2025, Island Records

 

A distanza di ben sette anni dal precedente Delta, tornano i londinesi MUMFORD & SONS con un album nuovo di zecca intitolato Rushmere. Dieci canzoni che sono state anticipate dal singolo omonimo e che i fan della band potranno sicuramente ritrovare – insieme ad altri grandi classici dei loro precedenti quattro album – nel loro concerto italiano, previsto a Milano all’Unipol Arena il prossimo 21 novembre 2025.

Che dire di questo lavoro? L’album è sostanzialmente gradevole, ma non ha la forza e la straordinaria bellezza dei due primi album della band. I leggendari Sigh No More del 2009, che vinse il Mercury Prize come album dell’anno oltre ai Mojo Awards e ai Q Awards come band emergente, e soprattutto – a parere mio e della stragrande maggioranza dei loro appassionati – Babel del 2012, che vinse svariati premi e trionfò in varie categorie ai Grammy Awards.

Rushmere è un lavoro molto introspettivo, che può catturare la tua attenzione pienamente quando il tuo mood è prevalentemente riflessivo e in alcuni tratti malinconico. Un disco in cui ogni nota suonata sa suscitare particolari emozioni, ma che non è appunto caratterizzato dall’impeto folk rock con i pezzi spinti a manetta dei primi lavori. La band è ora un trio, dopo l’uscita di Winston Marshall nel 2021 non per motivi prettamente musicali o artistici, ma per motivi legati alle polemiche scaturite per il suo apprezzamento pubblico a un tweet riguardo l’uscita di un libro del giornalista conservatore americano Andy Ngo.

ph Marcus Haney

I primi cinque pezzi dell’album scorrono via e si lasciano ben gradire, nonostante il ritmo sia particolarmente delicato, eccetto che nel singolo omonimo dell’album. L’inconfondibile voce del leader Marcus Mumford è davvero molto coinvolgente in pezzi come l’iniziale “Malibu”, dedicato all’amore e a tutte le fragilità che ne derivano, mentre brani come “Where It Belongs” sanno far riflettere su tutti i momenti di smarrimento derivanti da perdite.

Il lavoro è stato registrato metà a Londra e metà a Nashville, insieme al famoso produttore country Dave Cobb. Le registrazioni di Rushmere sono durate ben due anni e la band ha voluto provare a ritrovare il loro sound tipico degli inizi, tanto più che il precedente lavoro Delta è stato ampiamente stroncato da molti per l’evidente allontanamento dalle loro radici.

 

Già il titolo Rushmere è un manifesto d’intenti, visto che è il nome del quartiere in cui hanno mosso i primi passi musicali. Ignari e inconsapevoli di diventare in seguito delle vere e proprie superstars planetarie in ambito musicale. Come sempre, accanto a Marcus Mumford, ci sono Ben Lovett all’organo, tastiere e batteria, e Ted Dwane al basso, contrabbasso e batteria.

Tra i pezzi che segnalo e che sono degni di nota, nomino certamente “Truth”, molto ritmata e in cui la chitarra non è acustica ma elettrica, con uno stile che in alcuni frangenti ricorda i Velvet Underground o i loro discepoli The Strokes. Un piccolo gioiello in un album che non sempre riesce a decollare completamente, ma che indubbiamente potrà essere meglio gustato anche dal vivo. Un lavoro che si discosta comunque dal loro essere band indie e folk rock, e che strizza l’occhio anche a sonorità countreggianti, oltre a recuperare maggiormente lo stile bluegrass che ha caratterizzato gli album più iconici della band inglese.

Bentornati MUMFORD & SONS! Ci siete mancati!

Recensione: Mauro Brebbia


Tracklist:

  1. Malibu
  2. Caroline
  3. Rushmere
  4. Monochrome
  5. Truth
  6. Where It Belongs
  7. Anchor
  8. Surrender
  9. Blood On The Page
  10. Carry On

Band:

Marcus Mumford – voce, chitarra acustica, chitarra elettrica, batteria, mandolino
Ben Lovett – organo, tastiere, cori, fisarmonica
Ted Dwane – contrabbasso, batteria, basso, cori


Sito:
mumfordandsons.com

 

Mauro Brebbia
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