Report a cura di Marco Paltanin

Foto a cura di Anna Bechis

I Novembre sono ormai una mezza leggenda del prog/doom italiano, un po’ perché sono in giro da ventisei anni (eh sì, tanti se ne contano ormai), un po’ perché hanno saputo riproporsi nel tempo senza mai snaturare davvero il loro sound, eppure in qualche modo attualizzandolo. Ne è dimostrazione l’ultimo lavoro “Ursa” (ottimo) a cui questo tour fa seguito.

Aggiungiamo che non li vedevo dal vivo da dieci anni tondi tondi e sarà  facile immaginare quanto fossi curioso di misurare la loro evoluzione.

 

A precederli ci sono i padovani Winter Dust con i quali devo immediatamente scusarmi: del loro concerto purtroppo non ho potuto ascoltare nemmeno una nota a causa di un incidente in autostrada che ha ritardato l’arrivo al locale. Spero di avere presto l’occasione di assistere a un loro spettacolo e invito tutti a recuperare la loro proposta musicale. Come ulteriore nota di merito, devo far loro i complimenti per il merch, davvero molto ben curato e ricco.

 

Attorno alle dieci salgono sul palco gli headliner, di fronte a un pubblico non molto numeroso e composto da diverse generazioni: si contano comunque non pochi fan di vecchio corso.

Subito si nota l’assenza del chitarrista Massimiliano Pagliuso, fermato già  durante l’estate da un’ernia al disco. A sostituirlo il turnista Dario Vero, magari non credibilissimo nelle vesti del “metallaro” ma decisamente talentuoso.

 

La band romana (d’adozione) parte molto bene, con il frontman Carmelo Orlando un poco ingessato all’inizio ma via via piùsciolto e vocalmente in forma quanto basta. Va in verità  riconosciuta a tutti i musicisti una performance sostanzialmente impeccabile; ci sono solidità  tecnica, suoni compatti ed efficaci che si compensano e compenetrano, un ottimo punch globale e nessuna sbavatura di rilievo, tranquillamente a livello di tanti famosi acts internazionali. Per quanto riguarda il mix è tutto godibilissimo e la pasta sulle basse/medio basse è davvero di qualità ; il prezzo lo paga purtroppo la batteria, talvolta fagocitata dall’abbondanza di chitarre e basso. 

Le due ore di concerto scorrono fluidamente tra brani dell’ultimo album e vecchie glorie come “Acquamarine”, “Cold Blue Steel”, “Everasia”, “Nostalgia Platz”. Nonostante l’indubbia maturità  di brani piùrecenti come “Australis”, capaci di restituire un impatto superiore, piùdiretto senza però rinunciare alla qualità  dei contenuti, i pezzi estratti da “Materia”, “Novembrine Waltz” o “Classica” non soffrono minimamente la loro età ; sta qui, come accennato qualche paragrafo sopra, la grande coerenza e lucidità  dei Novembre che riescono ad armonizzare vecchio e nuovo senza mai stravolgersi. 

 

I Novembre si riconfermano quindi una realtà  piùunica che rara in Italia, soprattutto per la freschezza che riescono ancora a mantenere nonostante abbiano percorso musicalmente così tanta strada. 

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