Century Media – Aprile 2009
Ritorno molto atteso per quella che può essere considerata come la rock/metal band (o pseudotale) italiana piùfamosa all’estero, Lacuna Coil, a distanza di tre anni dal fortunatissimo “Karmacode” che aprì definitivamente le porte dei nostri al mercato statunitense. Avevo apprezzato moltissimo la svolta ‘americana’ del sound di quell’album e, se è vero che squadra che vince non si tocca, immaginavo che per “Shallow Life” sarebbero state seguite le orme del suo predecessore. Così non è stato e lo si avverte sin dalle prime battute.
“Survive“, per certi versi, ci fa supporre un netto alleggerimento del sound, per un brano che si fa apprezzare per un certo ritorno alle sonorità gothic alla Paradise Lost che tanto hanno contraddistinto il sestetto meneghino agli esordi, pur non disdegnando soluzioni melodiche particolarmente accessibili. “I Won’t Tell You“, però, ci spiazza di netto perché, almeno sulla strofa, siamo in piena zona Korn, il che ci farebbe pensare a certi passaggi di “Karmacode“. Ma subito veniamo smentiti, perché su Not Enough, quelli che sui due brani precedenti erano solo dei brevissimi, impercettibili accenni alla new wave di facile ascolto, qui si fanno decisamente piùincisivi. Piùsi va avanti con l’ascolto, piùi miei presentimenti si trasformano in certezza: qui si cercano soluzioni accattivanti a tutti i costi. “I’m not Afraid” è uno dei pochi brani realmente riusciti, dove però è il buon Andrea a tirar fuori tutta la grinta necessaria per dare un po’ di spinta all’album. Ahimè arriva il turno della potenziale hit da Disco, “I Like It“. Ma scherziamo? Se ne realizzassero un remix (e chi dice che non lo faranno”…) rischierebbe seriamente di diventare il tormentone dell’estate! Con “The Pain” i nostri seguitano ad andare a braccetto con i Depeche Mode e diciamo pure, che questo sarà il leit motiv da qui sino alla conclusione dell’album, fatta eccezione per il singolo “Spellbound”, ottimo per l’apertura dei prossimi live e “Wide Awake“, ballata trascurabile. Come accennato in apertura, “Karmacode“, per quanto fosse piùmonodirezionale, ossia dal taglio quasi sempre heavy, risulta, se messo in paragone con quest’ultima uscita, molto piùispirato, partendo dalle idee fino ad arrivare alla prova dietro i microfoni di Andrea e Cristina.
Questo disco, invece, presenta diverse anime, perchè si spazia dalla wave al new metal al gothic, sfiorando alcune volte il pop da classifica. Il che lascia aperte molte chiavi d’interpretazione. La scelta che mi sembra piùplausibile è quella di considerarlo come un album di transizione verso qualcosa di molto piùorecchiabile e, perché no, commerciale. La loro etichetta, volente o nolente, punta molto sull’immagine seducente di Cristina, oltre che sulle sue doti vocali alquanto accattivanti. Solo che queste doti, fino ad oggi, procedevano di pari passo con quella che poteva essere considerata come una direzione artistica presumibilmente condivisa da tutti i membri della band. Oggi non ci sembra piùcosì. Piuttosto, sembra che si voglia dar piùspazio all’aspetto ‘appariscente’ del gruppo, tralasciando una sostanza che, in passato, era fatta anche di canzoni di un notevole spessore. Del resto, sono diversi anni orami che i Lacuna Coil, ahimè, sono proposti oltreoceano come l’alternativa europea agli Evanescence (cosa che non ho mai capito). Per carità , non c’è nulla di male per chi vive di musica nel volersi giocare le proprie carte al meglio, soprattutto se parliamo di una band che ha avuto la fortuna e il merito di farsi notare anche negli U.S.A.. Il punto è che questa versione eccessivamente edulcorata e da classifica di un gruppo che ha ben altro da offrire non convince. Non convince perché loro stessi nelle canzoni non sembrano convinti di ciò che hanno realizzato. Salta alle orecchie il fatto che Andrea offra la migliore prestazione sui brani piùduri, a differenza di Cristina che primeggia sulle soluzioni piùorecchiabili e viceversa per ciò che concerne le loro rispettive esecuzioni peggiori. Il che mi fa pensare che non ci sia stata questa grande intesa in sede di composizione, come se ci fossero state due forze che premevano verso opposte direzioni. La speranza di tutti noi è che questa fase controversa venga superata e che si torni ad un’unità d’intenti, perché diversamente uno split rischierebbe di diventare molto piùche un’eventualità .
Al prossimo album l’ardua sentenza.
Tracklist:
1. Survive
2. I’ won’t Tell You
3. Not Enough
4. I’m not Afraid
5. I Llike It
6. Underdog
7. The Pain
8. Spellbound
9. Wide Awake
10. The Maze
11. Unchained
12. Shallow Life
Band:
Cristina Scabbia – voce
Andrea Ferro – voce
Cristiano Migliore – chitarra
Marco ‘Maus’ Biazzi – chitarra
Marco Coti Zelati – basso
Cristiano Mozzati – batteria
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