Warner Bros. Records – Gennaio 1986

Black Sabbath - Seventh StarIl periodo storico a cavallo della metà  degli anni ottanta rappresentò un frangente alquanto travagliato per i Black Sabbath o almeno per quel che era rimasto di loro: dopo il glorioso periodo con R. J. Dio ed il suo discutibile rimpiazzo con Ian Gillan con a frutto il controverso “Born Again” del 1983; ritornato Ian nei suoi Deep Purple, pure Geezer Butler abbandonò il vetusto galeone sicché rimase il solo Tony Iommi al suo timone, lui che da sempre possiede i diritti legali sul nome della leggendaria band.

Se da un lato Ozzy con “The Ultimate Sin” raggiungeva l’apice commerciale del successo, in casa Sabbath le idee erano piuttosto confuse: furono audizionati alcuni cantanti americani tra cui Ron Keel degli Steeler dove militò pure il primo fenomenale Malmsteen, poi nei suoi omonimi Keel, il supercafone Dave Donato, che rilasciò una stupida intervista addirittura a Kerrang! infangando il nome della gloriosa band inglese (in seguito formò i White Tiger con quel Mark St. John Norton di fama Kiss morto nella notte del 5 aprile 2007 a causa di un’emorragia cerebrale); quindi l’enigmatico fanatico religioso Jeff Fehnolt, reduce dall’adattamento musical di Broadway “Jesus Christ Superstar”, con cui Iommi iniziò la stesura di alcune song che furono poi incluse quali demo riportate nel bootleg noto come “Star of India”. L’idea primaria di Iommi, allora fidanzato con Lita Ford, era quella di un suo disco solista con l’inclusione di parecchi ospiti cantanti tra cui pure Rob Halford, cosa che fece poi molti anni dopo, tuttavia, affiancato dal fido tastierista di sempre, il poliedrico Geoff Nicholls, mantenne ancora il nome Black Sabbath e quello che ne risultò, ovvero “Seventh Star” è di fatto un album dei Sabbath a tutti gli effetti.

Allontanato il polemico Fenholt fu quindi assoldato a garanzia il celebre Glenn Hughes come vocalist, sicché una formazione di musicisti di tutto rispetto quali DaveLa BestiaSpitz al basso (Lita Ford, White Lion, fratello di Dan Spitz allora chitarra solista in Anthrax), ed Eric Singer (Kiss) alla batteria registrarono l’album di cui sopra che risultò di fatto un capolavoro. La voce sofferta di Hughes (qui forse al top delle sue innumerevoli prestazioni vocali) si combinò perfettamente con il pregiato rifferama per l’occasione molto blues nonché dinamico di Tony Iommi con pezzi memorabili tra cui il singolo “No Stranger To Love” (di cui presenti ben 2 versioni di cui quella ‘single’ del video con il basso suonato da Gordon Copley dalla band di Lita Ford) e la stessa title-track dal titolo enigmatico con riferimenti biblici a quella che sarebbe la “stella del mattino” (Venere) indicante il “Portatore di Luce” ovvero “Lux Cypher”, quel Lucifero che rappresenta la caduta dell’uomo stesso.

Il disco fu ottimamente accolto dalla critica ma il tour che ne seguì fu un disastro ambulante specie causa i problemi di cocaina ed alcohol di Hughes che ben presto non fu in grado di reggere la situazione sul palco non potendo piùcantare sicché Dave Spitz indicò a Iommi uno sconosciuto cantante di sua conoscenza poiché della stessa area newyorkese, tale Ray Gillen che allora si dilettava in un gruppo con l’allora ex batterista dei Rainbow Bobby Rondinelli che tra l’altro in un futuro prossimo si unì agli stessi Black Sabbath (vedi album “Cross Purposes” del 1994). Ed il 1986 fu così l’anno di Ray Gillen nei Sabbath: ottimo singer con una voce ibrida tra Dio e Paul Rodgers interpretò magnificamente i pezzi del repertorio del Sabba Nero oltreché rivelandosi ottimo frontman; con lui fu altresì registrato il primo master (mai ufficialmente edito finora se non su bootleg) di quello che sarebbe stato il seguito di “7th Star” ovvero “Eternal Idol”. Pure con Gillen le cose non funzionarono a dovere il quale presto si dipartì dalla band con Eric Singer per mettere prima il naso nei Blue Murder di John Sykes (ex Whitesnake e Thin Lizzy) ma per poi unirsi ai Badlands del guitar axe Jake E. Lee di fama Ozzy con cui registrò un paio di discreti album ed un terzo postumo. Il bel Ray Gillen, notorio come rockstar sia bisessuale che omosessuale, morì di AIDS a fine 1993.

Tracklist “Seventh Star”:
1. In for the Kill
2. No Stranger to Love
3. Turn to Stone
4. Sphinx (The Guardian)
5. Seventh Star
6. Danger Zone
7. Heart Like a Wheel
8. Angry Heart
9. In Memory…

Band:
Glenn Hughes – voce
Tony Iommi – chitarra
Geoff Nicholls – tastiere
Dave Spitz – basso
Eric Singer – batteria

Ospiti:
Gordon Copley – basso (No Stranger to Love)

Warner Bros. Records – Dicembre 1987

Black Sabbath - The Eternal IdolAlfine le prestazioni ufficiali di Gillen sono state incluse come bonus ufficialmente in queste 2 recenti release ed è curioso confrontare la sua voce con il sostituto che seguì la sua carriera nei Sabs, quell’allora misconosciuto Tony Martin di origini britanniche (cantante degli Alliance, oscura band di Birmigham) che di fatto cantò nella versione ufficiale di “Eternal Idol” del 1987 riprendendo per intero le linee vocali dello stesso Gillen che furono reincise (tutte tranne la curiosa risata in “Nightmare”). A differenza del suo predecessore in “Eternal Idol” vennero riprese le tipiche atmosfere sulfuree dei primi album settantiani dei Sabbath con i soliti ottimi riff monolitici di Iommi, il noto pezzo di punta dell’album “The Shining” ne è la conferma; da segnalare ancora che le linee di basso furono suonate dal solito “Deus ex machina” Bob Daisley, che anni prima fece la fortuna di Ozzy con i Blizzard of Ozz (”…quelli veri!) e fu richiamato alle pelli quel Ben Bevan (ELO) che già  suonò la batteria in “Born Again”, qui additato come percussionista ma che di fatto sostituì le partiture del defezionario Eric Singer. Tony The CatMartin, cantante dotato di rilevanti qualità  canore che è stato spesso paragonato a Ronnie James Dio per la sua timbrica acuta e potente, inaugurò una nuova era nei Sabbath con ben quattro album a venire oltre al suddetto (a parte la breve parentesi di “Dehumanizer” del 1992 con nuovamente Dio alla voce).

Ovviamente è sottointeso che questi sono dischi che ogni metallaro di fede deve assolutamente possedere i bonus CD di entrambi gli album con la testimonianza vocale nonché l’eredità  di Ray Gillen nei Sabbath ne rendono obbligatorio almeno l’ascolto.

Tracklist “The Eternal Idol”:
1. The Shining
2. Ancient Warrior
3. Hard Life to Love
4. Glory Ride
5. Born to Lose
6. Nightmare
7. Scarlet Pimpernel
8. Lost Forever
9. Eternal Idol

Band:
Tony Martin – voce
Tony Iommi – chitarra
Bob Daisley – basso
Eric Singer – batteria

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