Domenica 14 luglio 2024 siamo a Porretta Terme, piccola cittadina a cavallo tra l’Emilia e la Toscana, nel fresco dell’appennino, in cui ha trovato casa, il festival più progressivo d’Italia, ovvero il Porretta Prog Legacy.
Headliner dell’ultima serata di questa edizione, saranno i polacchi Riverside. La prog band polacca, partita da Varsavia nel lontano 2001, in tutti questi anni si è affermata nel panorama musicale riscuotendo sempre giudizi molto positivi da tutta la critica, come per l’ultimo album prodotto nel 2023 che la band sta portando in giro nel suo tour.

 

Evelyn Roger

Ad aprire questa giornata, sono i romani Evelyn Roger. La band, da poco inserita nella Soundsrock Agency, propone un heavy metal, con sonorità tipicamente anni 80 ma suonate e riadattate al presente. Le parti vocali sono eseguite in italiano, alternando il grind al clean e qualche spazio a momenti di narrativa
Con un unico album in studio all’attivo, per il momento, gli Evelyn hanno suonato il loro set di circa un ora, sapendo coinvolgere un pubblico, al momento non molto numeroso e poco partecipe, grazie all’apprezzabile abilità di sfruttare a proprio vantaggio, lo spazio vuoto tra spalti e palco, lasciato da una pedana, usata probabilmente per proteggere i cavi che dal mixer giungono al palco.

 

Methodica

Pochi istanti per riallestire il palco in favore della prossima band, la formazione veronese dei Methodica. A differenza dei più giovani Evelyn, i Methodica sono una band, la cui storia parte dal lontano ’96, arrivando fino ad oggi dopo vari cambi di line up, oltre ad un grave infortunio accaduto al batterista Marco Piccoli, che li costrinse a mettere in pausa l’attività live fino alla sua completa guarigione.
Il progressive rock / metal dei Methodica, acquisisce la struttura odierna, con l’ingresso del carismatico cantante Massimo Piubelli e dal chitarrista Marco Ciscato.
Nel loro sound, si sente una sapiente commistione di generi, la chitarra ha un suono corposo e moderno, nelle belle linee vocali si fa largo uso di loop e cori preregistrati che rendono l’esecuzione del cantante piena e accattivante. La sezione ritmica, basso e batteria, molto solida e groovy, noi dagli spalti apprezziamo l’ottimo recupero fisico del batterista che ha suonato le sue parti con estrema precisione e potenza.
Anche loro come i precedenti Evelyn Roger, sfruttano lo spazio della pedana per 2 avvicinarsi al pubblico, trovando la giusta connessione ed interazione. Un ora circa di live anche per loro, suonati magistralmente, che ci porta al secondo break.

 

Inner Vitriol

È il turno degli Inner Vitriol, che provenendo da Bologna se la giocano quasi in casa.
La formazione, composta da Gabriele Gozzi alla voce, Michele Di Lauro alla chitarra, Francesco Lombardo al basso e Michele Panepinto alla batteria, è annoverata fra le più interessanti proposte progressive metal, il loro album del 2012, “Into The Silence I Sink” fu classificato all’ottavo posto sul ranking dei 50 migliori album metal di quell’anno.
Suonando in tour in Italia ed in Europa, hanno aperto per giganti del metal come Dream Theater, Pain Of Salvation, Soen, Evergray e molti altri, per arrivare alla data di stasera con i Riverside.
Sul palco spicca da subito la presenza scenica del chitarrista Di Lauro, si presenta scalzo, una scelta che probabilmente ha a che fare con una maggiore praticità nel richiamare gli effetti nella sua pedalboard, un’abitudine che mi rimanda la memoria a Steven Wilson, ma l’attitudine di Michele Di Lauro è decisamente più heavy dell’aplomb british del super compositore e front man dei Porcupine Tree.
Il cantante è l’ultimo a salire sul palco, tutta la sua esperienza, maturata in tanta attività live, la possiamo chiaramente sentire attraverso la sua impeccabile vocalità ed alla gestione dei tempi tra un brano e l’altro, intrattenendo con ironiche battute, atte a stemperare un pò anche la tensione dei brani. Si perché, le loro sonorità si affacciano sempre su un progressive rock/metal ma a tinte più dark, e ne è esempio anche la particolare cover di “Impressioni di Settembre” della PFM.
Quando anche per loro giunge il tempo per l’ultimo pezzo, nel frattempo è calata la sera, le luci illuminano i loro ultimi passaggi, mentre ci salutano annunciando gli headliner.

 

Riverside

Quella dei Riverside, è senza dubbio una delle realtà più interessanti nel panorama prog degli ultimi 20 anni. Spesso oggetto di paragoni, talvolta troppo azzardati come ricorda lo stesso frontman Mariusz Duda, quando dissente nell’accostamento a band tipo i Dream Theater, potremmo più facilmente collocarli in un contesto di mezzo tra progressive rock e metal, più simili ai Porcupine Tree di “Fear Of A Blank Planet” e “Signify”.
“#Addicted” è il primo brano in scaletta, il pezzo parte con un groove dritto in 4/4 in cui spicca notevolmente il basso di Duda, la melodia è malinconica (come del resto molte delle loro composizioni), come di fatto il testo, che riflette l’illusione delle connessioni sociali virtuali.
Duda coglie l’occasione per una breve pausa, introducendo i componenti della band, ironizzando sui nomi trasformandoli in italiano e giocando un pò col pubblico, dopodiché la rullata di Piotr Kozieradzki fa partire “02 Panic Room”, in cui il ritmo rimane ancora ben cadenzato e ancorato ad un beat dritto.
L’atmosfera è distesa e conviviale, sarà anche la poca affluenza di pubblico e la dimensione di questo festival, che favorisce una frequente interazione del sempre ironico Mariusz (o Mario, come precedentemente presentato). Con “Landmine Blast” arriva il primo brano suonato dall’ultimo album ID.Entity, pezzo decisamente più prog dei precedenti, in cui viene nuovamente messa in discussione l’odierna società, ormai polarizzata e isolata.
Si prosegue con “Big Tech Brother” dal massiccio e articolato fraseggio iniziale, “Lost (why should I be frightened by a hat)” ancora presa da ID.Entity, “Left Out” nel quale Mariusz si improvvisa direttore d’orchestra facendoci cantare l’epico chorus del brano. “The Place Where I Belong” ed il singolo “Friend or Foe?” ennesimo monito verso una società standardizzata e omologata che induce il soggetto a neutralizzare la propria individualità per compiacere, chiudono la sequenza di brani eseguiti dall’album ID.Entity, per poi regalarci sul finale la romantica ed emozionante “Conceiving You” dal secondo album Second Life Syndrome.
Un live non particolarmente lungo ma intimo, una bella occasione per essere letteralmente al cospetto di una grandissima band che ha saputo crearsi il suo posto nell’olimpo del progressive rock con coerenza e passione, peccato per la venue che forse non è particolarmente adatta a questo tipo di eventi, considerando che il Rufus Park è inserito all’interno di un contesto abitativo che ne delimita i confini, limitando probabilmente le performance di band più heavy.

 

Lucilla Sicignano

SETLIST:
#Addicted
02 Panic Room
Landmine Blast
Big Tech Brother
Lost (Why Should I Be Frightened By a Hat)
Left Out
The Place Where I Belong
Friend or Foe ?
Conceiving You

Testo di Lucilla Sicignano
Foto di Marco Lambardi

 

 

 

 

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