Musica rock e musica orchestrale, suonata da elementi di strumenti ad arco e fiato, sono due mondi apparentemente distanti. La verità è semplice e univoca: in realtà, entrambi rappresentano la faccia di una stessa medaglia, soprattutto se vengono miscelati e uniti in un connubio pressoché perfetto, frutto di prove meticolose e, in alcuni casi, sicuramente estenuanti.
Per fare alcuni esempi pratici, Yngwie Malmsteen, uno dei più grandi chitarristi viventi, ha certamente tra le sue ispirazioni palesi un leggendario violinista: Antonio Vivaldi. I Queen hanno introdotto in molte delle loro immortali composizioni parti orchestrali e sinfoniche, così come gli Extreme e altri. Nel corso degli anni, varie band storiche si sono cimentate in concerti molto apprezzati insieme a orchestre sinfoniche di grande calibro: è il caso dei Kiss e dei Metallica.
Non avevo però mai assistito, né sentito parlare, di un’unione tra i pezzi di una band così importante per potenza musicale e seguito planetario, quale gli AC/DC, con una vera orchestra. Il merito di questo ambizioso progetto va agli Highway To Hell – AC/DC Tribute Band e all’orchestra sinfonica We Ensemble. L’unione tra i due gruppi è stata denominata “Symphony of Thunder” e la prima data di questa inedita collaborazione è andata in scena presso uno storico e imprescindibile locale per eventi live di vario genere: il Phenomenon Club di Fontaneto d’Agogna (Novara).
Il locale era completamente esaurito ed era stato allestito come un vero teatro, con comode sedie. Ben trecento spettatori hanno brindato o, meglio, hanno fatto un brindisi in onore di Bon Scott, Angus Young, Malcolm Young, Cliff Williams, e via dicendo. Tutti erano curiosi di ascoltare e vedere cosa avevano realizzato la band, capitanata da Eros Lusona (nei panni di Brian Johnson) e Jacopo Ferrari (Angus Young), insieme all’orchestra di dodici elementi We Ensemble, formata da talentuosi musicisti professionisti con all’attivo collaborazioni con i maggiori teatri nazionali ed artisti di fama internazionale, come Laura Pausini e Michael Bublé.
Gli Highway to Hell esistono ormai da svariati anni e, oltre ai due musicisti precedentemente citati, sono completati (e non meno importanti nell’economia della band) da Andrea Tanzi alla batteria (molto simile a Chris Slade nell’aspetto), Francesco Sala alla chitarra ritmica, Davide Bisso al basso e Lorenzo Rossi alla cornamusa.
Con qualche minuto di ritardo rispetto all’orario previsto delle 22:30, il sipario del teatro “Phenomenon” (chiamiamolo così per l’occasione) si è alzato, mostrando la band e l’orchestra pronte a una sfida senza vincitori né vinti, ma con l’unico e dichiarato obiettivo di intrattenere il pubblico per tutta la durata dello spettacolo.
Il pubblico era formato soprattutto da persone con almeno quarant’anni sulla carta d’identità, ma anche alcuni giovani rockers, bambini, adolescenti, e membri della Generazione Z. L’apertura è stata affidata alle immortali note di Rock n’Roll Train seguita dal grande classico: “Dirty Deeds Done Dirt Cheap”, e la chiusura dello spettacolo è avvenuta con “For Those About to Rock (We Salute You)”, canzone che ormai da anni chiude gli show della band australiana.
L’alchimia tra orchestra e band era palpabile. Tutti i musicisti giocavano in squadra, senza voler rubare spazio agli altri. Le parti orchestrali, aggiunte alle partiture originali degli AC/DC, non erano continue ma sono state rese funzionali alle sonorità della band. A volte suonavano solo violini e violoncelli, altre volte solo le trombe, e in altre occasioni entrambe le sezioni dell’orchestra.
Gli Highway to Hell hanno incitato il pubblico a far casino, con Eros e Jacopo che hanno coinvolto gli spettatori con voce e con le iconiche movenze di Angus. Francesco e Davide hanno suonato le loro parti da pedane rialzate accanto alla batteria, un vero motore sonoro, di Andrea. Parti suonate in modo impeccabile.
Ci sono stati momenti tipici di un concerto degli AC/DC, come il buffo spogliarello di “Angus” (interpretato da Jacopo) su “Bad Boy Boogie”, o le momentanee pause dietro le quinte di Eros, per dare spazio ai momenti solisti dei vari strumentisti e anche per rifiatare. Cantare come Brian non è affatto facile: mentre l’attuale Brian cede dopo pochi pezzi, Eros è come un diesel che non smette mai di crescere in intensità.
La passione per la band australiana è palpabile e rende questo tributo credibile. C’è stato spazio anche per una bella jam con una delle componenti dell’orchestra, che, con il suo violino, ha lasciato brevemente la sua sedia per duettare a centro palco con la band. Altro momento apprezzato è stato l’ingresso di Lorenzo Rossi, perfettamente vestito in abiti scozzesi, che ha suonato sapientemente la cornamusa su “Thunderstruck”.
Lo show si è svolto con qualche battuta tra i membri della band. Jacopo ed Eros sono scesi a suonare e cantare più volte in mezzo al pubblico. Quest’ultimo voleva alzarsi subito dalle sedie, suscitando ilarità nella band, ma poi si è sostanzialmente trattenuto, come da prassi per un evento di tipo teatrale.
Non è però mancata l’energia: tutti hanno cantato e alzato le mani al cielo. Uno spettacolo ambizioso che sarà certamente replicato (si prevede una data a Gallarate nel maggio 2025), ma intanto consiglio di assistere a qualche data, sia italiana sia europea, degli Highway to Hell o alle esibizioni dell’orchestra We Ensemble.
Recensione: Mauro Brebbia
Setlist:
- Rock n’Roll Train
- Dirty Deeds Done Dirt Cheap
- Dog Eat Dog
- Back in Black
- High Voltage
- T.N.T.
- Bad Boy Boogie
- Hells Bells
- Thunderstruck
- Whole Lotta Rosie
- Shoot to Thrill
- Let There Be Rock
- Highway to Hell
- It’s a Long Way to the Top
- For Those About to Rock (We Salute You)
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