Il cantautore e compositore Rufus Wainwright fa tappa con il suo tour nella splendida cornice del Teatro Romano di Fiesole il 20 luglio 2024.

Rufus entra in scena indossando una vistosa giacca in broccato argento con uno stile molto eccentrico e salutando il pubblico, siede al pianoforte, rigorosamente Steinway & Sons, aprendo la serata con “Agnus Dei” e continuando ad affascinare per circa un’ora e mezza un pubblico esiguo, ma molto partecipe e composto in prevalenza da anglofoni.

La voce vibrante e potente di Rufus riempie il teatro, le sue canzoni sono emozionanti e cariche di pathos. Dotato di straordinaria abilità compositiva ed esecutiva, Rufus, passa facilmente ed abilmente dal pianoforte alla chitarra durante il suo set e nelle pause ci racconta dei suoi progetti recenti e imminenti, incluso il suo undicesimo album in studio “Folkocracy” del 2023 che è stato nominato per i Grammy Awards ed un musical realizzato a Londra “Opening Night”.

Alcuni suoi pezzi sono intrisi di latente malinconia come “Vibrate” e la contemplativa “Peaceful Afternoon” dove il suo stile cantilenante brilla particolarmente. Prima di eseguire la successiva canzone,“Gay Messiah”, Rufus ci ricorda con tono ironico un episodio di contestazione di questo brano che cantò anche al Festival di Sanremo, dove lui era ospite nel 2014 e fu accusato di blasfemia da alcuni Papaboys. Ed è da questo episodio, che si autodefinisce scherzosamente “Rufus scandaloso”, in italiano, facendo sorridere tutta la platea.

Si continua con “Old Song” ed “Early Morning Madness” dall’album del 2020 “Unfollow the Rules”. Esegue, poi una cover commovente di “So Long Marianne” di Leonard Cohen e prepara il finale in grande stile con “Poses”, autentico gioiello del 2001 e l’immancabile “Cigarette and Chocolate Milk”, fino ad arrivare all’encore con “Going to a Town” in cui ribadisce con intensa poesia il potente messaggio di frustrazione e amarezza nei confronti della civiltà americana “Sono stanco di te America”, per concludere con una maestosa e splendida “Hallelujah”.

 

Testo di Lucilla Sicignano
Foto di Marco Lambardi

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