I Dirty Honey sono ormai la nuova sensazione della musica Rock mondiale, e in occasione dell’uscita del nuovo album “Dirty Honey EP/LP” il 20 maggio 2022 e dell’annuncio del tanto atteso tour europeo, abbiamo raggiunto il cantante Marc LaBelle per una bella chiacchierata.

Ciao Marc grazie per esserti preso un po’ di tempo per chiacchierare con noi di Long Live Rock ‘n’ Roll, è un piacere conoscerti, come va?
Grazie, piacere mio! Sto bene, sono in Montana e sto approfittando di qualche giorno di relax per fare qualche passeggiata in mezzo alla natura alla ricerca di lupi, orsi grizzly e altre cose da fotografare. Sto provando a prendermi un po’ di tempo e a godermi la vita.

Già, se non sbaglio siete in un momento di pausa del Young Guns Tour, tra le date americane e, finalmente, le vostre prime date europee, quest’estate.
Si, sono super eccitato di venire in Europa, è un posto dove volevo andare da tanto con la band, e non so se lo sai, ma ho vissuto in Italia per un po’, e la amo. Amo venire in Europa ma non pensavo che la nostra band avesse così tanti fan nei paesi europei, cioè, penso che il nostro successo americano sia stato una specie di incidente.

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Si, conosco il tuo passato Italiano. Chiaramente saremo presenti come LLRNR in entrambe le date in Italia, sia il 10 Luglio a Milano dove aprirete per i Guns n’ Roses, che il 12 Luglio a Bologna. A proposito, sai dove suonerete a Bologna? Se non sbaglio la location non è ancora nota.
Penso sia un festival, non vorrei sbagliarmi, non sono sicuro. Molta gente me lo ha chiesto e non si trovano molte info a riguardo. Si sa che suoneremo a Bologna, ma sinceramente non saprei dirti in che festival.

Ok, lo scopriremo! Com’è stato tornare a suonare live davanti ai fans dopo la pandemia, e dopo tanto tempo in cui non si è potuto fare concerti?
Beh, il primo concerto è stato in Arizona e non sapevamo cosa aspettarci, ma era pieno di gente veramente eccitata e ovviamente è stato uno dei primi show in assoluto dopo il lockdown, penso anche per ognuno di loro da prima della pandemia, ed è stato strabiliante. Eravamo tutti un po’ emozionati, sai, non lo facevamo da così tanto, è stato naturale per noi essere un po’ emozionati nel riavvicinarci alle persone di nuovo, suonare di nuovo per loro e sentire quell’energia. E’ stato speciale, veramente, ed è stato un buono show con pubblico bellissimo, e questo lo ha reso ancora migliore.

Parliamo dell’album in uscita il 20 Maggio, è sostanzialmente una raccolta dei 6 brani presenti nell’EP di esordio e degli 8 del primo album vero e proprio, giusto? Anche la scelta del titolo, semplicemente “Dirty Honey”, e della copertina molto semplice, penso che vi rappresenti molto. Siete sostanzialmente una band che vuole suonare del classic Rock senza produzioni sfarzose o altre cose di contorno, siete semplicemente una band rock n’ roll, sei d’accordo?
Si, prima di tutto penso che far uscire il primo e il secondo disco come unica release per l’Europa, sia ovviamente un modo per far si che I fans non comprino due dischi differenti, e questo ha senso perché l’LP è un estensione dell’EP, che è poi come lo vedevamo noi quando lo stavamo scrivendo e registrando in studio. Ed è tipico delle band rock n’ roll fare queste cose in studio portando la stessa energia ed intensità sul palco per il pubblico dal vivo, e non preoccupandosi della troppa produzione in studio, dove quel genere di cose possono essere d’intralcio.
Le band che certamente tu ed io adoriamo, hanno un identità, i musicisti mettono il loro suono nella band. Non mi piace molto guardare i Coldplay per esempio, e sentire come suonano i chitarristi, non suonano nello stesso modo in cui posso sentire Slash suonare nei dischi dei Guns n’ Roses, o Angus Young sui dischi degli AC/DC. Quei ragazzi sono una parte enorme del suono della band e penso che in qualsiasi band classica che amiamo, e anche nei Dirty Honey, chiunque sia della band è assolutamente essenziale per il suono che finisce sul disco, quindi questo è il fondamentalmente l’ingrediente del rock n’ roll: tutti devono essere essenziali. Il loro modo di suonare e il loro suono sono unici, e mettendoli insieme ad altri quattro o cinque musicisti unici si crea questo suono davvero speciale.

Si davvero, è così!
Parlami invece del video di California Dreamin’. Per me è stata una grande idea, una grande produzione che mostra posti iconici e bellissimi degli USA. Com’è nata questa idea?
Si, mi è venuta parlando con il regista Scott Fleishman, che è un mio caro amico. Stavamo pensando a cosa potevamo fare, e ho visto un immagine su internet di una porta da sola, sulla spiaggia in California. Non c’era niente intorno ad essa, solo quella porta. E ho pensato che poteva essere interessante se, aprendo la porta, la telecamera ti facesse attraversare e ti facesse uscire fuori in un posto nuovo. Poi lui ha detto “Forse potremmo passare attraverso la porta e continuare a finire in posti diversi in California”, poi siamo entrati nella narrazione del buono il brutto e il cattivo di vivere in California, e volevamo mostrare quanto bella potesse essere, ma anche quanto potesse essere oscura, strana e ingannevole.

Interessante. E invece raccontaci qualcosa di come funziona il vostro processo creativo di solito, avete un processo definito oppure qualcuno porta un’idea o un riff, e iniziate a lavorarci sopra?
Beh, sai, può succedere davvero in molti modi diversi. Potremmo suonare tutti insieme qualcosa in una stanza, o ad un soundcheck, ed inciampare in qualche riff che ci piace e che ci ispira. Oppure potrei sedermi nella mia stanza con una chitarra acustica e scrivere una canzone completa che la band può decidere se amare od odiare. Penso che di solito succeda che troviamo un riff o una sensazione, una sensazione musicale che piace a tutti, e una volta che la musica ha preso vita esco e provo a lavorare sulla melodia e sul testo. E non sono così pieno di orgoglio da non chiedere aiuto, chiedo sempre ai ragazzi “ehi, cosa ne pensate di questa melodia o di questo testo, c’è qualcosa che può andare meglio qui?”. Eh beh, di solito non mi aiutano molto sfortunatamente (ride), ma lo chiederò sempre. Mi piace anche scrivere testi fino a che non mi imbatto in un’idea che può portarmi al traguardo. La cosa che penso sia davvero difficile, a meno che la musica non evochi davvero una sorta di emozione, è trovare un titolo o un aggancio lirico che possa portarti su una storia da raccontare.

Chiaro. Dalle ultime news in mio possesso, non avete ancora firmato per una label, è così?
È una cosa inusuale nel mondo della musica, ma sicuramente è coraggioso da parte vostra, qual è il motivo, volete decidere da soli del vostro destino, o è che non avete ancora trovato qualcuno che faccia al caso vostro?
Si, ti confermo che non abbiamo ancora firmato con nessuno. Beh, penso che non sia una cosa che non vogliamo, è solo che quando “When I’m Gone” è stata rilasciata, ha iniziato a scalare le classifiche da sola, all’epoca non avevamo un’etichetta. È stato davvero un caso che non avessimo un’etichetta ad essere onesti, è semplicemente successo in quel modo. Non penso che non firmeremo mai con un etichetta, è sicuramente una possibilità, ma penso che a questo punto non firmeremo solo per avidità, sarà così finché qualcuno non ci farà un’offerta che non possiamo rifiutare. Ci sono sicuramente vantaggi e svantaggi nell’avere un’etichetta, al momento ci piace non averne una, ma ci piacerebbe anche avere persone che lavorano per noi in Europa, Sud America e Australia, che ci aiutino a portare alla nostra musica più consapevolezza a livello globale.

 

Ok, facciamo un passo indietro ora, raccontaci come sono nati I Dirty Honey, come hai incontrato il resto della Band?
Ho conosciuto John Notto suonando in giro a L.A., poi lui mi ha presentato a Justin, che ci ha presentato a sua volta a Corey, e tutto questo periodo probabilmente è durato due o tre anni ma non è stato definitivo fino a quando non stavamo suonando un concerto letteralmente per strada, su un marciapiede della Sunset Boulevard. Era il nostro primo spettacolo con Corey, e lui si è alzato dalla batteria dicendo “Voglio essere in questa band, cosa devo fare per essere in questa band?”. E questo è stato davvero l’ultimo pezzo che mancava al puzzle, e una volta che è entrato nella band come membro abbiamo iniziato davvero concentrandoci sulla scrittura di canzoni originali, e prendendo tutto più sul serio, come un progetto originale. Dopo di che non ci è voluto molto tempo per fare davvero il nostro passo, musicalmente parlando, e capire esattamente cosa volevamo fare. Ci siamo presi dei rischi registrando demo e altra roba, ed è andata bene molto velocemente, la chimica c’era.

Oh, e si sente! E invece quali sono le tue influenze musicali? Con quali artisti di riferimento sei cresciuto?
Sicuramente gli Aerosmith, gli AC/DC, i Rolling Stones, i Soundgarden, gli Audioslave, i Rage Against the Machine, i Black Crowes, i Guns n’ Roses. Intendo, qualsiasi band che sia davvero una band classica degli anni ’70, ’90 o fine anni ’60, probabilmente la amo di sicuro.

E qual è l’ultimo disco che hai comprato?
L’ultimo disco che ho comprato è stato un vinile degli Aerosmith, uno dei primi demo che hanno registrato. Diciamo che è proprio un pezzo da collezione.

Oh, figo! Tornando invece ai tuoi anni in Italia, so che hai studiato all’Università di Firenze. Cosa hai studiato?
Ho studiato Italiano, Economia, Fashion italiano, un po’ di cose random. Ma ho amato studiare in Italia, ho amato Firenze. Mi piacerebbe tornare a vivere in Italia prima o poi, ho imparato ad amare le Dolomiti, sono incredibili.

Si, abbiamo visto il tuo video mentre canti Tied Up sulle Dolomiti, incredibile.
E invece cosa significa fare rock n’ roll per I Dirty Honey?
Il rock n’ roll è davvero solo questione di autenticità e di non lasciare che qualcuno ti dica cosa devi fare o come devi farlo. Si tratta di esprimere te stesso, di esprimere sentimenti di rabbia o desideri sessuali o parlare di relazioni o dipendenza o tutt’altro, ma la cosa fondamentale è l’autenticità, e penso che questo sia davvero il punto su cui il rock n’ roll si è perso un po’ negli ultimi 20 anni. C’è una disconnessione tra l’autenticità e la musica che sta diventando troppo perfetta, soprattutto le registrazioni, e se è troppo perfetta tu devi fare un grande show. Bisogna accettare che le persone siano imperfette, e va bene commettere errori, va bene non essere perfetti. Basta essere autentici ed esprimere te stesso nel modo in cui vuoi, ed è questo l’importante.

Sante parole!
Siete stati scelti come opening band da gruppi iconici come The Who, Guns n ‘Roses, Slash and Myles Kennedy, i Black Crowes, c’è qualcun altro in particolare con cui vi piacerebbe suonare?
Con gli Aerosmith sarebbe fantastico, anche con gli AC/DC e ovviamente con i Rolling Stones. Questi sono i tre big per me, e spero che un giorno possa accadere

lo spero per te. Riguardo alle vostre canzoni, se ti dicessero di sceglierne solo una per descrivervi, quale sceglieresti?
Io penso che al momento potrei scegliere California Dreamin’, ma anche Rolling 7s.
Rolling 7s incarna molte delle caratteristiche che userei per descrivere la band. Penso che abbia molti elementi musicali che sono appropriati e autentici, cercano di dire a tutti chi siamo. La canzone è davvero sexy, ha un’ottima melodia, penso che le parole siano divertenti, e ha un suono davvero unico ed è identificabile, una volta che senti quel ritornello pensi “Questi sono quei ragazzi!”, quindi si, penso che alla fine Rolling 7s probabilmente sarebbe la canzone designata!

Grande, mi piace molto.
Penso che ci sia in giro molta fame di rock, la nascita di band come voi ha risvegliato una parte di pubblico addormentata e legata a band di un’altra generazione, ma ha anche fatto avvicinare I giovani fans al rock n’ roll…Sentite questa responsabilità, e vedete un po’ di questo eccitamento? Posso dirti per esempio che qui in Italia molti fan che solitamente ascoltano gruppi come Guns n’ roses, Aerosmith o AC/DC vi hanno scoperto, e ora non siete più visti solo come la band di apertura con cui passare il tempo in attesa dell’arrivo dello show principale, ma siete visti come una parte dello show. C’è molta curiosità ed eccitamento intorno a voi.
Sì, sicuramente l’ho sentito in posti come l’Italia, UK, Germania, Svezia, Norvegia e Finlandia quando nei primissimi giorni stavo inviando merchandising in tutti questi posti, quindi sapevo che c’era qualcosa, ma penso soprattutto ai giovani. Vedo ragazzi che indossano magliette degli AC/DC, dei Led Zeppelin, degli Stones, degli Aerosmith tutto il tempo e sembrava ovvio che ci fosse un’eccitazione per il rock n’roll, ma c’era per un rock and roll che ormai ha 40 o 50 anni, c’era bisogno di sangue fresco.
Ai nostri spettacoli vediamo ragazzi giovani come noi che vogliono scatenarsi. Penso che le band rock n’ roll, in particolare quelle che lo fanno bene, siano diventate molto rare, e mi piace pensare che noi lo stiamo facendo bene e che la gente dimostri che apprezza, c’è una vera e propria energia e un senso di comunità quando suoniamo. E i fan sono entusiasti della musica, e ciò sta diventando sicuramente sempre più mainstream.

Tu hai un tipo di voce particolare, sempre al limite, come ti prendi cura della tua voce?
Bevo molta acqua e dormo la giusta quantità di ore, che è probabilmente la cosa più importante, perché quando sei molto stanco e intontito non canterai bene. Poi mi prendo cura della mia salute fisica, ho uno stile di vita molto attivo, mi piace molto correre, fare sport e allenarmi. In qualche modo devi vivere in modo sano se non vuoi rovinare la tua voce. Prima degli show faccio anche riscaldamento vocale e sembra aiutare.

Se non sbaglio giochi anche ad Hockey, altri sport che segui o che fai?
Si, gioco ad Hockey. Mi piace anche il calcio, soprattutto per la Coppa del Mondo ,e il Football americano.

 

Avete fatto cover come Last Child degli Aerosmith e Let’s Go Crazy di Prince, perché e come avete scelto proprio questi brani?
Si, Last Child la facevamo in tour da diverso tempo, ed è capitata questa opportunità con Amazon che voleva che noi facessimo qualcosa con loro e pensavano fosse figo fare un tributo agli Aerosmith, così l’abbiamo fatto. È stato molto naturale ovviamente, è una band che amiamo e avevamo suonato quella canzone varie volte. Penso che alla fine abbiamo fatto un buon lavoro.
Per quanto riguarda Let’s Go Crazy invece, sono molto orgoglioso di questa cover. Abbiamo preso una canzone che tutti conoscono e ci abbiamo messo del nostro, ma tutto è nato da una richiesta della NHL (Lega Americana di Hockey) che voleva rendere omaggio a Prince per questo evento che dovevano fare a Minneapolis, in Minnesota, dove Prince viveva. Quando ce l’hanno chiesto abbiamo pensato che sarebbe stato bello capire come renderla unica e musicalmente nel nostro stile. E una volta che ci siamo riusciti eravamo fuori di testa e davvero entusiasti.

Ok Marc, purtroppo abbiamo finito il tempo a nostra disposizione! Ti ringrazio veramente tanto per questa chiacchierata e ti do appuntamento a quest’estate, sarò in prima fila attaccato alle transenne pronto a rockeggiare con voi, non vedo l’ora!
Grazie a te! Anche io non vedo l’ora, ti aspetto!

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