Concerto all’insegna degli anni settanta stasera, in quanto le due band in scena attingono a piene mani dal sound di quegli anni, anche se in modi diversi.

Per me è l’occasione di vedere per la prima volta il Quirinetta, ex teatro – cinema nel centro di Roma: ammetto che la struttura mi ha colpito per la sua acustica, l’ampiezza della sala e soprattutto la visuale ottimale del palco, grazie al pavimento in discesa. In una città  come Roma questo non è per nulla scontato: i frequentatori dei concerti della capitale sono al corrente delle condizioni offerte da alcuni locali…

I gruppi di stasera, dicevamo: ad aprire troviamo sul palco gli Scorpion Child dal Texas, autori di un energico hard rock alla Led Zeppelin/Budgie con sprazzi di Soundgarden qui e là , oltre al dscf8546sempreverde blues. Ammetto di esser stato colpito da questi ragazzi molto piùdi quanto mi aspettassi, sul palco macinano note all’altezza di altri nomi ben piùblasonati (forse con troppa irruenza, volumi leggermente troppo alti); prestazione sugli scudi per il batterista Jon “The Charn” Rice, il cantante Aryn Jonathan Black (pur ubriaco come ne ho visti pochi, viene condotto sul palco per mano dal bassista) e il tastierista Aaron John “AJ” Vincent, il quale si occupa anche del controcanto.
Viene eseguito quasi tutto l’ultimo album “Acid Roulette”, purtroppo il loro set dura troppo poco lasciandomi solo la speranza di una data come headliner il prima possibile.

Setlist:

She Sings I Kill – Reaper’s Danse – My Woman in Black – Kings Highway – Acid Roulette – Blind Man’s Shine – I Might Be Your Man

 

 

Un telone con un logo grondante sangue in stile Hammer preannuncia l’entrata in scena degli Uncle Acid & The Deadbeats. I quattro inglesi mostrano un altro lato di quel sound settantiano di cui parlavo nell’incipit, prendendo a piene mani dai Black Sabbath e distorcendoli – grazie a molti effetti – in una maniera piùacida e lisergica. Noto che, rispetto ai lavori in studio, la voce ha meno ritocchi e c’è un uso maggiore di clean vocals.
Non saprei definire con precisione il genere proposto da questa band (psych? Stoner? Entrambi?), ma posso certamente affermare di non esser stato colpito dalla loro performance; la ragione è da ricercare nella mia predilezione per un sound “naturale”, non influenzato eccessivamente da effetti vari: sarò all’antica, ma sono dell’opinione che il suono debba uscire dalle dita, non da una pedaliera.
Motivo per il quale, pur non disprezzandoli in toto, ho cominciato ad avvertire una certa noia dopo mezz’ora del loro set. Impressioni non condivise, com’è lecito che sia, dalle circa centocinquanta persone presenti, le quali incoraggiano la band e seguono con calore tutto il concerto.
In conclusione, una serata piacevole e riuscita in un bel locale, cosa volere di più?

Setlist:

Mt. Abraxas – Waiting for Blood – Mind Crawler – Over and Over Again – Dead Eyes of London – Death’s Door – 13 Candles – Pusher Man – I’ll Cut You Down – Slow Death – Melody Lane – Desert Ceremony – Withered Hand of Evil

 

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