Legati ormai a doppio filo agli impegni di Myles Kennedy con Slash feat.Myles Kennedy and The Conspirators (e pure quelli solisti) e a quelli di Mark Tremonti con il suo gruppo omonimo Tremonti (nato nel 2011), tornano sul mercato discografico gli Alter Bridge, band proveniente da Orlando e che è al suo sesto disco in studio (N.d.A. da aggiungere anche svariate uscite discografiche live).

La caratteristica tipica degli Alter Bridge è quella di pubblicare un disco ogni tre anni e anche questa volta la band conferma questo suo dogma, dopo ” The Last Hero” uscito nel 2016. La band ha sempre avuto un occhio di riguardo per i suoi fans italiani. La fanbase italiana degli Alter Bridge, è testimoniata dalle svariate pagine dedicate alla band e ai loro membri.

Alcune davvero belle, alcune che lasciano il tempo che trovano, ma che sicuramente possono attirare sempre l’attenzione su quello che succede quotidianamente in questo quartetto. Sicuramente questo lavoro sarà  molto amato o criticato anche dalle nostre parti.

Partiamo da un presupposto: questo non è un disco di facile ascolto e richiede diversi ascolti per poter essere apprezzato. Tanti storceranno il naso per la sua complessità  o per presunta mancanza di mordente. Tanti invece si lasceranno trasportare dal quartetto autore del meraviglioso “Blackbird“, che ritengo sempre il loro disco manifesto.

L’intro suadente di “One life” ci porta subito dentro questo lavoro, con la voce sussurrata di Myles e il sottofondo musicale disegnato dalla band, che regalano subito brividi. Il primo singolo estratto dal lavoro (uscito lo scorso 18 Ottobre) “Wouldn’t you rather” , concede ai fans della band quello che vogliono , vale a dire una canzone nel loro tipico stile inconfondibile.

Myles non delude le attese ed ha una voce davvero potente (che a tratti viene fuori meglio per gli Alter Bridge, a volte per Slash- in assoluta par condicio insomma), Mark Tremonti macina riff metal molto potenti e la sezione ritmica formata dal basso di Brian Marshall e dalla batteria di Scott Phillips marcia in perfetta sintonia.
Subito dopo il ritmo cambia e c’è il midtempo di “In too deep”, che si apre in modo molto grintoso e appena dopo poche battute si trasforma in un brano dalla melodia allo stesso tempo suadente e grintosa. Non c’è un momento di questa canzone che non ti entri in circolo. La band non si piega troppo dal punto di vista commerciale e continua a fare quello che vuole. La loro forza è anche essere rimasta con la formazione originale da sempre.

L’unione è stata cementata nei Creed, dove dovevano gestire un cantante davvero non semplice dal punto di vista caratteriale, Scott Stapp e si è rafforzata con la formazione degli Alter Bridge, guidati dietro il microfono dal meno problematico (dal punto di vista caratteriale), Myles Kennedy.

Tour infiniti sia di supporto a grandi artisti sia da soli, hanno man mano conquistato tanti fans e certamente i quattro membri hanno molti estimatori tra i tantissimi musicisti del pianeta che si sono ispirata a loro (consideriamo anche la voce come uno strumento).

Questo disco, per essere onesti totalmente, non sarà  certo da annoverare tra i loro fondamentali e ci sono episodi che lasciano il tempo che trovano (personalmente), come “Godspeed“, pezzo davvero assai debole che ha un bel intro e un ritornello davvero ruffiano fatto apposta per essere cantato a squarciagola nei concerti, ma che non riesce mai effettivamente a decollare del tutto, visto che si aspetta inutilmente qualche spunto.

Da annoverare comunque il breve assolo di Tremonti, che introduce verso la fine una parte quasi piùmelodica del brano.

Sicuramente questo disco è un lavoro di equipe con tutti e quattro i musicisti che l’hanno registrato contemporaneamente in studio ed hanno apportato intuizioni e modifiche alle idee originarie di Myles e Mark. Il lavoro è stato registrato davvero in brevissimo tempo.

Mi ricordo che rimasi sorpreso quando Myles in una breve pausa dal tour di sviluppo di “Living The Dream” (disco registrato con Slash e i Conspirators), dichiarò che nelle tre settimane di pausa, aveva praticamente finito il lavoro o quasi in studio con gli Alter Bridge. Considerando che è stato in tour anche da solista (con varie date in Italia negli ultimi anni), si capisce quanto il “ragazzo” cresciuto a Spokane sia uno stakanovista e ami visceralmente il suo lavoro.

Ancora oggi, va a lezione di canto, nonostante sia riconosciuto da moltissimi addetti ai lavori (musicisti e critici musicali) tra le migliori voci del pianeta. Questo è Myles e unito a seconda dei casi con Mark Tremonti o Slash, regala sempre emozioni con la sua unica voce.

“We’ll be victorious, we’ll take the crown. Just like we’ve always done before”

questo è il manifesto dell’album. I versi sono tratti da “Take the crown“, che è sicuramente la mia canzone preferita del lavoro. Nulla che abbiamo già  sentito da loro, ma che ci regala una band davvero perfetta a livello strumentale. Le chitarre assassine e precise come un bisturi di Tremonti, la voce di Myles che tocca ogni corda della tua anima, con il basso di Brian e la batteria di Scott che disegnano davvero alla perfezione un bel tappeto sonoro.

Concludendo la mia recensione, posso dire che i vari pezzi seguenti non riescono a regalare l’etichetta di “capolavoro a 5 stelle” a questo lavoro. Piuttosto lo catalogano come un disco onesto ma che non riesce comunque a brillare totalmente.

L’esempio lampante è per me, “Forever falling“, un mid tempo che ha davvero ottimi riff di Tremonti (con probabilmente il suo assolo migliore del lavoro), ma che non riesce totalmente a decollare. Il classico “portiamo a casa il risultato, che è già  buono… “.

Un’ora di lavoro che si chiude sulle note di “Dying light“, che è dominata letteralmente dalla splendida voce di Myles, ballad senza essere troppo smielata e che sembra fatta apposta per essere gustata in chiave live. Insomma se cercavate perle quali “Metalingus” o “Ties that blind” non le troverete qui. Non troverete anche ballad alla “Watch over you”, visto che non ci sono proprio pure ballad. Sono quattordici canzoni non semplicissime da apprezzare, ma che possono comunque regalarti ancora emozioni sparse.

Sicuramente la band ha nella sede live il suo vero punto di forza. Tantissimi fans li stanno attendendo per l’imminente data al Forum di Assago il 2 Dicembre, in compagnia di altre due band molto valide, Shinedown e Raven Eye. Sono certo che anche quella sera non deluderanno le grandi attese riposte in loro.

Recensione di Mauro Brebbia

Tracklist

  1. One Life
  2. Wouldn’t You Rather
  3. In The Deep
  4. Godspeed
  5. Native Son
  6. Take The Crown
  7. Indoctrination
  8. The Bitter End
  9. Pay No Mind
  10. Forever Falling
  11. Clear Horizon
  12. Walking on the Sky
  13. Tear Us Apart
  14. Dying Light

Formazione

Myles Kennedy (Voce, Chitarra, Archi, Tastiera)
Mark Tremonti (Chitarra, Voce in Forever Falling)
Brian Marshall (Basso)
Scott Philips (Batteria)

Sito: https://alterbridge.com

 

Mauro Brebbia
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