Gradito ritorno in Italia per i Queensrà¿che, storica band di Seattle che tra il 1984 e il 1994 – grazie ad una proposta musicale piùcolta e ricercata rispetto a quella della maggior parte dei gruppi americani che dominavano la scena in quel periodo – fu in grado di disegnare i confini di quello che poi col tempo sarebbe stato riconosciuto come un genere a sé stante denominato “Progressive Metal” e portato avanti con notevole successo da band come Dream Theater e, in misura minore, Fates Warning.

I due capolavori dei ‘Rà¿che – “Operation: Mindcrime” del 1988 ed “Empire” del 1990 – sono tutt’oggi considerati due capisaldi del genere, nonché della musica metal in generale e, pur alla luce del lento declino di popolarità  subito dalla band a partire dalla metà  degli anni 90, fa abbastanza specie vedere come una band di questo calibro non riesca oggi a sommare piùdi quattrocento spettatori in due date nel nostro paese. Ma tant’è: questa è la situazione attuale della musica dal vivo, dove la maggioranza del pubblico si reca in massa solamente ai cosiddetti concerti-evento, snobbando invece i concerti di band di sicuro meno mediatiche ma ugualmente fondamentali nello scrivere alcune delle pagine piùbelle del grande libro della musica rock.

Così, dopo aver allietato ieri circa centocinquanta presenti allo Zona Roveri di Bologna, questa sera il quintetto americano approda al Phenomenon di Fontaneto D’Agogna, una delle location piùall’avanguardia del territorio nazionale, grazie alla sua struttura che può tramutarsi agevolmente da spazio coperto ad open air, al suo palco spazioso e alto che concede un’ottima visibilità  da ogni punto del locale, ma soprattutto ad una acustica perfetta e ad una pulizia dei suoni davvero difficile da riscontrare altrove nel nostro paese.

In apertura di serata è prevista l’esibizione di ben tre band italiane: scelta che, visto come terminerà  la serata si rivelerà  a posteriori alquanto discutibile, ma ne parleremo dopo. I primi a salire sul palco, in un locale ancora desolatamente vuoto, sono i lombardi Ravenscry, quintetto con già  tre album alle spalle, tra cui il recente “The Invisible”, uscito lo scorso febbraio. I cinque, vista la situazione, comunque non si perdono d’animo e ce la mettono davvero tutta per provare ad impressionare i pochissimi presenti col loro sound symphonic/gothic, invero piuttosto ordinario e manieristico: una sorta di via di mezzo tra i primi Within Temptation (soprattutto per la voce della brava Giulia Stefani) e gli Evanescence piùrock. Senza distaccarsi molto a livello di coordinate stilistiche, alla loro esibizione segue poi quella dei capitolini Setanera, nati proprio come cover band degli Evanescence ed arrivati all’album d’esordio “New Era” nel 2015: rispetto ai Ravenscry (coi quali condividono anche la voce femminile) il concerto dei Setanera si distingue per un utilizzo alquanto smodato di basi campionate e per l’interessante tentativo di provare ad inserire all’interno dei loro brani strofe cantate in italiano.

Il pubblico che fino a questo punto, oltre che sparuto, era sembrato poco attento a quanto accadeva sul palco, comincia ad aumentare e ad accalcarsi addosso alle transenne, grazie anche al livello dell’esibizione dei Methodica, interessante progressive metal band di Verona che ha seguito i Queensrà¿che in diverse date del loro tour europeo e che arriva oggi alla loro ultima esibizione in compagnia del combo di Seattle. Un sound di non immediata assimilazione il loro (con richiami ai Tool e ai Dream Theater meno sperimentali), ma che comunque riesce a fare discreta presa sul pubblico, con la presentazione dei brani estratti in particolare dal loro secondo album “The Silence Of Wisdom” del 2015. Da citare il veloce accenno a “Black Hole Sun” ad omaggiare il recentemente scomparso Chris Cornell.

Ma la gente è ovviamente qui per gli headliner Queensrà¿che: certo, le due menti della band oggi non sono piùdella partita (il chitarrista Chris DeGarmo ha lasciato la band una ventina di anni fa per diventare pilota di linea, mentre il cantante Geoff Tate se ne è andato qualche anno fa al termine di una brutta storia condita da minacce reciproche e conclusasi con una causa legale che gli ha tolto ogni diritto sul nome del gruppo); inoltre in questo tour manca pure lo storico batterista Scott Rockenfield, che ha preferito dedicarsi al figlioletto appena nato, venendo sostituito per l’occasione dal drummer dei Kamelot Casey Grillo. Ma ci sono comunque i due membri storici Michael Wilton alla chitarra e Eddie Jackson al basso, nonché la seconda chitarra di Parker Lundgren e, soprattutto, la strepitosa ugola di Todd La Torre, vocalist di caratura assoluta in grado di non far rimpiangere il miglior Tate, senza fortunatamente condividerne anche lo spigoloso carattere da primadonna. E poi ci sono le loro canzoni, tutti quei brani che hanno segnato un’epoca e che diversi nostalgici (diverse tra il pubblico le t-shirt risalenti ai vecchi tour della band) non vedono l’ora di riascoltare.

L’apertura dello show è però affidata a “Guardian” – tratto dall’ultimo album “Condition Hüman” e unico estratto dalla produzione recente ad essere presentato questa sera – a cui fa seguito una versione leggermente rallentata e non proprio coinvolgente di “Operation: Mindcrime”. Da qui però il concerto prende quota: la doppietta “I Don’t Believe In Love” – “Empire” è da brividi ed i potenti cori che salgono dal pubblico lasciano piacevolmente sorpresi Todd la Torre ed il resto del gruppo. La band attacca poi con la splendida “Jet City Woman”, ma tra i piùsmaliziati comincia a salire il sospetto che ci sia qualcosa che non va: cominciano ad essere un po’ troppi i classici già  presenti così in alto nella setlist.

Sensazioni forti, legate ad un vero e proprio salto nel passato, sono quelle che ci vengono regalate dalla riproposizione di due dei primissimi successi della band: la sempre apprezzata “Take Hold Of The Flame” vede la partecipazione ai cori dei Methodica chiamati sul palco in segno di ringraziamento (il buon Todd non si dimenticherà  di ringraziare anche le altre due band esibitesi prima di loro), mentre “Queen Of The Rà¿che” – il loro primo piccolo classico che ci consentì di scoprirli nel lontano 1983 grazie a quell’affilato riff di chitarra e all’incredibile voce di un giovane Tate ”“ è semplicemente devastante: una tiratissima bomba metal con l’ugola di Todd ad impressionare per gli acuti che riesce a tirare con strepitosa naturalezza.

A parte un paio di passaggi a vuoto, da segnalare l’ottima prestazione dietro le pelli di Casey Grillo, ma la vera star della serata, insieme ad un Michel Wilton sempre superlativo alla chitarra, è proprio l’ottimo Todd La Torre, cui bisogna dare il merito – non me ne vogliano i fan piùoltranzisti di Tate – di essere riuscito a ricondurre i Queensrà¿che alla loro vera natura di band metal, senza tutti quegli inutili e pretenziosi barocchismi e le sperimentazioni volute da Geoff (o forse dalla moglie manager), che avevano purtroppo connotato gli ultimi anni della band prima della separazione (non) consensuale.

Screaming In Digital” apre la strada a due strepitose versioni di “Revolution Calling” (tornata per la prima volta in setlist con Todd proprio in occasione di questo tour) e della magnifica “Eyes Of A Stranger”, al termine della quale la band si congeda con un Todd La Torre che, quasi desolato, si sente in dovere di scusarsi, specificando cha da lì a mezzora dovranno partire per la Spagna per andare a suonare al Barcellona Rock Fest e promettendo di ritornare presto.

Guardiamo l’orologio: hanno suonato solo cinquanta minuti. La scaletta è stata drasticamente tagliata: niente “Best I Can”, niente “The Mission” e soprattutto niente “Silent Lucidity”, una delle ballad piùemozionanti di sempre. Cinquanta minuti tiratissimi, suonati e cantati con una perizia esemplare, ma pur sempre cinquanta minuti. La domanda che si sente in sala a fine concerto è “Erano proprio necessarie tre band in apertura? Non si poteva farli iniziare prima e fargli suonare l’intero set?”. Non sappiamo se ci sono stati altri motivi o circostanze che hanno costretto la band a suonare così poco. Resta il rammarico di un concerto goduto solo a metà : peccato davvero perché la band questa sera ci è sembrata davvero in forma e in quei cinquanta minuti è riuscita a dare veramente tutto, dando vita ad un concerto breve ma impeccabile che ha riportato per una sera tutti i presenti all’età  d’oro della musica metal.

SETLIST QUEENSRŸCHE: Guardian ”“ Operation: Mindcrime ”“ I Don’t Believe In Love ”“ Empire ”“ Jet City Woman ”“ Take Hold Of The Flame ”“ Queen Of The Rà¿che ”“ Screaming In Digital ”“ Anarchy-X ”“ Revolution Calling ”“ Eyes Of A Stranger

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4 Comments

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    Stefano De Bortoli Reply

    Condivido quanto scritto, ma sarei curioso di conoscere il perchè abbiano suonato così poco…

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    penteratto Reply

    …francamente, che ci fosse qualcosa di strano si è capito subito, dal fatto che hanno cominciato a suonare in anticipo rispetto all’orario annunciato… Comunque è scandaloso che abbiano suonato così poco… Una cosa del genere mi era capitata con i Vintage Caravan, ma il bassista si era scusato perché stava male dal giorno prima e non aveva chiuso occhio, quindi non mi ero incazzato. Se nessuno fa chiarezza sull’accaduto, credo che i Ryche da me non vedranno più un centesimo.

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      Andrea Donati Reply

      Prova a scrivere una mail direttamente al promoter su info@good-music.it e sentirai la sua versione. Anche se, per obiettività, bisognerebbe sentire anche la campana dei Queensryche…

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