In occasione delle due date italiane del tour che gli svedesi Reach hanno tenuto lo scorso settembre come opening act dei connazionali Eclipse, abbiamo avuto l’opportunità  di trascorrere un po’ di tempo in compagnia dei quattro estroversi ragazzi che compongono la band (Ludvig Turner alla chitarra, Marcus Johansson alla batteria, David Jones al basso e Alex Waghorn alla voce) e che già  avevamo avuto modo di conoscere in occasione dell’ultimo Hard Rock Hell AOR, tenutosi lo scorso marzo in quel di Hafan Y Mor, in Galles.

Purtroppo l’intervista che avevamo fissato con la band subito dopo la seconda data nel nostro paese alla fine è saltata per via dei ritardi accumulatisi a causa dei problemi tecnici che hanno funestato il concerto milanese.

In ogni caso il gruppo si è immediatamente reso disponibile per un’intervista che abbiamo condotto via e-mail. Ecco quello che ci ha raccontano il brillante chitarrista Ludvig Turner.

Ciao Ludde, prima di tutto volevo chiederti di presentare i Reach ai lettori di Long Live Rock n’ Roll che non vi conoscono ancora. Quando e come è nata la vostra band?

LUDVIG: I Reach sono nati come duo, io e Marcus ci eravamo già  incrociati in una band nella quale io suonavo la chitarra. Stavamo cercando un nuovo batterista e trovai Marcus sul sito internet Bandfinder. Marcus si unì alla band per un breve periodo, ma dopo un paio di concerti decisi di lasciare la band e di formare un nuovo progetto proprio con lui. Noi due abbiamo davvero gusti musicali molto simili e all’epoca avevo anch’io i capelli ricci, quindi eravamo proprio una bella coppia! O meglio, lo siamo ancora adesso ahahahah”…

Cominciammo così a provare insieme e a comporre pezzi con un songwriter svedese. Quando abbiamo avuto un po’ di pezzi pronti, abbiamo cominciato a cercare gli altri membri della band: avevamo già  fatto circa una ventina di audizioni per un cantante, quando finalmente Alex arrivò in studio: era in ritardo quel giorno, ma ci fece comunque un’ottima impressione. Pensavamo avesse il look giusto e un grande potenziale così gli chiedemmo di unirsi alla band. A quel punto l’unica cosa che ci mancava era un bassista. David sembrò una scelta ovvia, poiché io e Marcus lo conoscevamo già  da un po’. L’avevo incontrato solo un paio di volte ma pensavo che fosse un tipo decisamente “cool” e questa è la cosa che piùconta per un bassista rock.

Dopo aver finalmente completato la line up, volevamo pubblicare qualcosa. In quel periodo Avicii era uscito col singolo “Wake Me Up” e pensammo che sarebbe stato divertente farne una versione rock. Registrammo contemporaneamente la canzone ed il relativo video in meno di 24 ore. La cosa migliore, secondo me, che avremmo potuto fare per cominciare la carriera dei Reach: il mattino seguente infatti andai a controllare ed il nostro video aveva già  avuto 10.000 visualizzazioni. Pazzesco!

Questo è un breve riassunto degli inizi dei Reach, il resto è storia!

Come descriveresti i Reach a chi non ha ancora avuto occasione di sentirvi o di vedervi dal vivo?

LUDVIG: Sino ad oggi abbiamo pubblicato un solo album, che contiene un bella manciata di canzoni, tutte in stile hard rock melodico, ma comunque molto diverse fra loro. C’è “Reach Out” che a mio parere è puro melodic rock, mentre in “The Beast” potete sentire qualcosa di diverso: si tratta della canzone piùheavy dell’album e racconta una storia vera, se avete voglia di andare ad ascoltarvi il testo. Il fatto è che i brani di “Reach Out To Rock” sono stati scritti nel corso di tre anni e quindi suonano molto diversi fra loro. Per esempio, quando scrissi il riff di “Coming Home” ero totalmente immerso nell’ascolto dell’album piùrecente di Slash e la cosa mi avrà  probabilmene ispirato.

Parlando delle nostre esibizioni live, facciamo del nostro meglio per dare al pubblico un ottimo spettacolo, ma anche dei brani ben eseguiti. La set list di solito viene decisa prima del concerto, o anche nel corso dello stesso, e può variare di serata in serata anche a seconda della reazione del pubblico ai brani che vengono suonati.

Il vostro primo album mostra una certa influenza nei confronti del grande hard rock degli anni ’80, nonostante il fatto che voi siate tutti poco piùche ventenni. Con quali band siete cresciuti?

LUDVIG: Abbiamo alcune band preferite in comune tra noi: David è un grandissimo fan dei Thin Lizzy ed io e Marcus amiamo Gary Moore e già  questa cosa ci unisce parecchio. Io adoro gli Ac/Dc, esattamente come David. Ovviamente avevamo tutti in casa i poster di Whitesnake, Ozzy, Journey e di tutte le altri grandi bands storiche. E’ difficile fare dei nomi perché ci sono davvero un sacco di ottime band: io amo gli Whitesnake, ma la mia band preferiti in questo momento sono forse i Muse. Alex so che ascolta molto Adam Lambert e altra roba moderna! Credo che tutti noi abbiamo in comune il fatto che non ci piaccia solo l’hard rock, ma che amiamo la musica in generale. E penso che questa cosa ci renda molto aperti in fatto di songwriting.

In “Fortune and Fame” cantate “Farei qualsiasi cosa per il successo e la fama”. Quanto è difficile per una band nuova come la vostra riuscire ad emergere in una scena rock affollata come quella svedese?

LUDVIG: Ahahaha! Sai, dopo aver firmato un contratto che ci ha creato un sacco di problemi, e per uscire dal quale abbiamo dovuto anche sborsare un bel po’ di soldi, abbiamo scritto quel brano colmi di frustrazione. E’ vero, non vi è alcun dubbio che in Svezia vi siano un sacco di band con le quali bisogna sgomitare per avere successo, ma penso che la concorrenza sia una buona cosa perché ti spinge sempre a lavorare duro per ottenere il meglio!

Lo scorso marzo siete stati in tour nel Regno Unito come opening act degli Eclipse e ora avete appena terminato un tour europeo ancora insieme a loro. Sembra che gli andiate davvero a genio. Come siete entrati in contatto con Erik e soci?

LUDVIG: In realtà  ci conosciamo da tempo e abbiamo semplicemente chiesto loro se potevamo fargli da opening act prima per il tour britannico e poi per questo tour europeo. Siamo davvero fortunati a poter aprire i loro concerti, non solo perché sono una delle migliori band nel genere, ma anche perché poter osservare come lavorano puntigliosamente non può che insegnarci davvero molto. E poi penso di poter affermare che andiamo davvero molto d’accordo fra noi. Durante questo tour ci sono state zero discussioni sul bus, siamo stati davvero bene insieme a loro e ora che siamo tornati a casa ci mancano davvero molto! L’unica cosa negativa di andare in tour con gli Eclipse è che, dopo essere tornato a casa, ogni brano che ho provato a comporre risulta essere un rip off di una loro canzone. Non c’è nulla da fare, sono davvero una sorta d’ispirazione per me.

Parliamo un po’ di questo tour europeo: siete soddisfatti della reazione del pubblico? Qual è stato il momento piùentusiasmante e quale quello piùspiacevole?

LUDVIG: Siamo assolutamente elettrizzati per come sono andate le cose. Il pubblico che ha partecipato ai nostri show è stato la cosa migliore in assoluto del tour. I fans del rock melodico sono davvero i fans migliori del mondo! Il momento migliore del tour per me è senza dubbio rappresentato dai due concerti che abbiamo tenuto in Italia, ma io devo ammettere di essere innamorato del vostro paese già  da tanto tempo. Ci sono stati un po’ di problemi a Milano ma alla fine ce la siamo cavata: il supporto che abbiamo avuto dal pubblico quella sera è stato davvero incredibile. L’unico momento difficile è stato quando abbiamo finito le birre lungo la strada per l’ultimo concerto che avremmo dovuto tenere in Germania, ma anche in questo caso alla fine è finita bene!

Nonostante i problemi tecnici nella data di Milano che hai citato prima, nelle due date italiane il pubblico ha mostrato di apprezzarvi davvero parecchio. Tu e Marcus eravate già  stati qui lo scorso anno al Frontiers Rock Festival insieme agli Adrenaline Rush, ma questa è stata la vostra prima volta qui come Reach: come vi siete trovati?

LUDVIG: Come ti ho detto, Italy Rocks”… I disguidi tecnici che si sono manifestati a Milano ci hanno fatto capire quanto grande sia stato l’affetto che la gente del posto ha dimostrato nei nostri confronti. Quando abbiamo lasciato il palco convinti che non avremmo potuto suonare quella sera, il pubblico ci ha acclamati comunque, tanto che mi sono commosso. E’ stato bellissimo. Trieste è stata un’altra data pazzesca, incredibile. Non hai idea di quanto vorrei tornare a suonare in Italia a supporto al nostro secondo album.

Siete già  al lavoro sul nuovo album? Cosa dobbiamo aspettarci? Avrà  le stesse sonorità  di “Reach Out to Rock” oppure proverete qualcosa di diverso?

LUDVIG: Sì, ci stiamo già  lavorando! “Reach Out To Rock” è stato un album divertente da realizzare e ne andiamo fieri, ma proveremo a fare qualcosa di differente per il prossimo album, pur rimanendo ovviamente dentro i confini del Rock’n’Roll. Non posso davvero dirti cosa dovrete aspettarvi, poiché le canzoni scritte sinora suonano molto diverse una dall’altra e stiamo ancora lavorando per cercare di assemblarle al meglio. Sarà  sicuramente qualcosa di nuovo, questa è l’unica cosa della quale sono sicuro!

In questo tour avete spesso chiuso i concerti con la vostra spettacolare versione rock di “Wake Me Up” di Avicii. Da chi è venuta l’idea di proporla? Ci sono altri artisti o canzoni al di fuori dei classici confini rock che vi piacerebbe omaggiare con una cover?

LUDVIG: L’idea di fare una cover è stata una cosa che abbiamo deciso di comune accordo e poiché “Wake Me Up” in quel periodo era l’hit del momento siamo stati tutti concordi sul fatto che sarebbe stato un bel pezzo da proporre alla nostra maniera. Abbiamo pensato anche di suonare una cover di “Hey Brother”, sempre di Avicii, ma per ora una è piùche sufficiente. Preferiamo scrivere brani nostri e, per quanto sia divertente trasformare un pezzo R’n’B in un pezzo Rock‘n’Roll, non vogliamo essere conosciuti come una cover band. Non voglio dire che non faremo mai piùuna cover, ma per ora vogliamo concentrarci nella realizzazione del nostro secondo album e nello spingere la “nostra” musica il piùlontano possibile!

C’è una band con la quale ti piacerebbe dividere il palco una volta nella vita?

LUDVIG: Con la nostra”… Non so gli altri, ma se dovessimo un giorno avere l’occasione di aprire per gli Whitesnake sarebbe per me una cosa assolutamente fantastica!

Quanto siete soddisfatti di essere appena stati aggiunti al bill del prossimo Và¤sby Rock Festival? Secondo me si tratta di uno dei migliori festival in assoluto, grazie ad una splendida atmosfera, determinata dal fatto che si tratta di un festival fatto da fans per i fans, un vero e proprio Rock’n’Roll Party. Sei d’accordo con me?

LUDVIG: Sono totalmente d’accordo con te! Il Và¤sby Rock Festival è il mio festival preferito fra tutti quelli svedesi ed ho avuto il privilegio di suonarci negli ultimi due anni. Sono davvero contento che i Reach siano stati aggiunti al bill della prossima edizione. Sarà  lo show dell’anno!

Qualche anno fa tu hai partecipato a The Swedish Idol, così come ha fatto anche Erik Grönwall degli H.e.a.t. Cosa pensi dei talent show? Possono davvero essere una buona opportunità  per crearti uno spazio nel mondo della musica o costituiscono solo una grande illusione?

LUDVIG: Per me si tratta sia di un’opportunità  che di un’illusione. Io non sono un cantante, sono un chitarrista e ho deciso di partecipare pensando che sarebbe stato divertente se fossi riuscito a suonare per una volta alla TV nazionale. Non mi sarei mai aspettato di piazzarmi al quarto posto! Il fatto è che io avevo già  iniziato la mia carriera prima della mia apparizione a The Swedish Idol, pertanto il mio futuro nel mondo della musica non dipendeva da esso. Se tu vai a The Idol sperando che questo ti spedisca dritto nella Hall Of Fame stai solo sognando: alla fine tu devi eccellere come artista, compositore e personaggio. Un talent show ti può rendere famoso per un po’ ma non fa di te un artista, devi riuscirci da solo. Erik ce l’ha fatta, io ci sto ancora provando!

Su “Make Me Believe” ti esibisci in uno splendido ed emozionante assolo di chitarra. Di quali guitar heroes avevi il poster appeso in camera da ragazzino?

LUDVIG: Ti ringrazio davvero! Gary Moore è stata la mia piùgrande influenza come chitarrista. Ci sono davvero un sacco di ottimi chitarristi in giro oggi, così come ce ne sono stati tanti anche in passato, ma senza ombra di dubbio Gary Moore è quello che mi ha ispirato piùdi tutti.

Come vorresti congedarti dai vostri fans italiani, Ludde?

LUDVIG: Italia”… Se si potessero inviare baci via e-mail ne ricevereste dieci da ognuno di noi! We love you! Ci vediamo presto. Grazie davvero Andrea e grazie a LongLiveRockNRoll.it!

 

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