Quarant’anni di carriera, quattordici album in studio realizzati, oltre 35 milioni di dischi venduti, sei Grammy’s vinti, session men di caratura assoluta ed il sigillo di certificazione apposto da parte di Mr. Eddie van Halen che li ha definiti “collettivamente i migliori musicisti del pianeta”: un concerto dei Toto non potrà  mai essere un concerto qualsiasi. L’oggettiva eccellenza di questa band travalica infatti sia gap generazionali che futili steccati di generi musicali e l’eterogeneità  del pubblico presente questa sera a Montichiari ne è la migliore dimostrazione: mature coppie eleganti affollano il parterre, affiancate da almeno tre generazioni di rockers (tra cui fortunatamente non mancano i giovanissimi) e ci sono addirittura padri che, con sguardo orgoglioso, affollano lo stand del merchandising per regalare ai figli adolescenti la t-shirt raffigurante il logo del loro gruppo preferito.

Per questa serata (come del resto per tutto il tour) non è previsto nessun gruppo di supporto in apertura ed il PalaGeorge si presenta decisamente gremito (anche se non sold-out) quando alle 21,15 in punto si spengono le luci in sala e la band fa il suo ingresso sul palco aprendo lo show con “Running Out Of Time”, opening track del loro ultimo eccellente album in studio “XIV” (qui la recensione). Purtroppo le cose non cominciano proprio nel migliore dei modi e dopo pochi secondi l’impianto di amplificazione si zittisce improvvisamente, mentre il gruppo indefesso continua a suonare; fortunatamente il tutto viene ripristinato dopo qualche secondo di panico, anche se l’audio non ottimale penalizzerà  in parte l’esibizione della band per i primi cinque/sei brani.

Si fa subito un primo salto nel passato con “I’ll Supply The Love”, che fa scuotere i sederi con entusiasmo, mentre l’abbraccio magnetico e sensuale della recente “Burn” e l’AOR “assoluto” dell’incredibile “Stranger In Town” ci mettono al cospetto di Sua Maestà  la Musica, prima che la dolcezza di “I Won’t Hold You Back” faccia calmare le acque, consentendo alle coppie di innamorati di ogni età  di abbracciarsi teneramente.

La chitarra di Steve Lukather domina la scena a centro palco, affiancata dal vocalist Joseph Williams (figlio del famoso compositore John, plurivincitore di Oscar hollywoodiani per le sue epocali colonne sonore), mentre ai lati si fronteggiano le tastiere di David Paich e Steve Porcaro. La batteria di Shannon Forest e il basso di Leland Sklar costituiscono un’inedita sezione ritmica di affidabilità  assoluta, accompagnata dalle percussioni dello storico collaboratore Lenny Castro, sempre in grado di regalare quel tocco in piùin fatto di calore degli arrangiamenti. Come se non bastasse il fatto di poter contare su ben tre cantanti di qualità  (oltre a Williams infatti le lead vocals sono alternativamente appannaggio anche di Lukather e Paich), ci sono anche due coristi a dare ulteriore supporto nelle figure di Mabvuto Carpenter e soprattutto di Jenny Douglas, protagonista anche di un incredibile duetto dalle vette vocali inarrivabili su “Hold The Line” insieme a Williams).

La scaletta è equamente bilanciata tra i classici della pluripremiata carriera del gruppo ed i nuovi brani di “XIV”: questi ultimi non sfigurano affatto al cospetto delle storiche hit, anzi, a conti fatti, saranno proprio quelli che lasceranno maggiormente il segno nel corso della serata.

La guitar-driven “Hold The Line”, l’elegante soul di “Georgy Porgy” (dedicata al recentemente scomparso leader degli Earth Wind & Fire Maurice White), gli arrangiamenti jazz di “Pamela”, la ballad pianistica “Bend” (cantata da Steve Porcaro) sono tutte sfaccettature del sound di una band unica e non catalogabile, composta da musicisti di livello assoluto, la cui tecnica sopraffina non è mai fredda e fine a sé stessa, bensì sempre posta al servizio totale delle canzoni.

Questo concetto viene ulteriormente esemplificato nell’esecuzione delle recenti “Great Expectations”, “Holy Wars” e “Orphan”, che hanno a mio modesto parere rappresentato il picco piùelevato, a livello sia tecnico che emotivo, dell’intera esibizione.

L’assolo di Steve Lukather in chiusura della cover di “Bridge Of Sighs” di Robin Trower ci porta a domandarci se il chitarrista che abbiamo davanti sia umano o se ci troviamo invece di fronte a una sorta di alieno, sceso sulla terra a insegnare come tirar fuori dalla chitarra i suoni piùemozionanti, mentre la sognante “The Road Goes On” si configura come il toccante momento del ricordo dei due scomparsi fratelli Porcaro (Jeff e Mike), con il pubblico chiamato a far oscillare nel buio gli schermi illuminati degli smartphone (ridatemi il calore degli accendini, per Dio).

Il gran finale, inframezzato da un medley che mischia il fast tempo “On The Run” con la magnifica “Goodbye Elenor” ed un accenno a “Child’s Anthem”, è dedicato ai due piùgrandi classici di “Toto IV” ossia la megahit “Rosanna”, cantata in coro da tutto il palazzetto, e la celeberrima “Africa”, presentata in una versione allungata, con un intermezzo strumentale durante il quale Lenny Castro ha potuto sfoggiare tutto il suo estro musicale.

Si concludono così, tra gli applausi, oltre due ore di classe sopraffina: magari qualcuno potrà  obiettare di averli visti meno in palla che in altre occasioni, ma, credetemi, un concerto dei Toto anche solo al 70-80% equivale al concerto di qualsiasi altra band al 120% (Rush esclusi, ovviamente”…).

TOTO:
Steve Lukather ”“ chitarra, voce
David Paich ”“ tastiere, voce
Steve Porcaro ”“ tastiere, voce
Joseph Williams ”“ voce
Shannon Forrest ”“ batteria
Leland Sklar ”“ basso
Lenny Castro ”“ percussioni
Jenny Douglas ”“ cori
Mabvuto Carpenter ”“ cori

SETLIST:
Running Out of Time – I’ll Supply The Love – Burn – Stranger In Town – I Won’t Hold You Back – Hold The Line – Georgy Porgy – Afraid Of Love – Bend – Pamela – Keyboard Solo – Great Expectations – Without Your Love – Bridge Of Sighs (Robin Trower cover) (including Guitar Solo) – Holy War – The Road Goes On – Orphan – Rosanna – Child’s Anthem / On the Run / Goodbye Elenore – Africa

 

FOTO DI MARCO EPI

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4 Comments

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    Chiara Borgonovo Reply

    Io amo i Toto e per questo mi fa veramente tanto arrabbiare la pessima amplificazione di domenica 7 febbraio a Montichiari! Una cosa mai vista ad un concerto di tale portata. Canali spenti, microfoni a intermittenza, suoni confusi. Pensavo di essere all’oratorio. Voglio sapere chi sono stati i tecnici.

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      Andrea Donati Reply

      Ti capisco Chiara, tutti ci siamo accorti dei problemi dell’impianto audio che hanno penalizzato la perfetta riuscita del concerto. Io purtroppo non conosco il nome dei tecnici, posso solo condividere quanto hai detto.

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    Concordo in pieno con la recensione,ad eccezion fatta per il “non sold out” poiché Palazzetto era strapieno sia in platea che gradinata. E’ stato mio 25^ live dei Toto ho trovato la band abbastanza in forma con la sezione ritmica Castro – Forrest – Sklar davvero notevole. Il rientro stabile di Steve Porcaro in formazione ci ha riportato al sound originario della band magari a discapito della chitarra di Lukather, meno esposta rispetto agli ultimi lavori. Aspettiamo con ansia qualcosa per 40 anni di carriere nel 2018.

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      Andrea Donati Reply

      Grazie Cesare per il commento… mi risulta ci fossero ancora pochi biglietti al botteghino quando è iniziato.. Diciamo sold out sfiorato allora? 😉

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