Serata non molto calda, per fortuna, all’Ippodromo delle Capannelle in Roma. Qui viene accolto da anni il festival Rock in Roma. Per il 5 luglio è previsto l’unico, immenso, intoccabile “The Air Raid Siren” Bruce Dickinson per presentare dal vivo alcune delle tracce del suo ultimo, tanto agognato da noi fans, album in studio da solista. Ben diciannove anni dal suo ultimo disco e, finalmente quest’anno, l’uscita di questo nuovo lavoro. Purtroppo divide molto le reazioni di noi Maideniani che adoriamo qualsiasi cosa esca dalle loro voci e strumenti. Cerchiamo di evitare commenti a riguardo ed entriamo nella location. Ad aprire le danze, un altro grande artista della vecchia guardia, il sempre giovane Michael Monroe.
Sono circa le 20.15 quando la band inizia a far vibrare corde e pelli. Entra Michael ed è immediatamente un salto temporale indietro negli anni 80, quando il glam rock e il glam metal spadroneggiavano ovunque. D’altronde il nostro caro cantante qui è semplicemente uno tra i portavoce del genere, basta ricordarlo quando capeggiava con gli storici Hanoi Rocks. Nonostante i suoi 62 anni, la forma fisica è da invidiare ma ciò che appunto ci fa vivere il passato è il suo look.
Capelli lunghi biondo platino e rigorosa frangetta, eyeliner e fondotinta ritoccato anche con tanto di specchietto portatile prima di presentare una canzone, pantalone e gilet aderenti neri con ornamentali stelle bianche su sfondo rosso con cinta a tema, continui cambi di cappelli stile poliziotto con occhiali da sole… insomma, puri anni 80 in stile David Lee Roth e compagnia colorata! Tra l’altro il chitarrista solista è nientemeno che l’italoamericano Steve Conte, che milita dalla reunion del 2004 con i padrini del glam rock New York Dolls. La band “mena di brutto”, come definiamo noi di Roma chi è innegabilmente forte. A definire energico Michael è davvero poco, non riesce a stare fermo più di due secondi. Scende in continuazione dal palco per andare a cantare sulle casse a terra e sui piani rialzati delle transenne, dando il cinque ai più fortunati delle prime file centrali.
Addirittura in una occasione, ha scavalcato una transenna per andare a cantare su un lato della platea. L’assistente di palco non si stava divertendo quanto noi, dovendo ogni volta gestire il lunghissimo cavo del microfono. Quando è sul palco fa roteare l’asta del mirofono, danza, fa la spaccata, spesso suona l’armonica a bocca accompagnato dalle chitarre, insomma è un frontman nato, che sa tenere viva la folla dall’inizio alla fine dello spettacolo. Le canzoni si alternano velocemente, facendo sembrare i tre quarti d’ora dell’esibizione davvero un lampo. Il divertimento e la carica delle canzoni, quasi non ci fanno pesare i soliti problemi di volume del microfono di Michael, mentre genericamente l’acustica è stata davvero molto buona durante tutte le canzoni. Probabilmente per una questione di tempo tagliato dall’organizzazione, vengono tolti dei minuti allo spettacolo, che non ci hanno permesso di veder il buon Michael suonare il suo sax, colorato glam anch’esso. Peccato veramente. La band ci saluta e Roma la ringrazia di cuore perché è stata veramente degna della storia del suo portavoce e soprattutto degna di aprire per Sua Maestà Bruce che sta per arrivare.
Bruce Dickinson
Sono le 21.30 quando, dopo un sostanzialmente veloce cambio palco, si spengono le luci e Roma esplode in un unico grido liberatorio, troppo tenuto per quasi vent’anni di assenza di nonno Bruce come solista. Non siamo molti, si vocifera 1200-1500 persone, non lo sappiamo e non ci interessa. I nostri cuori, le nostre menti, sono dirette al palco, aspettando il Suo ingresso. Noi Maideniani siamo lì, con le lacrime agli occhi perché il nostro Blood Brother ora ci racconterà questa storia del Progetto di Mandrake. (Per i cinefili, è d’obbligo ricordare che a Roma il concerto per Mandrake, poteva tenersi soltanto a Capannelle!) La sua discografia passata, non vasta ma intensamente varia, ci attende sparpagliata in poche tracce riassuntive, arricchite dai nuovi colori di questo The Mandrake Project, targato 2024 e ancora sospeso tra il “lo adoro” e il “non l’ho capito” per molti di noi, come già detto nell’introduzione.
Se Bruce Dickinson compone e pubblica, tu ascolti ed adori, punto. Non si può discutere più di tanto. La band ci sta incitando e deliziando con le prime note introduttive quando eccolo entrare. Un ulteriore boato liberatorio che si impenna quando riconosciamo la prima traccia Accident of Birth, dall’omonimo album del 1997. I ricordi ci innondano gli occhi di lacrime di gioia per tanta immensità. Il fomento è incredibilmente sostenuto da volumi e impatto sonoro, tutto sembra funzionare e così sarà per tutta l’esibizione di Bruce e compagni. Notiamo subito che la Sua voce è perfettamente presente, senza farci ricordare il solito luogo comune che la Sua età avanza. Più volte durante quasi ogni canzone, Bruce è costretto ad andare nel fondo del palco dove è meno visto, durante i momenti strumentali, per soffiarsi il naso e fare gargarismi con acqua. Il nostro mito è palesemente raffreddato e si nota lievemente anche osservandolo con attenzione. Chi lo conosce bene, conosce la sua energia, stasera assolutamente presente ma che a tratti lo lascia parzialmente, facendolo apparire a tratti stanco. Un ulteriore comprova l’abbiamo durante l’esibizione di uno dei nuovi singoli Rain on the Graves quando, dovendo modulare più volte la voce come la canzone stessa richiede, viene interrotto da un forte colpo di tosse. Lui però è immensamente grande, come sempre, sorride, si scusa e prosegue nel farci vivere una grande serata, tra ricordi e nuove emozioni.
“Scream for me Roma”, viene richiesto più volte dal nostro idolo e noi rispondiamo rigorosamente gridando con tutte le nostre anime Maideniane, come da decenni di gloriosa tradizione ormai. Per questa data, non vengono selezionate tracce dal suo primo album Tattooed Millionaire del 1990 e da Skunkworks, il terzo del 1996. Poco importa, perché comunque la scaletta ci è piaciuta veramente molto. Inevitabile il momento sentimentale con Tears of the Dragon, storica ballad con intermezzo speed molto ben eseguita e cantata da tutti i presenti. Divertente il momento in cui gli uomini della band indossano degli elmi da centurione/Leonida di 300/vichingo (?), ovviamente acquistati durante la loro visita in giornata tra le strade e i ruderi di Roma. In questa versione guerriera, ci propongono un momento strumentale senza elevate pretese, ma interessante, col nostro Bruce alle prese con le percussioni prima ed un theremin poi. Abduction, Laughing in the Hiding Bush, Chemical Wedding, la conclusiva The Tower e tutte le altre vecchie tracce, cantate dai presenti con grande trasporto e braccia alzate anche senza troppi cellulari presenti. Bruce nota tutto questo e contraccambia con sorrisi sinceri, anche quando scherza coi presenti in fondo al pubblico, seduti sugli spalti che, a sua detta, sembrano addormentati perché non partecipi attivamente al concerto. La band funziona davvero, un pizzico di affetto in più per il nostro concittadino Mistheria, tastierista dalla forte personalità scenica. La stupenda bassista Tanya O’Callaghan, già milite nei Whitesnake dal 2021, sa veramente valorizzare uno strumento che ci ricorda tanta gloria nei nostri Iron Maiden! Un’ora e mezza di puro godimento totale.
Navigate the Seas of the Sun è un’ottima perla offertaci che la band suona perfettamente e Bruce canta magistralmente, con i “uo-ooh” finali letteralmente da brivido. Sarebbe praticamente inutile descrivere i vecchi pezzi, eseguiti come già detto in modo eccezionale, perché sono ormai storia, ci scorrono nelle vene, ci appartengono da lunghissimo tempo ormai e molti di noi , come il sottoscritto, seguono Bruce da sempre ed erano in fila nei negozi di dischi quando nel 1990 sfornò la sua magna opera prima.
I nuovi pezzi? Superato questo intralcio della doppia reazione del pubblico alla pubblicazione del tanto atteso nuovo album, possiamo affermare che andrebbero ascoltati dal vivo per essere valorizzati a pieno. Personalmente li ho davvero apprezzati molto di più confronto all’album, che ascolterò con un nuovo spirito. Spirito sicuramente mosso dall’energia potentissima derivante da un post concerto dove è presente Bruce Dickinson, ma che mi sta aprendo nuove orecchie per The Mandrake Project.
Setlist
1. Accident of Birth
2. Abduction
3. Laughing in the Hiding Bush
4. Afterglow of Ragnarok
5. Chemical Wedding
6. Tears of the Dragon
7. Resurrection Men
8. Rain on the Graves
9. The Alchemist
10. Frankenstein (The Edgar Winter Group)
11. Darkside of Aquarius
12. Navigate the Seas of the Sun
13. Book of Thel
14. The Tower
testo di Stefano Stex Gollinelli
fotografie di Alex Altieri
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