Trent’anni di ‘The Final Countdown’. Sembra ieri l’arrivo a San Remo di Pippo Baudo, e i cinque capelloni svedesi mai sentiti prima, Europe, ci introducevano nel loro mondo con l’intro di tastiere di uno dei brani che sarebbe diventato uno dei tanti e fortunati tormentoni della musica rock. In quell’Italia musicalmente addormentata del 1987 (perchè gli Europe arrivano al festival di San Remo l’anno dopo la pubblicazione di ‘The Final Countdown’ –  sempre sull’onda, noi italici – la competizione vinta Morandi, Ruggeri, Tozzi con ‘Si può dare di più’), gli Europe riescono a provocare una piccola scossa di emozioni, porponendo qualcosa di diverso dal solito clichè italiano e del classico ospite straniereo invitato in una manifestazione canora di stampo unicamente melodico. Emozione in tutti, pubblicoi e addetti ai lavori, anche se particolarmente il pubblico femminile ha immediatemente apprezzato le note melodiche del brano arcifamoso e, diciamo la verità , ha apprezzato anche la prestanza e il bell’aspetto dei cinque poco piùche ventenni ragazzi svedesi.

Come spesso ho tenuto a precisare, gli Europe, porprio a causa del clamoroso gran parlare su di loro, non lo ho mai potuti digerire, in primis per l’esagerata dose melodica che a quei tempi proprio non mi andava e poi a causa degli apprezzamenti continui e fastidiosi di mie amiche affascinate dai capelli cotonati, dal naso all’insùe dai faccini delicati di quei giovinastri. Con il trascorrere degli anni il mio essere volutamente snob nei confrotni dei cinque scandinavi non si è mai affievolito, anche se dalla reunion del 2004 i lavori prodotti hanno cambiato registro diventanto piùintimi e personali, piùduri con una maggiore sensibilita e i cinque album dati allestampe sono stati ogettivamente degli ottimi prodotti, stupendi, intensi, accurati e bellissimi. Ma ancora gli Europe mi sono antipatici, sia chiaro.

Negli ultimi anni ho assistito a molte performance del gruppo e ogni volta ho ripetuto sempre le stesse cose, ovvero: John Norum è un chitarrista micidiale, bravissimo e sensibile; John Levén è un bassista con i controfiocchi, duro, ritmico e potente; Mic Michaeli, sotto il suo cappello capace di intrecciare delle basi davvero eccezionali; Ian Haugland è sempre piùsimpatico, essenziale e roccioso; Joey Tempest davvero un grande frontman, voce da favola, capacità  di ipnotizzare il pubblico ad ogni suo cenno, molto furbo nelle dinamiche di inizio concerto per le pose dei primi tre pezzi. Insomma una grande band, in forma non solo fisica ma anche artistica.

Un evento davvero importante. I trent’anni di ‘The Final Countdown’ in un Alcatraz gonfio di gente, tanta, troppa. Un pienone annunciato per uno spettacolo che si è dimostrato tale. Ma la sorpresa piùgradita si è concretizzata proprio all’inizio del concerto, quando il pubblico è stato informato della messsa in scena di due album interi, iniziando dall’ultimo mastodonticol lavoro ‘War of Kings’ e dell’atteso ‘The Final Countdown’. Un concertone insomma. Uno show che non ha avuto un momento di pausa, uno scho di circa due ore che ha fatto urlare a polmoni aperti tutti i fan accorsi, racchiusi in un paio di generazioni con  un unico motivo e un la passione nei confronti del gruppo svedese.

E’ statro davvero bello esserci, parteciapre con tutti a un grande evento, osservare la band sl palco e osservare i fan e le loro reazioni. Tutto ciò non ha prezzo…

Un ringraziamento a volontari e sicurezza, tutto perfetto.

p.s.: la setlist è facile tutto ‘War of Kings’ e tutto ‘The Final Countdown’ dall’inizio alla fine…

 

 

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Born to Lose, Live to Win | Rock'n'Roll is my life, so... long live rock'n'roll !!!

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