Gli Orphaned Land di recente non si sono certo risparmiati. Dall’uscita del loro ultimo lavoro in studio, “All is One”, si sono fatti apprezzare dal vivo prima con il lunghissimo World Tour, poi ancora di supporto ai Blind Guardian (due date in Italia). Non si sono fatti mancare nemmeno un’esibizione all’Expo di Milano. Eccoli ritornare nuovamente nel nostro paese a distanza di pochi mesi, con uno show completamente rivisto e freschi arrangiamenti in acustico dei loro brani.

L’onere di aprire la serata spetta ad Helfir, alias Luca Mazzotta. La sua è un’esibizione minimale, retta dalla linea vocale, dove la chitarra acustica e qualche eterea base sintetico-elettronica sono poco piùche un discreto riferimento tonale. Le luci soffuse fanno il resto.
La prova canora non è perfetta ma comunque molto sentita e questo aspetto fa passare in secondo piano le sbavature. Meno efficace l’accompagnamento della chitarra, penalizzata da un suono globale sottile, privo di rotondità  e da arrangiamenti ridotti fin troppo all’osso. La sua rimane comunque una gradevole performance.

Un veloce cambio di palco ed è l’ora dei Molllust. La band di Lipsia è in genere dedita a un operatic metal abbastanza canonico ma, ecco la sorpresa, anche loro hanno rivisto i loro pezzi per offrire uno spettacolo unplugged. Così, lasciati a casa batterista, contrabbassista e bassista, snocciolano per una quarantina di minuti brani nei quali l’influenza della musica classica sembra pesare il doppio. È sorprendente come il piano, la chitarra acustica, i due violini e il violoncello, attraverso una smaliziata gestione delle parti, riescano a restituire in pieno tutto il senso di ritmicità  del prodotto originale.
I Molllust sono perfettamente a loro agio sul palco e convincono un pubblico già  ben disposto pezzo dopo pezzo, influenza dopo influenza. Riescono persino a infilare nella setlist, non si sa come, il famoso “Ave” di J.S.Bach ricavandone applausi a scena aperta anziché piùprevedibili uscite per fumare. A fianco di un convincente e istrionico Frank Schumacher (voce e chitarra acustica), la punta di diamante è senza dubbio Janica Gross, voce principale e pianoforte, la cui caratura tecnica è di sicuro rilievo.
I Molllust insomma si sono rivelati una bella sorpresa e hanno contentato, almeno per una sera, anche i piùfieri detrattori del genere operistico.

Tutti sono pronti ormai per l’esibizione degli headliners, ma ecco che i sei elementi del coro berlinese Stimmgewalt, che ha accompagnato gli Orphaned Land per l’intero tour acustico, prendono posizione sul palco. Il tempo di agganciare le note di riferimento e i nostri aprono con una cover a cappella di “Engel” dei Rammstein. Sono poco meno di venti minuti di esibizione, i loro, e certo la formula non è granché originale (il riferimento ai Van Canto è palese, anch’essi prontamente coverizzati) ma l’indiscutibile bravura, la compattezza vocale, la comicità  trascinante del band-leader Alexi regalano davvero un bel momento.

Il palco è già  allestito, il coro si ricava un angolo sul fondo ed ecco entrare in scena senza ulteriori indugi i protagonisti della serata. L’apertura con “Simple Man” dall’ultimo album convince immediatamente. Kobi Fahri sembra vocalmente in forma, il nuovo reparto chitarristico, composto da un giovane e talentuoso Chen Balbus (chitarra classica) e da Idan Amsalem (chitarra acustica, oud), non fa rimpiangere i fuoriusciti Yossi Sassi e Matti Svatizky; il basso di Uri Zelcha e il drumming di Matan Shmuely sono una garanzia di solidità  e qualità .
La band israeliana propone l’essenziale dell’ultimo disco: oltre alla succitata “Simple Man”, ci regala una “All is One” che riesce a mantenere la massa e pomposità  dell’originale, anche grazie all’apporto decisivo del coro; seguono “Let the truce be known” e, vera gemma della serata, una dolcissima versione di “Brother”. Non possono mancare poi escursioni nei lavori precedenti, come “Sapari”, in grado di coinvolgere il pubblico in un momento di canto collettivo (va detto però che l’assenza di Schlomit Levi nelle parti di voce femminili si fa sentire), “Building the Ark”, “New Jerusalem”, “Norra el Norra”. Inoltre, come per dichiarazione dello stesso Kobi, il live acustico è una buona occasione per ascoltare gemme assolute che la band non ha mai o quasi mai modo di suonare, come la splendida “Bereft in the Abyss” da “The Never Ending way of ORWarriOR”.
Oltre all’ottima prestazione, tanta voglia di divertirsi che contagia anche il pubblico. L’encore (generoso) è d’obbligo.

La scommessa di traslare i propri lavori in acustico poteva essere rischiosa, invece ha messo in luce forse gli aspetti di maggior forza nella musica degli Orphaned Land. La componente folkloristica, poi, ha solo guadagnato dal ritorno alla propria forma piùpura.
Nel complesso una serata coraggiosa, premiata dal gradimento del pubblico.

Setlist:

Stimmgewalt Choir only
1. Engel (Rammstein cover)
2. The Irish Ballad (Tom Lehrer cover)
3. Last Night of the Kings (Van Canto cover)
4. Beer, Beer, Beer

Orphaned Land + Stimmgewalt Choir Main Set
1. The Simple Man
2. All Is One
3. Let The Truce Be Known
4. Olat Ha’tamid
5. A’salk
6. Brother
7. Bereft in the Abyss
8. Building the Ark
9. El Meod Na’Ala
10. New Jerusalem
12. Sapari
13. In Thy Never Ending Way

Encore
14.The Beloved’s Cry
15. Norra el Norra (Entering the Ark) / Ornaments of Gold

 

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