Narrano le cronache del rutilante mondo della musica che, nel non troppo lontano 2012, un annoiato miliardario australiano di nome David Lowy decise di investire parte delle proprie fortune nella sua passione per il rock n’ roll, assoldando alcuni tra i musicisti piùambiti disponibili sulla piazza per farsi accompagnare nella creazione di un progetto musicale saldamente ancorato al classic rock dei seventies, ma rivisitato in chiave piùattuale.

Stiamo parlando ovviamente dei Dead Daisies, una delle novità  piùinteressanti degli ultimi anni, grazie soprattutto ai due ultimi album “Revoluciòn” (2015) e “Make Some Noise” (2016, qui la recensione). Accanto alla chitarra di Lowy (unico membro stabile), la line up del gruppo è oggi composta da personaggi dal calibro di John Corabi alla voce, Marco Mendoza al basso, Brian Tichy alla batteria e, soprattutto, dalla new entry Doug Aldrich il quale, subentrato quest’anno a Richard Fortus nel ruolo di chitarrista solista, ha contribuito ad accrescere ulteriormente l’appeal di una band dalla formazione assolutamente stellare.

Questi ultimi due mesi del 2016 vedono le “margherite morte” impegnate in un tour europeo da co-headliner in compagnia dei nord-irlandesi The Answer, questi ultimi già  apprezzati la scorsa estate come opening act degli Whitesnake e recentemente tornati in pista con un nuovo album intitolato “Solas”, nel quale emergono prepotentemente le influenze celtiche e folk proprie della loro terra d’origine. Il piatto è quindi decisamente appetitoso e quando arriviamo ai Magazzini Generali per la prima delle tre tappe italiane previste per questo tour (le prossime saranno a dicembre, il 16 a Treviso e il 17 a Grottammare) il locale si presenta bello gremito in attesa dell’esibizione delle due band.

Un po’ a sorpresa, come intuiamo dal teschio composto dalle margherite che fa bella mostra di sé sul backdrop, ad aprire la serata sono proprio i Dead Daisies, che, introdotti dal mash-up “Whole Lotta Sabbath” (Whole Lotta Love + War Pigs), irrompono sul palco con una doppietta che non lascia scampo: “Long Way To Go” e “Mexico” (pezzi di apertura degli ultimi due album della band) incendiano immediatamente l’atmosfera, dando inizio allo show. Purtroppo l’acustica dei Magazzini Generali non è, come risaputo, una delle migliori, ma ciò non ci impedisce di apprezzare l’enorme presenza carismatica dei musicisti che si stanno esibendo di fronte a noi: a parte il piùcompassato David Lowy (che può ricordare un professore “alternativo” di un’università  americana), Marco Mendoza, col suo continuo ondeggiamento pelvico, e Doug Aldrich, coi pettorali in bella vista, fanno a gara di “stalloneria” per catturare gli sguardi (e non solo) di tutte le ragazze presenti in sala; Brian Tichy, dal canto suo, dietro le pelli esibisce la solita “botta” che ne fa uno dei piùcredibili discepoli di Bonzo Bonham, mentre il buon John Corabi, dopo tanti anni di carriera, sembra aver finalmente trovato la giusta dimensione all’interno di una band che gli consente di esprimersi al massimo delle proprie potenzialità .

Sulla Kissiana “Make Some Noise” il pubblico è invitato a partecipare ai cori e la risposta è talmente soddisfacente che un appagato Corabi commenta con Mendoza “I know they can sing! I’m Italian, bitch!”, mentre la splendida “Song And A Prayer” (prescelta come nuovo singolo) dà  il via alla prima cover della serata, quella “Fortunate Son” dei Creedence Clearwater Revival che, nella versione dei Dead Daisies, diventa un rutilante hard rock che non dà  tregua a nessuno; intanto il seà±or Mendoza continua ad ammiccare in direzione delle ragazze delle prime file, gratificandole con innumerevoli lanci di plettri e occhiate malandrine.

Una buona metà  della setlist fa capo al nuovo entusiasmante “Make Some Noise” e così spazio anche alla rocciosa “We All Fall Down” e a “The Last Time I Saw The Sun”, introdotta da un pregevole intermezzo chitarristico di Doug Aldrich che si permette di citare l’immortale “Slow An’ Easy” a ricordo della sua passata militanza tra le fila del Serpente Bianco di Sir Coverdale. Il successivo assolo di Brian Tichy (spaventosa dimostrazione di tecnica abbinata a potenza, arricchita dal sempre divertente numero delle “bacchette volanti”) concede un meritato attimo di respiro alla band e soprattutto permette a Mendoza di andare a “far visita” ad una prosperosa fan a bordo palco.

Doug Aldrich alla talk box introduce la seconda cover della serata “Join Together” degli Who, nella quale per l’appunto il pubblico, ancora una volta trascinato da Corabi, si unisce alla band in un appassionato coro collettivo. Il climax della serata subisce un breve arresto con una “With You And I” un po’ sottotono, ma ci si riprende in fretta con il veloce rock n’ roll di “Mainline” beffardamente introdotta come la “ballad” del nuovo album, prima che lo show si avvii a conclusione con altre tre devastanti cover di classici come “Helter Skelter”, “We’re An American Band” e “Midnight Moses”, nel corso dell’ultima delle quali Marco Mendoza decide di scendere a suonare in mezzo al pubblico festante, facendo davvero fatica a districarsi tra la calca antistante il palco. E’ un trionfo: la band saluta e dà  appuntamento a tutti al piano di sopra del locale per un veloce “Meet & Greet”, che dovrà  tassativamente concludersi prima dell’inizio dello show dei The Answer. Inutile dire che i fans si mettono rapidamente in coda per gli autografi di rito, ma purtroppo, data la grande affluenza e nonostante lo sforzo messo in atto dallo staff del locale e dalla security, non tutti riusciranno ad essere accontentati.

SETLIST THE DEAD DAISIES: Whole Lotta Sabbath (intro) ”“ Long Way To Go ”“ Mexico ”“ Make Some Noise ”“ Song And A Prayer ”“ Fortunate Son (Creedence Clearwater Revival cover) ”“ We All Fall Down ”“ The Last Time I Saw The Sun ”“ Drum Solo ”“ Join Together (The Who cover) ”“ With You And I ”“ Mainline ”“ Helter Skelter (The Beatles cover) ”“ We’re An American Band (Grand Funk Railroad cover) ”“ Midnight Moses (The Sensational Alex Harvey Band cover)

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Quando i The Answer salgono sul palco, gran parte del pubblico è ancora in fila in attesa di incontrare i Dead Daisies e, nemmeno dopo che i cinque lasciano il locale, l’affluenza torna ad essere quella di prima: evidentemente molti spettatori questa sera sono qui proprio per le margheritine ed un po’ di gente decide di tornarsene a casa al termine della loro esibizione: peccato. Anche se c’è da rimarcare il fatto che salire sul palco dopo l’uragano scatenato dai Dead Daisies non può essere facile per nessuno, e che i The Answer oltretutto ci mettono anche del loro per rendersi la vita difficile: la scelta di incentrare la scaletta principalmente sui brani tratti dall’ultimo album “Solas” ”“ lavoro di difficile assimilazione ed oltretutto uscito solamente da poco piùdi un mese – non è sicuramente vincente: le canzoni dal mood cupo e rilassato generano a tratti un senso di assopimento tra il pubblico, ancora sconvolto da quanto visto poco prima sullo stesso palco.

Cormac Neeson e i suoi tre pards (Paul Mahon alla chitarra, Micky Waters al basso e James Heatley alla batteria) sono sicuramente ottimi musicisti, come ci hanno dimostrato tutte le altre volte che li abbiamo visti dal vivo in passato (in particolare nella coinvolgente data dello scorso anno al Legend, sempre qui a Milano), ma stasera, forse perché abbiamo ancora negli occhi l’esibizione dei Dead Daisies, non riescono a conquistarci in pieno. I brani del nuovo album sono decisamente introspettivi e mancano dell’impatto giusto per conquistare al primo ascolto: chitarre acustiche e mandolino sono protagonisti per gran parte del set e spiazzano un po’ i vecchi fans della band che si emozionano solo quando vengono ripescate le “vecchie” “New Horizon”, “Waste Your Tears” e “Nowhere Freeway”. Nemmeno un paio di discese di Cormac a cantare in mezzo al pubblico riescono a smuoverci piùdi tanto e lo show dei The Answer giunge alla fine senza lasciare troppe tracce. Dispiace, perché stiamo parlando di quattro musicisti davvero umili, sinceri e coraggiosi nell’allontanarsi dalle glorie del passato per portare avanti la propria nuova proposta, proposta che però riteniamo rimanga di difficile assimilazione, soprattutto dal vivo e ancor di piùdopo l’esibizione di un gruppo dall’impatto invece assolutamente devastante.

Si chiude così una serata che, se da un lato ci lascia un po’ di amaro in bocca per il concerto dei The Answer, dall’altro ci ha dato la conferma che i Dead Daisies sono pronti a conquistarsi il loro posto al sole nel panorama rock mondiale: tutto dipenderà  dal fatto se la band riuscirà  o meno a mantenere un minimo di stabilità , perché coi fuoriclasse attualmente in formazione sembra davvero difficile poter sbagliare colpo.

Un ringraziamento particolare a Fabrizio Tasso per le foto a corredo dell’articolo.

SETLIST THE ANSWER: Solas ”“ Beautiful World ”“ New Horizon ”“ Demon Driven Man ”“ Tunnel ”“ Waste Your Tears ”“ Untrue Colour ”“ In This Land ”“ Thief Of Light ”“ Nowhere Freeway ”“ Demon Eyes ”“ Being Begotten ”“ Spectacular ”“ Battle Cry

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All you need to know about me is that I was born and raised on Rock 'n' Roll. We'd better let the music do the talking, as Joe Perry used to say...

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