Sai di essere sempre più vicina a destinazione quando sul tram inizi a vedere look total black, scarpe borchiate e trucco nero pesante: non sarà goth come la cultura che ruota attorno a band storiche come i Cure, ma la nuova guardia del post-punk non ha nulla da invidiare ai propri predecessori.
Tra i più noti della nuova scena ci sono i bielorussi Molchat Doma, sul palco del Fabrique di Milano e in giro per l’Europa con il nuovo disco, il quarto della loro carriera, dal titolo Belaya Polosa. Prima di loro, a scaldare i motori sul palco ci sono gli Urban Heat, band post-punk del Texas, in tour con il loro secondo disco The Tower, pubblicato lo scorso agosto.
È la sera in cui niente e nessuno la fa da protagonista più dei sintetizzatori: sono proprio i primi suoni dark wave dei synth a dare il via alla prima canzone, Kolesom, dalle sonorità un po’ New Order e un po’ Joy Division che poi, se ci si pensa, l’anima è la stessa.
Ultimo a salire sul palco è il cantante Egor Škutko e il trio è finalmente al completo: ballano su Ty Zhe Ne Znaesh Kto Ya a cui segue una terza canzone, proprio dal titolo III, più lenta e delicata. Le luci sono minimal, nessuna grafica su schermo, solo tre persone e una chitarra che riescono a riempire il palco ottimamente con musica e presenza scenica senza far percepire alcuna sensazione di vuoto.
“Siamo una band di Minsk, spasiba” dice Egor Škutko. Si continua l’alternanza tra canzoni più ritmate come Doma Molchat, direttamente dal primissimo disco Skryš našich domov e quelle più lente e pacate come Obrechen, dal secondo Monument, che il pubblico ascolta mantenendo alta l’attenzione, per scoppiare in un fragoroso applauso sul finale.
La band esegue altri diversi brani dell’ultimo disco, come la title track Belaya Polosa, Chernye Cvety e Son: il Fabrique è praticamente pieno e gli occhi di ogni singolo spettatore sono rivolti al palco senza riuscire a staccarsene, finché Egor non scende dal palco per ballare un po’ insieme ai fan più sottopalco.
La seconda metà del concerto vede alternarsi principalmente brani dai due dischi precedenti, appunto Monument ed ?taži: il parterre ormai è un vero e proprio dancefloor non appena partono Diskoteka, Na Dne o Kletka. L’encore è anticipato da un altro lungo applauso, ma sapevamo di non esserci scatenati abbastanza e infatti ecco lì la chiusura perfetta col tris darkwave perfetto: Toska e Tanzevat’ ci preparano alla ormai famosissima Sudno, canzone più conosciuta in assoluto della band grazie alla viralità di TikTok, che chiude la serata.
“Siamo una band di Minsk, spasiba”, ripetono nel momento dei saluti.
E, per una sera, sono riusciti a portarmi in discoteca.
Testo di Martina L’Insalata e fotografie di Ilaria Maiorino, guarda la gallery completa qui
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