Le magiche atmosfere dell’hard rock di matrice squisitamente settantiana sono di scena questa sera all’Alcatraz di Milano per l’unica data italiana del tour che i Blues Pills stanno portando in giro per l’Europa a supporto della loro recente uscita discografica “Lady In Gold” (Nuclear Blast, 2016, qui la recensione), accompagnati per l’occasione dai compagni di etichetta Kadavar a ricoprire il ruolo di co-headliner e dagli emergenti Stray Train come opening act.

La band svedese, ma con chitarrista francese e bassista americano, negli ultimi anni si è distinta sulla scena musicale come una delle stelle piùsplendenti del firmamento del cosiddetto vintage rock (o retro rock, che dir si voglia), ossia di quella scena, particolarmente florida nei paesi nordeuropei, della quale fanno parte gruppi anagraficamente giovani ma il cui sound si rifà  esplicitamente agli albori dell’hard rock, quando band come Led Zeppelin, Black Sabbath e Blue Cheer contaminarono le proprie radici blues con la distorsione delle chitarre e l’aggressività  della sezione ritmica, dando poi vita a quell’infinità  di generi e sottogeneri che contribuiscono oggi a rappresentare il movimento rock mondiale. A rendere ancora piùinteressante la proposta dei Blues Pills vi è poi la miriade di richiami e di influenze che è impossibile non riconoscere nel loro sound: dal rock psichedelico al soul in salsa Motown, quest’ultimo particolarmente evidente fra i solchi del loro ultimo album.

Senza scomodare Giambattista Vico e la sua teoria dei corsi e ricorsi storici, oggi è pertanto l’occasione giusta per rivivere sonorità  e situazioni tipiche del passato, anche perché pure le due band in apertura appartengono al medesimo genere musicale, sia pure con peculiarità  proprie e differenziate. Ed infatti l’età  media del pubblico presente è piùalta rispetto al consueto, anche se la presenza di parecchi giovani in tenuta da fricchettoni fa bene alla vista e al cuore.

La prima band a salire sul palco alle ore 20 in punto, è il quintetto sloveno di recentissima formazione (2015!) degli Stray Train, che, davanti ad un pubblico ancora poco numeroso, riesce a districarsi agevolmente nei quaranta minuti a sua disposizione, grazie ad una manciata di pezzi tratti dalla sua unica fatica discografica, caratterizzata dall’interminabile e simpatico titolo “Just ‘Cause You Got The Monkey Off Your Back Doesn’t Mean The Circus Has Left Town” (Saol Records, 2016). Ammettiamo di non aver mai sentito la band prima di oggi, ma il loro heavy blues di matrice Zeppeliniana cattura la nostra attenzione con brani come l’iniziale “Soulseller” o la piùmelodica “Green Card Paradise”, riuscendo nell’intento di scaldare efficacemente il pubblico in attesa dei due grossi calibri che seguiranno.

La sala piccola dell’Alcatraz nel frattempo ha cominciato a riempirsi un po’ (anche se purtroppo rimaniamo ben lontani dal sold-out: trecentocinquanta ad occhio e croce i presenti alla fine, per una serata che avrebbe sicuramente meritato una maggiore affluenza), quando un lunghissimo intro annuncia l’ingresso in scena dell’irsuto trio tedesco dei Kadavar, caratterizzato da un monicker parzialmente fuorviante e dai curiosi nomi d’arte dei suoi componenti (Lupus, Tiger e Dragon). Le ridondanti note del basso tuonante di “Come Back Life”, ad opera del gigantesco bassista Simon “Dragon” Bouteloup, danno inizio allo show del gruppo, che ci investe direttamente col suo stoner rock ispirato in tutto per tutto ai Black Sabbath del periodo “Volume IV”, tant’è che un vero e proprio “muro sonoro” caratterizza anche le successive “Pale Blue Eyes” e “Last Living Dinosaur”, tratte entrambe dall’ultimo cd “Berlin” (Nuclear Blast, 2015). Dal vivo le canzoni proposte dalla band risultano irresistibilmente piùmassicce e “cattive” rispetto alle rispettive versioni in studio, grazie in particolare allo scatenato batterista posizionato a centro palco Christoph “Tiger” Bartelt, il quale, nonostante il minuscolo drumkit, riesce a imprimere la giusta botta ai brani presentati. I pezzi si susseguono per la verità  senza troppe variazioni stilistiche, ma il sound ipnotico del gruppo potrebbe essere interpretato come la perfetta colonna sonora di un ininterrotto trip allucinogeno, anche perché al di là  dei ringraziamenti di prassi tra un brano e l’altro, non vi è alcun tipo di interazione tra la band e il pubblico. Questo almeno fino all’ultimo break prima della conclusiva “Creature Of The Demon”, quando il cantante-chitarrista Christoph “Lupus” Lindemann, visibilmente indispettito, spiega al microfono che il motivo per cui allo stand del merchandising non vi sia alcun oggetto marchiato Kadavar è dovuto al fatto che sia stata chiesta loro una percentuale del 25% sul venduto. Al di là  della polemica finale, resta comunque l’impressione di una band dal grande impatto live. Da seguire.

SETLIST KADAVAR: Come Back Life ”“ Pale Blue Eyes ”“ Last Living Dinosaur ”“ Living In Your Head ”“ Broken Wings ”“ Black Sun ”“ Forgotten Past ”“ The Old Man ”“ Thousand Miles Away From Home ”“ All Our Thoughts ”“ Creature Of The Demon

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Il tempo di salutare qualche amico incrociato nel pit ed è il momento di accogliere in scena i Blues Pills, che aprono il loro concerto coi primi due brani del loro ultimo lavoro: la title track “Lady In Gold” e la bella “Little Boy Preacher”. La scena è ovviamente dominata dall’affascinante presenza di Elin Larsson: lunghi capelli biondi, minigonna e piedi scalzi per “sentire” ancora di piùil palco, la bella svedesina sembra essere uscita direttamente da un film ambientato a Carnaby Street nel 1968 e la sua potente voce ricca di feeling potrebbe essere il risultato di un’incredibile fusione di quelle di due fuoriclasse della musica come Janis Joplin e Aretha Franklin. Il resto della band non le fa però assolutamente da contorno e, a fronte dell’apparente noncuranza con cui il giovane Dorian Sorriaux accarezza le corde della sua chitarra estraendone quei suoni così meravigliosamente “vintage”, la sezione ritmica composta dal bassista Zack Anderson e dal batterista André Kvarnström costituisce un metronomo incapace di perdere un colpo. La band dal vivo si avvale inoltre dei servigi di Rickard Nygren, tastierista e chitarrista rimico che riempie gli spazi permettendo al sound di essere ancora piùavvolgente e corposo.

Le esecuzioni di “Black Smoke” e della meravigliosa “Little Sun” regalano emozioni indimenticabili ai presenti, mentre in “Ain’t No Change” sembra quasi che lo spirito della Joplin si sia impossessato del corpo di Elin. La grande musica è di casa all’Alcatraz questa sera: echi di Free, Ten Years After, Grand Funk Railroad, ma, come detto, anche di Motown (“Bliss”), sono nell’aria. La band sul palco non inventa niente di nuovo, ma ciò che ci propone non sa affatto di minestra riscaldata, perché i cinque sanno suonare e lo fanno davvero bene, con grande personalità  e con una serie di brani che colpiscono al cuore come “Bad Talkers”, “High Class Woman” e “Devil Man”, che chiude lo show con Elin che riesce a conquistare definitivamente un pubblico fino a quel momento forse troppo in estasi contemplativa per potersi lasciare abbandonare completamente alla magia delle canzoni della band.

C’è ancora tempo per gli encores di rito ed Elin rientra in scena da sola accompagnandosi al piano elettrico per una struggente versione di “I Felt A Change”: solo con le orecchie tappate ed una pietra al posto del cuore si potrebbe restare insensibili senza provare alcuna emozione di fronte a un’esecuzione vocale di questo tipo. Altro che la mediocrità  di molti artisti, magari tecnicamente impeccabili ma incapaci di trasmettere un minimo di passione, che ci vengono continuamente propinati come nuovi fenomeni dai media nazionali.

Rejection” e “Gone So Long” chiudono in bellezza lo spettacolo, prima che Elin si conceda soddisfatta all’abbraccio collettivo dei presenti, bramosi di farsi autografare un vinile o di farsi immortalare insieme a uno dei nuovi talenti piùpuri del grande rock, quel rock del quale questa sera si è celebrata l’immortalità . Speriamo solo che, prima del prossimo passaggio in Italia dei Blues Pills, se ne accorga anche chi questa sera ha preferito assistere ad altri concerti o, peggio, ha scelto di rimanersene a casa: la musica ha decisamente un sapore molto piùgustoso dal vivo, ricordatevelo!

SETLIST BLUES PILLS: Lady In Gold ”“ Little Boy Preacher ”“ Bad Talkers ”“ Won’t Go Back ”“ Black Smoke ”“ Ain’t No Change ”“ Little Sun ”“ Elements And Things ”“ You Gotta Try ”“ Bliss ”“ Burned Out ”“ High Class Woman ”“ Devil Man ”“ I Felt A Change ”“ Rejection ”“ Gone So Long

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