Il buon Bobby Liebling, fondatore, cantante e compositore dei Pentagram, pur con 30 anni di eroina alle spalle pare risorto e in piena forma solcando palchi internazionali, è stato anche girato un film-documentario con le sue vicessitudini chiamato “Last Day Here” e intonso della sua furia autodistruttiva. Ma perche’ tanta notorietà e affetto?
Nato nel 1953 in Virginia, agli albori del 1971 forma un gruppo chiamato Pentagram imboccando la strada hard rock/metal che molti hanno già intrapreso iniziando di buona lena a suonare per il nuovo continente. Pur godendo di discreta notorietà non riescono ad ottenere un contratto discografico e vengono persino scartati dai Kiss a New York per “mancanza di immagine”. Bisogna spettare fino al 1985 per avere un contratto serio e un disco, Relentless, che non ha lasciato nessuno indifferente. I piu’ lo etichettano come “doom metal” e infatti reverenze e omaggi ne troviamo tra gli Obsessed e i Place of Skull, per citarne un paio, chi vi scrive osa pure dire che abbiamo insegnato molto anche ai Kyuss, i miei amatissimi Kyuss. Otto dischi, due live, vari single e un tour mondiale che approderà presto anche in Italia devono per forza mettervi l’acquolina in bocca.
L’Echoplex è sul Sunset Boulevard, come ogni maledetto locale come si deve, e vanta una storia prestigiosa (Rolling Stones, The Who, etc) non essendo stato fondato esattamente la scorsa settimana. Lontano dalla patinature tipiche dei locali americani l’Echoplex adotta la seguente filosofia: salone, palco, impianto audio possente, 3 bar e sala esterna per fumare, il tutto grezzo e sincero e abbastanza spazioso per un migliaio di persone. L’ambiente mi sta subito simpatico, choppers parcheggiati all’entrata, odori strani da sigarette intrise di non so quale spezia verde, numerose persone con i capelli blu e la sensazione di essere in mezzo a gente schietta.
La sala e’ gremita all’inverosimile, la serata è sold out e l’impazienza e’ palpabile, arriva pure Kim Coates, l’attore che interpreta Tig in “Sons of Anarchy” e qui ignorato da tutti, come piace alle star che vogliono godersi una serata senza dover fare migliaia di foto e autografi. Due minuti di intro e Bobby sale sul palco con una camicetta impresentabile (i suoi vestiti di scena sono vecchi vestiti di sua madre) e succede di tutto: riesco a sentire che c’è una band che suona perche’ l’audio è potente e perfetto, ma dai miei un metro e ottanta non vedo la band perchè stanno letteralmente VOLANDO dozzine di persone: la parola d’ordine qui e’ stage diving, crowd diving e mosh californiano; molte giovanissime riescono persino a baciare Bobby prima di spiccare il volo sulle teste degli spettatori delle prime file.
“Death Row” me la godo quindi al buio mentre con “All your Sins” e altre riesco persino a fare delle foto e ad osservare in quale modo completamente svitato Bobby si muove e guarda il pubblico, un mini tesi di laurea per studenti di psichiatria. La batteria del nuovo batterista “Minnesota” Pete Campbell è un martello pneumatico; al basso Greg Turley si distingue dai soliti bassisti metal perchè si sentono tutte le note e ci si accorge che sta effettivamente suonando e portando avanti un discorso musicale; il compagno di lunga data Victor Griffin sciabola riff e pesantezze cromatiche senza una pecca, ma è Bobby quello che stupisce di più: voce profonda, intonsa, grezza e aggressiva, come se anni di eccessi inverecondi non possano intoccare l’ugola di un 62enne.
SETLIST:
Death Row – All Your Sins – Sign of the Wolf – Forever My Queen – When the Screams Come – Dead Bury Dead – Curious Volume – Dying World – The Devil’s Playground – Relentless – Last Days Here – Be Forewarned – 20 Buck Spin