Prima di raccontare questa magica serata di musica e spettacolo, vorrei fare alcune piccole considerazioni.

Innanzitutto la differenza, talvolta abissale, tra le nuove band e i pilastri del passato (ma anche del presente e probabilmente del futuro). Salgono sul palco i Black Stone Cherry, una buona, buonissima band. Poi vedi Alice Cooper e beh il paragone diventa impietoso. Questo è solo un esempio, ma ce ne sarebbero tanti altri da fare. E’ un dato di fatto quando le band storiche non ci saranno piùsi piomberà  nella mediocrità  e ci si accontenterà  di sentire e vedere dei buoni gruppi e basta.
Altra considerazione riguarda l’affluenza del pubblico in questa unica data e ripeto unica data italiana di Alice Cooper.
Purtroppo il Pala Alpitour non è pieno come un evento del genere avrebbe meritato. Troppi i posti liberi. Capisco che essendo martedì molta gente lavora e magari non sia così facile prendere permessi, però lascia l’amaro in bocca lo stesso vedere tanti buchi qua e là  quando poi si fa il pienone per pseudo artisti e ciarlatani dell’ultima ora.
Noi comunque c’eravamo e questa serata ce la ricorderemo per molto tempo.

Arriviamo a Torino e dopo un’eternità  spesa a cercare parcheggio entriamo finalmente al Pala Alpitour, bella struttura non lontano dal centro città .
Il parterre è occupato da un discreto numero di persone, mentre le tribune sono ancora semi-vuote. Come sempre mi diverto a osservare le magliette che indossa la gente e noto che quelle dei Kiss sono numerose, così come ovviamente quelle di zio Alice. Poi ci sono gli irriducibili con le toppe dei Kingdom Come, e addirittura una tipa con la maglia dei Satan, roba da collezione.
Da segnalare la presenza di numerosi bambini visione che ti rallegra e ti fa ben sperare per il futuro.

Poco prima delle 20:00 si spengono le luci e iniziano i Black Stone Cherry. La band americana ci sa fare e infatti il pubblico (ancora poco) apprezza partecipando con calore.
Quarantacinque minuti di musica che scalda gli animi grazie a pezzi coinvolgenti come ‘Burnin’’e ‘Me And Mary Jane’, ‘Lonely Train‘ e ‘Family Tree‘ tra le altre, tanta passione da parte della band che si “sbatte” senza sosta ricevendo meritati applausi e apprezzamenti. Il frontman Chris Robertson rimane spesso fermo in posizione centrale ma la sua prestazione sia vocale che strumentale è da applausi così come quella del resto della band, tra tutti il chitarrista “indemoniato” Ben Wells. Nel complesso una buona esibizione che scalda a dover l’ambiente.

Ora non ci resta che attendere ancora un po’ e finalmente Alice Cooper sarà  tutto per noi.
Il palco e la scenografia sullo sfondo lasciano presagire grandi cose. Un telo con l’immagine degli occhi truccati di Alice semplice ma efficace.
Il volume si alza e ‘Years Ago’ ci fa capire che lo spettacolo sta per iniziare. Le luci sono ancora accese e ormai chi c’è c’è e chi non c’è sono fatti suoi. Buio e l’intro ‘Nightmare Castle’ ci accoglie a braccia aperte.
Poi parte ‘Feed My Frankenstein’, il telo nero scopre le carte in tavola e la band è li davanti a noi. Sullo sfondo un castello con tanto di scalinata che porta a una torre, un timone con due teschi, in basso una bara chiusa e un portone che nel corso della serata si aprirà  diverse volte.
I tre chitarristi, Ryan Roxie, Tommy Henriksen e Nita Strauss assieme al bassista Chuck Garric catturano l’attenzione dei presenti fino all’arrivo di Alice Cooper, vestito di nero (ovviamente) e presenza che da sola rapisce e ammalia.
Non c’è tempo per le parole e così ecco che arriva a colpire le nostre orecchie ‘No More Mr. Nice Guy’ brano del 1973 che fa cantare tutti i presenti.
Poi è la volta della stupenda ‘Bed Of Nails’ che ci riporta nelle atmosfere di fine anni ottanta. Una canzone difficile da eseguire dal vivo ma che Alice e la sua banda riescono a riproporre egregiamente. Il solo centrale ad opera di Nita Strauss mette in luce il talento della bionda chitarrista, il suo stile incarna alla perfezione il modo di suonare degli anni ottanta.

Il trittico composto dalle storiche ‘Raped And Freezin’’e ‘Muscle Of Love’ e dalla piùrecente ‘Fallen In Love’ (tratta dall’album ‘Paranormal’) smorza leggermente gli animi, ma bastano le prime note di ‘I’m Eighteen’ e ‘Billion Dollar Babies’ (con l’immancabile lancio di bigliettoni verdi”…) e l’adrenalina sale nuovamente.

Molti tra i presenti aspettano ‘Poison’ uno dei brani piùfamosi del cantante ed eccola che arriva, un inno di una generazione che stava assaporando gli ultimi grandi capolavori della musica hard rock prima della rivoluzione.
Anche in questo caso il solo principale tocca a Nita che alla fine del pezzo si lascia andare a virtuosismi che non durano troppo ma quanto basta per far capire di che pasta è fatta.
Una gradita sorpresa, almeno per me, riguarda l’esecuzione di ‘Roses On White Lace’ anno 1987 (‘Raise Your Fist And Yell’), siamo ai limiti del metal e si sente, la doppia cassa di Glen Sobel viaggia inarrestabile seguita dal resto della band.

Inizia ora un viaggio negli anni settanta, il periodo piùecclettico di Alice. ‘My Stars’, ‘Devil’s Food’, ‘Black Widow’ in versione strumentale con tanto di assolo di batteria.
La passione per il cinema horror (oltre al golf!!!) di Alice Cooper è nota a tutti e difatti il cantante fa vivere al pubblico presente quelle atmosfere tipiche dei film di paura con ‘Steven’, ‘Dead Babies’ e ‘I Love The Dead’. Qui succede di tutto, entrano in scena l’immancabile infermiera sexy (che altri non è che la figlia di Alice) con tanto di passeggino, i due boia che poi portano alice alla ghigliottina prima che riesca ad uccidere un povero bambino. La testa di Alice viene mozzata e l’avvenente infermiera la esibisce come un trofeo. Insomma un grande spettacolo.

Siamo quasi alla fine non prima di ascoltare ‘Escape’, ‘Teenage Frankenstein’ e i due bis finali, ‘Under My Wheels’ e ovviamente ‘School’s Out’ (carina l’idea di inserire alcune strofe di ‘Another Brick In The Wall‘ dei Pink Floyd) una festa finale con tanto di palloncini che veleggiano sopra il pubblico.
La band saluta (Alice indossa una maglia azzurra della nazionale di calcio italiana) e le luci inevitabilmente si spengono.

Tutti contenti, Alice Cooper si è dimostrato una vera e propria icona della musica, non importa che la carta di identità  dica 71 anni, conta quello che dice il palco, e stasera ne abbiamo viste e sentite delle belle. Ci lascia salutandoci e augurandoci che tutti i nostri incubi possano essere terrificanti.

Usciamo dal palazzetto felici ma con un unico rammarico. Una serata del genere avrebbe meritato il tutto esaurito. Meditate pubblico italiano, meditate.

Setlist Black Stone Cherry:

Burning – Me And Mary Jane – Blind Man – In My Blood – Blame It On The Boom Boom – White Trash Millionaire – Lonely Train – Cheaper To Drink Alone – Family Tree

Setlist Alice Cooper:

Years Ago (Intro) – Nightmare Castle (Intro) – Feed My Frankenstein – No More Mr. Nice Guy – Bed Of Nails – Raped And Freezin’ – Fallen In Love – Muscle Of Love – I’m Eighteen – Billion Dollar Babies – Poison – Guitar Solo (Nita Strauss) – Roses On White Lace – My Stars – Devil’s Food (Band Only Jam) – Black Widow Jam – Steven – Dead Babies – I Love The Dead (Band Vocals Only) – Escape – Teenage Frankenstein – Under My Wheels – School’s Out

2 Comments

  1. Veronica Liga Reply

    Grazie di questa bella recensione, una picola correzione però: Sheryl Cooper che è apparsa nei panni dell’infermiera infernale e della sposa-fantasma in “Roses on white lace”, non è la figlia sebbene la moglie di Alice.
    Io ho trovato questo spettacolo assolutamente magnifico perché intenso, gustato in ogni secondo, in ogni nota da tutti gli esponenti. Speravo in più brani da “Paranormal” che ritengo un disco spettacolare, comunque con “Fallen in love” ho scoperto Alice che suona la fisarmonica! <3

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