Uno dei regalini dell’emergenza planetaria che abbiamo vissuto negli ultimi due anni è il dover usare un biglietto datato 10 novembre 2020 il 13 ottobre 2022, il fatto che a doverlo usare sia il vostro corrispondente da Los Angeles in visita temporanea nel bel paese rende il tutto ancora più surreale, ma tant’è, ci siamo abituati a ben altro.
Correva il 2020 e il gruppo dei fratelli Robinson annunciava l’ennesima reunion (dopo non essersi rivolti la parola per 5 anni) sull’onda dei successi delle altre resurrezioni musicali che andavano, e vanno, tanto di moda.
La California era tappezzata da cartelli pubblicitari e l’evento pareva superare in curiosità persino “l’ultimo” tour dei Motley Crue (no dai ragazzi, davvero, questa è l’ultima volta, giurin giurello).
Evento che non mi lasciò affatto indifferente essendo un fan attivo della southern band di Atlanta e, come tanti, mi preparavo a gustarmi quei 90 minuti di suoni caldi e voce unica che hanno allietato gli anni della mia maturazione.
Come ben sappiamo un organismo 600 volte più piccolo del diametro di un capello ha ucciso come una guerra e messo in ginocchio il globo (per lo meno dal punto di vista degli umani) dando il colpo di grazia a un già sofferente mercato musicale, credetemi se vi dico che fior di musicisti e turnisti che avete visto su palchi pantagruelici sono ora costretti a vendere l’anima al diavolo per pagare l’affitto.
La produzione dei Black Crowes prevedeva un mastodontico spettacolo e date in ogni angolo del pianeta, tutto era pronto per conquistare i 5 cinque continenti quando l’imprevedibile lasciò tutti a casa, artisti e pubblico.
Due anni di delirio e si riaprono le porte dei palazzetti, ma l’iniziale entusiasmo ormai è inevitabilmente scemato, per esempio a Milano la location passa dal Forum di Assago con 13.000 posti disponibili al club Alcatraz con appena 3.000
Entriamo quindi nel club molto carino della città da bere e facciamo conoscenza con gli olandesi DeWolff, che non conosco assolutamente, scelti per accompagnare ogni data nel vecchio continente.
Anche qui abbiamo due fratellini, ma di età decisamente più mite dei Robinson: un chitarrista cantante, un vero organo Hammond (alleluia) e una batteria. La scelta di non avere un bassista è voluta e a dirla tutta mi un po’ mi spaventa.
Il fatto che io mi spaventi con poco viene certificato dallo schiaffo sonoro che ricevo dai giovanotti della terra dei tulipani che fanno dimenticare l’esistenza di quello strumento.
Il mio tentativo di evitare di sviolinare troppo per non apparire facilmente impressionabile fallisce miseramente perché se non provi amore immediato per i tre biondini è perché un cuore non ce l’hai: ritmi serrati, tecnica da navigati professionisti, sound da urlo e canzoni da cantare a squarciagola.
Un southern molto rock con voce caldissima e virtuosismi del chitarrista Pablo van de Poel che vanno oltre ogni aspettativa. Onestamente avere da spalla un gruppo simile ti mette un po’ spalle al muro, o fai lo spettacolo del secolo o rischi di farti fregare il lavoro.
Non conosco i loro dischi ergo mi sono documentato e ho ascoltato i brani solo una volta a casa.
Seppur molto lontani dalla terza età han pubblicato molti dischi dei quali l’ultimo, Tascam Tapes, del 2020.
Partono con Night Train e Made it to 27 intervallando con simpatiche conversazioni e sciabolate di chitarra che, lontano da freddi e (diciamocelo) patetici virtuosismi, scaldano l’anima e coinvolgono in un tappeto sonoro da pianura americana e pickup a carburatori.
Si finisce con Deceit & Woo e il vostro relatore che scalcia per poter andare a comprare il cd, i biondini hanno appena trovato un loro fan sfegatato.
Si riempie a capacità massima il club meneghino mentre compare il telone col fumetto, il tempo di protestare per il ritardo e inizia lo show incentrato sull’esecuzione dell’intero album “Shake your money maker”, scelta opinabile, ma sicuramente un disco storico.
Ovviamente si parte con Twice as Hard, uno straclassico, e si nota immediatamente l’assenza di scenografie complicate e annesso intrattenimento non sonoro, solo 5 musicisti e due coriste, solite luci colorate e sound che si aggiusta man mano durante la serata (“e te pareva” è già stato detto?).
Seconda hit da briscola di prima mano con Jelous Again che cantano anche i muri, una voce non ancora caldissima anch’essa destinata a migliorare durante la serata.
Si calmano gli animi con Sister Luck a una velocità persino inferiore dell’originale e qualcos’altro che non mi soddisfa al 100%.
Sia chiaro, esecuzione impeccabile, suoni ricchissimi, ma pare proprio non regni l’allegria sul palco, che abbiano litigato sul tour bus o semplicemente non siano interessati a godere del proprio mestiere non è dato sapere.
Arriva la cover di Otis Redding, Hard to Handle, decisamente irresistibile con Chris Robinson che pare sia l’unico ad aver capito che si tratti di intrattenimento, non di timbrare il cartellino e sperare di finire la giornata di lavoro il più presto possibile per tornare al sudoku sul divano.
Il disco finisce quindi abbiamo bisogno di canzoni tratte da altri lavori per cui Soul Singing, Thorne my pride e la meravigliosa Remedy del 1992 chiudono il setlist in attesa dei bis.
Scopro ben presto che “i bis” sono in realtà “un bis”, un misero Good Morning Captain lanciato come noccioline a un primate per farlo stare bravo.
Che dire, bravi eh, ma anche scarni, immobili, freddi, senza fronzoli (che in questo caso non è affatto un complimento) e poco comunicativi.
Spetta che rimetto su il disco dei DeWolff, anche se, damn, un basso ci starebbe anche bene…
Buio.
DEWOLFF SETLIST
Night Train
Made It to 27
Yes You Do
Sugar Moon
Double Crossing Man
Treasure City Moonchild
Deceit & Woo
BLACK CROWES SETLIST
Twice As Hard
Jealous Again
Sister Luck
Could I’ve Been So Blind
Seeing Things
Hard to Handle
Thick n’ Thin
She Talks to Angels
Struttin’ Blues
Stare It Cold
Soul Singing
Oh! Sweet Nuthin’
Wiser Time
Thorn in My Pride
Remedy
ENCORE
Good Morning Captain
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