Per la prima volta tutte le canzoni scritte da Jeff Buckley e Gary Lucas, inclusi cinque inediti, riunite nel nuovo progetto discografico di The Niro, “The complete Jeff Buckley and Gary Lucas Songbook”, con l’eccezionale collaborazione di Lucas.

I dodici brani di “The complete Jeff Buckley and Gary Lucas Songbook”, usciti il 4 di Ottobre, per Esordisco records sono firmati da Jeff Buckley e Gary Lucas. “No One Must Find You Here”, “Story Without Words”, “In The Cantina”, “Distorsion” e “Bluebird Blues”, compaiono per la prima volta in un disco registrato in studio ed è proprio The Niro a inciderle insieme a Lucas.

Dopo l’anteprima mondiale dello scorso luglio a Villa Ada (a cui ero presente), arriva il momento della data romana del tour di “The complete Jeff Buckley and Gary Lucas Songbook”, uscito il 4 ottobre per l’etichetta Esordisco. L’album è composto da dodici brani composti da Jeff Buckley – di cui cinque mai registrati precedentemente – cantati da The Niro e suonati insieme a Gary Lucas, chitarrista a dir poco leggendario… termine stra-abusato, ma quanto mai doveroso in questo caso. Impossibile ricordare tutte le sue numerose ed eterogenee collaborazioni, mi limito solo a fare un elenco delle principali: The Magic Band di Captain Beefheart, Lou Reed, John Cale, Nick Cave, John Zorn, Bryan Ferry, Patti Smith, Damo Suzuki (Can), Iggy Pop, Allen Ginsberg, Chris Cornell (Soundgarden), Peter Hammill (Van der Graaf Generator) e appunto Jeff Buckley.

Dicevamo dell’album: chiunque può farsi la propria idea sull’utilità  di un’operazione del genere, e soprattutto sulla sua onestà  intellettuale. La suddetta onestà  mi porta a chiedermi a chi possa convenire l’uscita di un disco del genere. La risposta è facile da intuire. Sapendo già  cosa aspettarmi, non perdo comunque l’occasione di riascoltare delle grandi canzoni e soprattutto Gary Lucas dal vivo.

Per l’occasione trovo il Monk trasformato in un teatro: file di posti a sedere (mai visti prima in questo locale), e circa 120 persone in sala. Inutile commentare il repertorio trattandosi sostanzialmente di cover, preferisco concentrarmi sull’impatto delle stesse e sulla prestazione dei musicisti.

The Niro tenta di non ricalcare lo stile vocale di Jeff Buckley, cercando di metterci del proprio, ma non riesce a convincermi: la sua voce proprio non mi piace, anche se meno fastidiosa rispetto al disco. La trovo poco profonda e poco espressiva.

In generale è proprio il personaggio in sé a lasciarmi dei dubbi: sembra di trovarsi di fronte al classico radical chic uscito dal Pigneto o simili, sia per look che per modo di fare. Opinione personale ovviamente, e tale rimane.

Gary Lucas invece strappa applausi a scena aperta: il suo utilizzo della mano destra (rigorosamente senza plettro) è a dir poco magistrale, per non parlare del tocco e del feeling. Il suo senso del ritmo e la sua scelta di note sono a dir poco sorprendenti, anche dopo tanti anni in giro per il mondo. Peccato che la sua Stratocaster faccia i capricci, costringendo il nostro a lunghe pause tra una canzone e l’altra per accordarla.

Alla fine dei conti, l’ora e quaranta di set scorre senza particolari sussulti ed è sempre un piacere riascoltare “Grace”, tra le altre cose. Certo, avrei preferito riascoltare Gary Lucas in ben altro contesto musicale, ma tant’è.

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