Correva il lontano anno 1983 e un gruppo di Liverpool tornava a far parlare in tutto il mondo, la città nativa degli imprescindibili The Beatles. Questo gruppo erano i Frankie Goes to Hollywood, che riuscirono a piazzare tre singoli e tre video storici nelle classifiche. I singoli erano “Relax”, “Two Tribes” e la struggente ballad “The Power of Love”, lontana anni luce dagli altri due singoli.
Capitanati dal carismatico cantante William “Holly” Johnson, la band imperversa in ogni radio e soprattutto su MTV, distinguendosi anche per la battagliera rivendicazione dell’orgoglio omosessuale. Due soli album all’attivo ed infinite raccolte sono messi a referto dalla band e dalla casa discografica, che sfrutta ogni occasione per guadagnare royalties. I due album sono “Welcome to the Pleasuredome”, celebrato per il suo 40º anno di pubblicazione (uscito nel 1984), e “Liverpool”.
Devastati da infinite lotte interne per i diritti del gruppo, la band dura soltanto qualche anno, anche se le due anime della band, Holly Johnson e Paul Rutherford, continuano sporadicamente a suonare dal vivo e pubblicare lavori. Johnson ottiene ancora successi come solista con brani come “Americanos” e “Love Train”, capaci di scalare le classifiche, seppure probabilmente meno carichi dei pezzi dei FGTH, acronimo della band. Provenienti dalla scena post-punk inglese, i Frankie Goes to Hollywood sono caratterizzati da un gusto musicale personale che unisce sintetizzatori a incessanti interventi chitarristici.
Holly Johnson è un sopravvissuto. Già nel 1991 divenne positivo all’HIV e tale problema si ripresentò anche nel 2024, causandogli un ennesimo ostracismo da parte di media e addetti ai lavori. La sua storia è un film, documentata anche in un’autobiografia cruda e sincera. Per celebrare l’anniversario di “Welcome to the Pleasuredome”, Johnson e la sua band di autentici talenti nei vari strumenti si sono imbarcati in un breve tour europeo che è sbarcato il 7 ottobre 2025, grazie a Virus Concerti, al Teatro degli Arcimboldi di Milano.
Il pubblico, prevalentemente composto da cinquantenni come il recensore, ha accolto Holly Johnson alle 21:20 circa, in ritardo di una ventina di minuti come le star che si rispettano. Visibilmente ingrassato e con un abito di pelle sadomaso e occhiali da sole scuri, Johnson ha cantato magnificamente per tutta la durata del concerto. Qualche interazione e battuta con il pubblico ha caratterizzato la serata. Johnson ha ricordato la sua partecipazione a Sanremo e ha dialogato con un fan dalla platea, dando appuntamento a fine concerto.
La scenografia era scarna, con un proiettore posto dietro la batteria. Lo spettacolo è iniziato con “Welcome to the Pleasuredome” e si è chiuso con le melodie di “The Power of Love”, unico bis della serata, con Johnson che ha indossato la corona come nel video originale. Il pubblico è rimasto seduto per quasi tutta la durata del concerto, durato circa un’ora e trenta, ma si è alzato in piedi per “Relax”, canzone trasversale che fa ballare qualsiasi generazione. Per “Two Tribes”, sugli schermi sono apparse la bandiera dell’Ucraina e dei carri armati, richiamando la crudeltà della guerra. “War”, cover di Edwin Starr, e “Born to Run”, cover di Bruce Springsteen, hanno arricchito ulteriormente il set. Quasi tutto esaurito per l’unica data italiana, con il pubblico in visibilio per un artista ancora in splendida forma vocale e di spirito.
SETLIST:
- Welcome to the Pleasuredome
- Black Night White Light
- Warriors
- Love Has Got a Gun
- Americanos
- Atomic City
- Heaven’s Here
- Rage Hard
- Love Train
- Penny Arcade
- Watching the Wildlife
- Born to Run (cover di Bruce Springsteen)
- War (cover di Edwin Starr)
- Two Tribes
- Relax
ENCORE - The Power of Love

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