro pezzo piùfamoso, quella “Saigon Kiss”, nella quale sono evidenti gli echi di un certo power pop anni 70 a-la Cheap Trick/The Runaways. La loro proposta musicale si esplica in brani brevi e diretti, ma non riesce purtroppo a coinvolgere un pubblico che sembra attardarsi al bar, in attesa di scatenarsi con i Backyard Babies: addirittura quando la batterista Astrid (che si alterna alla voce con la vivace chitarrista Maja) chiede se qualcuno conosce i Led Zeppelin, la sua domanda cade nel vuoto in un silenzio imbarazzante. Peccato, perché le ragazzine ci sanno fare, come hanno dimostrato nel rock n’ roll dai cori catchy di “Little Sister” o nello scatenato boogie rock della conclusiva “Tonight”; anche se presentare ben tre cover in una setlist di soli otto pezzi non è sembrata essere proprio una grande idea.

Heavy Tiger:
Maja Linn ”“ chitarra, voce
Astrid Carsbring ”“ batteria, voce
Sara Frendin ”“ basso, cori

Setlist:
Saigon Kiss – Chinatown – Superstar (The Ark cover) – Little Sister – Heavy Tiger (The Flaming Sideburns cover) -   Living Loving Maid (She’s Just A Woman) (Led Zeppelin cover) – Girls Got Balls – Tonight

Dopo una lunga pausa, che consente anche agli ultimi ritardatari di arrivare al locale (alla fine l’affluenza sarà  piùche discreta, anche in considerazione del fatto che questa settimana sia stata veramente ricca di concerti e che a qualcosa bisogna necessariamente rinunciare), i Backyard Babies salgono sul palco introdotti dalle note di “Welcome To The Jungle” dei Guns n’ Roses: i lampeggianti rossi posti sul palco illuminano i quattro che partono subito alla grande, grazie all’impatto del nuovo singolo “Th1rte3en Or Nothing” ed alla botta devastante della sempiterna “Highlights”.

Gli anni passati non li hanno cambiati: Dregen è il solito animale da palco con le sue mosse rubate al maestro Keith Richards, abbinate ad un attitudine che piùpunk non si potrebbe, Nicke l’abile nostromo capace di reggere il timone di una band che sembra sempre sul punto di strabordare, Johan e Peder le solide fondamenta che reggono il gioco. Le sferzate punk di “The Clash” scatenano il pogo nelle prime file: non c’è un attimo di respiro, non c’è alcuna tregua e veniamo investiti dalle sozzissime “Made Me Madman” e “UFO Romeo”; Nicke si ferma dicendo che è passato davvero troppo tempo dall’ultima volta, ma è davvero solo un attimo, perchè poi arriva la mazzata devastante di “Brand New Hate”, in cui tutti vengono invitati ad alzare le “metal fingers” verso il cielo.

Sulla piùtranquilla “Bloody Tears” arriva il momento per Dregen di accendersi la prima sigaretta: nei locali chiusi sarebbe vietato fumare ma chi ha il coraggio di andare a dirgli qualcosa? I Backyard Babies delle regole se ne fottono, tanto che pur di non sottostare alle italiche usanze palesemente assurde che impongono che una quota del ricavato dal merchandising vada al locale, decidono di vendere cd e magliette nel parcheggio del Live Club.

Nicke ringrazia il clima italiano “Siamo a novembre e sembra estate!” ed introduce la solare “Heaven 2.9” in cui il pubblico partecipa alla grande, tanto da convincere la band a dedicare l’irresistibile “A Song For The Outcast” a tutti gli “amici” presenti (“Milano, you made us feel so warm welcomed! This one is for all of our friends here tonight in Milano!”). L’intrigante melodia stradaiola di “Star War” invita tutti a muovere le chiappe, mentre pure la country ballad “Roads” stasera appare trascinante come non mai.

Nel finale, la recente “Wasted Years” e la vigorosa “Nomadic” scatenano addirittura il crowd surfing sotto lo sguardo sorpreso e preoccupato della stessa band, che, dopo il consueto break prima degli encores, ritorna sul palco sulle note della semi acustica “Abandon”, in cui Dregen e Peder si accendono un’altra paglia prima che il brano deflagri nell’energico chorus. Nicke comincia a sembrare leggermente in affanno, ma il caratteristico riff stoppato che introduce quello sfregio musicale intitolato “Minus Celsius” fa scatenare nuovamente i fans delle prime file, che finiscono di massacrarsi in allegria sulla conclusiva “Look At You”.

I quattro si congedano sulle note di “My Way” (nella versione cantata da Sid Vicious) e, sinceramente compiaciuti dall’accoglienza dimostrata loro dal pubblico italiano, si attardano a stringere mani e a ringraziare tutti, arrivando persino a scattarsi un selfie con tanto di bastone telescopico (probabilmente la cosa meno punk della loro intera carriera).

In questa giornata, aperta dalla triste notizia della scomparsa dello storico batterista dei Motörhead Phil Taylor (al quale Dregen ha voluto dedicare lo show di questa sera), abbiamo almeno avuto la consolazione della consapevolezza che i Backyard Babies sono tornati. E che sono tornati per restare.

Backyard Babies:
Nicke Borg ”“ voce, chitarra
Dregen ”“ chitarra solista, voce
Johan Blomquist ”“ basso
Peder Carlsson ”“ batteria, cori

Setlist:
Th1rte3n Or Nothing – Highlights – The Clash – Made Me Madman – UFO Romeo – Brand New Hate – Dysfuncional Professional – Bloody Tears – Heaven 2.9 – A Song For The Outcast – Star War – Painkiller / Roads – Wasted Years -  Nomadic – Abandon – Minus Celsius – Look At You

 

 

 

 

Avatar
Author

All you need to know about me is that I was born and raised on Rock 'n' Roll. We'd better let the music do the talking, as Joe Perry used to say...

Write A Comment