OverDrive Records – Giugno 2016

I Selva tornano con un nuovo disco a due anni dall’uscita del primo lavoro “Life Habitual” e, rispetto a quest’ultimo, sparigliano un po’ le carte: se l’impronta simbolica e allusiva delle loro copertine rimane immutata (particolarmente inquietante quella di “Life Habitual”, molto raffinata e ipnotica quella di “eléo”), non si può dire lo stesso del loro suono. In quest’ultima fatica, composta da quattro lunghi brani, la componente ambientale e melodica si riduce a poche, rare virate. Dello screamo non vi è piùche qualche traccia.

La band lombarda punta tutto sulla massa di suono del proprio post-black metal, proposta con una registrazione in presa diretta; lo scopo è quello di avvicinare l’ascolto all’esperienza che i nostri possono offrire dal vivo (la quale è piuttosto impressionante, come noto a chi li ha visti esibirsi almeno una volta).

Impossibile non plaudere alla scelta, in un mondo musicale dove le registrazioni, in genere, hanno raggiunto apici di rimaneggiamento tali da rappresentare solo raramente una sincera esposizione del sound di una band. In una presa di posizione simile però le insidie non mancano e in effetti non posso dirmi del tutto convinto del risultato.

Che la band si rifaccia al sound dei Deafheaven risulta evidente sin dai primi ascolti, perciò non dovrebbe sorprendere che il mastering del disco sia stato curato proprio da Jack Shirley (The Atomic Garden recording studio), cui la band californiana s’è affidata per “Sunbather” e “New Bermuda”. L’impronta si sente ma, se basta forse ad avvicinare questa produzione al livello del primo album citato, siamo piuttosto distanti dalla qualità  di “New Bermuda”.

A causa di un mix non sempre eccellente, spesso i pezzi mantengono spessore e gonfiore ma diventano un po’ magmatici, confusi e il punch ne risente. Va però detto che questo disco non è stato palesemente pensato per un ascolto da bimbiminchia, su terminali di scarsa qualità ; in vinile è probabile che, pur non venendo meno i difetti di cui sopra, trasmetta tutt’altro feeling. Su impianti meno che decenti si perde però molto del suo contenuto musicale. Facendo un bilancio all’interno del genere di riferimento, direi che si assesta nella media e comunque sopra ad alcuni dischi pre-2010 considerati di riferimento (non però a produzioni importanti come Agalloch e simili).

Al netto di questo appunto, ad ogni modo, la performance della band è un’ottima compensazione: piùrealisti del re, verrebbe da dire, i tre ragazzi (ri)portano all’estremo un genere che altri (Wolves in the Throne Room, Nachtmystium, Leviathan etc.) hanno scelto col tempo di ammorbidire e ripulire; suoni di chitarra abrasivi e disarticolati in classico stile black metal, vocals furiose e disperate, quasi senza contenuto lirico, che sembrano trascendere il cantato e diventare urla consegnate al buio (forse fin troppo monocordi, a mio gusto, ma comunque valide), comparto ritmico lineare ma spietato.

Il disco si apre con “soire” e per due minuti abbondanti siamo investiti da blast beats, saturazione totale e apocalisse. Poi si respira col break di chitarra, ma l’aria è colma di veleno. Quando la furia riprende, turbinante, non c’è da aspettarsi che voglia placarsi e infatti non accade, fino all’ultimo secondo del finale mozzato.

“Alma” è forse il brano piùvariegato (nonché il piùlungo), capace di esplorare atmosfere diverse: dall’opening riff, un mid-tempo con bending di chitarra dissonanti e minacciosi, ad aperture doom, brutalità  black e persino un looping riff in dispari con vaghi sapori stoner. La sorpresa arriva a tre quarti, quando si poteva pensare che il pezzo avesse detto tutto. I Selva si concedono forse l’unico momento di vuoto del disco e lasciano spazio a un intervento con gli archi di Nicola Manzan (Bologna Violenta): molto classico e semplice, con quella truffaldina serenità  tanto cara a Mogwai o Castevet che prelude, in effetti, all’unico momento di timido ottimismo musicale quando rientra il pieno della band.

“Indaco” inizia indiavolata, in quella che è forse la sezione piùtraditional black metal del disco. Il pezzo però, animato da una predominanza di parti strumentali, sa anche rallentare e ridurre la dinamica fino a farci apprezzare, ora sì, la naturalezza delle prese, soprattutto quelle di batteria (forse lo strumento piùsacrificato in questa produzione). Il tutto è talmente sospeso e bello che si rimpiange sia l’unica occasione per godere di tali atmosfere. Il brano va ad assestarsi su un ternario che ci accompagna fino alla fine, con la chitarra in tremolo che si lega al brano successivo.

“Nostà lgia” è quasi una coda naturale a “Indaco”, sviluppata sull’ereditato tremolo di chitarra, batteria e basso minimali e un down-tempo stanco. C’è la sensazione di camminare tra le macerie, la netta impressione che tutto stia per finire o sia forse già  finito. Le grida (sì, stavolta solo questo: grida) sono rade, distanti. La struttura del pezzo non evolve mai, si limita a spiraleggiare attorno al riff di chitarra, a crescere poco a poco fino a ritrovare il blast beat verso la fine. Sfuma così, perdendosi nel vuoto. Nessun’altra coda avrebbe potuto essere piùdegna.

Non tutto è ancora perfetto, a mio modesto avviso. Credo che i Selva abbiano ben metabolizzato la lezione dei maestri e del genere di riferimento, sicché non ho alcun dubbio che i fan di alcuni dei gruppi già  citati in precedenza godranno per questo disco; personalmente, per futuri lavori, ripongo in loro la speranza che sappiano davvero evolvere un sound che, alle mie orecchie, non è ancora davvero personale. Non ho dubbi che ne avranno le capacità .

La scelta della produzione in presa diretta, poi, è sicuramente da premiare per coraggio e certo da riproporre. Va però curata in modo da garantire non solo naturalezza ma pure che ogni parte o strumento riesca a essere valorizzata.

Al netto di tutto questo, “eléo” rimane un ascolto interessante e ispirato che dimostra ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, il livello qualitativo che alcune band italiane possono esprimere, anche all’interno della scena internazionale.

Non fatevelo scappare.

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Tracklist:
1. Soire
2. Alma
3. Indaco
4. Nostà lgia

Band:
Gino – basso, voce
Ale – chitarra, voce
Tommy – batteria

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