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Roadrunner Records – Settembre 2010

Solitamente, tendo ad avvicinarmi con un certo sospetto a quelli che vengono definiti come “progetti paralleli”, ovvero tutti quei dischi che vengono realizzati dagli artisti appartenenti ad altre band, nel momento in cui sono liberi dagli impegni con le suddette. Questo perché, nove volte su dieci, finiscono col riproporre la stessa musica della band madre, rendendo dunque il progetto inutile nel migliore dei casi e, nei peggiori, fine solamente a spillare qualche soldo in piùai fan.

Gli Stone Sour di Corey Taylor e Jim Root (cantante e chitarrista degli Slipknot), diciamolo subito, non appartengono a questa schiera, anche perché, ad essere pignoli, esistevano prima della band madre di cui sopra, solo che quest’ultima ha raggiunto prima il successo commerciale, relegando il gruppo in questione al ruolo di gregario. Ma dal 2006, anno di pubblicazione del fortunatissimo e pluripremiato “Come What(ever) May”, gli Stone Sour hanno iniziato a macinare molti piùchilometri che in precedenza, tanto che piùdi una volta il buon Corey ha ventilato l’ipotesi di poter abbandonare gli Slipknot per dedicarsi interamente alla sua band d’esordio. Per quanto ritenga molto improbabile che il biondo singer faccia seguire i fatti alle parole, mollando la gallina dalle uova d’oro dell’Iowa, aggiungo anche che sarebbe una mossa tanto coraggiosa quanto ben ponderata. Questo perché i ragazzi degli Stone Sour hanno tutte le carte in tavola per diventare una band a tempo pieno e il nuovo “Audio Secrecy” lo dimostra a pieno titolo: le 14 tracce (13,  se escludiamo l’intro che  sembra suonato con un dito solo al pianoforte”…) sprigionano un perfetto mix di sonorità  a tratti piùoscure e pesanti del piùrockettaro predecessore e di passaggi più“mainstream”, il tutto pervaso da una certa freschezza compositiva che ci permette di porre la band al vertice fra le attuali band presenti nel panorama rock alternativo. Nulla di miracoloso, per carità , ma certamente piacevole, con Corey al microfono sempre piùa suo agio nel ruolo di vero e proprio cantante, e non solo di urlatore, con una versatilità  che pochi altri possono mostrare oggi nel genere che stiamo trattando. Da segnalare anche l’ennesima prova magistrale dietro le pelli, semmai ce ne fosse ancora bisogno, dell’eccellente drummer Roy Mayorga.

Down, Black Label Society, Stone Sour: prosegue con immenso piacere, la scia di band che nascono dall’esigenza dei componenti di complessi già  famosi di esprimere lati della propria creatività  che diversamente potrebbero esporre nelle band che li hanno resi già  famosi e nelle quali, tante, troppe volte, si resta solo per continuare a permettersi di pagare le bollette (oltre che altri piccoli, grandi lussi). Ma, come nei casi sopracitati, spesso capita che queste piccole realtà  prendano il sopravvento sui giganti della musica, un po’ perché le band piùfamose ed appagate arrivano sempre al punto che non hanno piùmolto  da dire, un po’ perché le band emergenti hanno davvero i numeri, non meritando di essere ascoltate solo perché ci milita qualcuno che è già  famoso. Ben vengano, dunque,  queste piccole creature della musica, ogni volta che siano tanto valide da non potere (e non volere) vivere all’ombra di quei strafamosi, straosannati, strapotenti, dinosauri in odore di pensione.

www.stonesour.com

Tracklist:
1. Audio Secrecy
2. Mission Statement
3. Digital
4. Say You’ll Haunt Me
5. Dying
6. Let’s Be Honest
7. Unfinished
8. Hesitate
9. Nylon 6/6
10. Miracles
11. Pieces
12. The Bitter End
13. Imperfect
14. Threadbare

Band:
Corey Taylor – voce
James Root – chitarra
Josh Rand – chitarra
Shawn Economaki – basso
Roy Mayorga – batteria

 

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Redazione
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