Tra le centinaia di band che popolano il sottobosco della scena underground made in Sweden, ho sempre particolarmente apprezzato la proposta musicale di questi Casablanca, esordienti nel 2012 con un album (“Apocalyptic Youth”) ricco di riferimenti al sound di band quali KISS, Starz, Thin Lizzy e Cheap Trick, bissato poi due anni dopo dall’altrettanto valido “Riding A Black Swan”, in cui le radici musicali prettamente settantiane del gruppo venivano ad essere arricchite dai colori delle melodie catchy tipiche dell’hard rock glitterato del decennio successivo.

Dopo essersi amichevolmente separati dalla loro punta di diamante, ossia il chitarrista Ryan Roxie (troppo coinvolto dai suoi impegni con la band di Alice Cooper per potersi dedicare a tempo pieno anche a questo progetto), nonché dall’altro chitarrista Erik Stenemo, i Casablanca tornano sul mercato con il loro terzo album, sicuramente il loro lavoro ad oggi piùambizioso: stiamo parlando infatti di un concept ispirato alle opere letterarie di H.P. Lovecraft rivisitate in chiave moderna.

Protagonista principale della storia, ambientata nell’immaginaria Miskatonic University dell’universo Lovecraftiano (presente in particolare nei racconti del Mito di Cthulhu) è The Phantom, interpretato dal cantante Anders Ljung (anche autore dell’intero concept). Bizzarra figura a metà  strada tra personaggio mitologico e rockstar alla Ziggy Stardust, unico sopravvissuto degli abitanti originari della Terra, The Phantom ha deciso di ritornare dal passato per preparare gli umani ad affrontare la malvagie creature aliene (The Old Ones) pronte ad uscire dalle tenebre per reimpossessarsi del pianeta; ad affiancarlo in questa missione disperata ci sono il suo braccio destro Sgt. Doom (il nuovo chitarrista Erik Almström, ex-Bullet) ed i due studenti Matt e Josie (il bassista Mats Rubarth e la batterista Josephine Forman).

Il racconto, anziché incentrarsi su temi da terrore cosmico, evidenzia principalmente come, anche in situazioni disperate come quella qui descritta, sia necessario rimanere forti e continuare a vivere la propria vita con passione, senza abbandonare i propri sogni, siano essi legati all’amore, al sesso, al rock o alle macchine veloci.

La storia, per quanto affascinante, è piuttosto complicata per essere racchiusa in poche righe, pertanto passiamo a dedicarci all’analisi della musica e dei brani che sono stati composti per legare la trama del concept. Viste le tematiche horror-fantascientifiche che fanno da sfondo alla storia, mi sarei aspettato un approccio musicale piùoscuro rispetto ai precedenti lavori: in effetti gli oltre dieci minuti del brano di apertura “Enter The Mountain”, diviso in tre atti, sembrerebbero confermare questa ipotesi, grazie ad un andamento notturno ed inquietante, con alcuni passaggi riecheggianti la splendida “I Still Love You” dei KISS; anche la successiva “Closer” (per la quale è stato pubblicato un video in stile “The Blair Witch Project”, che potete vedere qui) si muove su coordinate insolite per la band, con un coro aggressivo, in cui la voce di Ljung si fa acida e cattiva sino a ricordare molto quella di Jesper Binzer dei D.A.D., e con passaggi di hammond che regalano alla storia la giusta dose di angoscia.

La parte centrale del disco si apre con l’intrigante e malinconica melodia di chitarra che fa da filo conduttore del brano “This Is Tomorrow”, riportandoci sui binari piùconsoni alla band, sia pur inframmezzati da strofe che ricordano ancora i D.A.D. piùcazzuti. L’atmosfera si distende ulteriormente con la semi power ballad “My Shadow Out Of Time”, ricca di influenze del rock psichedelico anni 70, e con il piacevole hard rock melodico di “RE: Old Money” e “Sister” che sembrano provenire direttamente dai loro precedenti lavori.

Name Rank Serial Killer” è accompagnata da sonorità  di chitarra country punk che non possono non ricordare i primi due lavori dei D.A.D., mentre la title track è uno degli episodi piùriusciti, grazie a ricercate melodie vocali che ci hanno rimandato agi indimenticati White Lion. La delicata lullaby “She Was The One” introduce il drammatico finale in tre atti di “Exit The Mountain”, in cui i vari passaggi riescono malinconicamente a descrivere come i nostri, paragonati ai Rivoluzionari francesi del 1789, si preparino ad affrontare il nemico in una battaglia finale senza alcuna speranza di successo.

In conclusione, si tratta di un’opera sicuramente pretenziosa, ma comunque accompagnata da composizioni all’altezza, forse solo un po’ meno immediate e accattivanti del solito e che pertanto necessitano di ripetuti ascolti per poter essere apprezzate nella loro interezza. Siamo sicuri che, in un epoca frenetica come la nostra in cui il mordi e fuggi ha contagiato pure le modalità  di usufruire della musica, si tratti della mossa giusta per conquistare una fetta maggiore di pubblico? O c’è il rischio che quest’album non venga considerato e finisca presto nel dimenticatoio? Ai posteri l’ardua sentenza, ma “Miskatonic Graffiti” non meriterebbe una fine così poco gloriosa.

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Tracklist:

  1. Enter The Mountain   (Act I ”“ Phantom At The Gates Of Dawn;   Act II ”“ Genesis/Nemesis?;  Act III ”“ Showdown At The MCU)
  2. Closer
  3. This Is Tomorrow
  4. My Shadow Out Of Time
  5. RE: Old Money
  6. Sister
  7. Name Rank Serial Killer
  8. Miskatonic Graffiti
  9. She Was The One
  10. Exit The Mountains (Act I ”“ Inbetween spaces;  Act II ”“ Armies Of The Night;  Act III – 1789)

 

Band:

Anders Ljung – voce

Erik Almström – chitarra

Mats Rubarth – basso

Josephine Forsman – batteria

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All you need to know about me is that I was born and raised on Rock 'n' Roll. We'd better let the music do the talking, as Joe Perry used to say...

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    roger fransson Reply

    Bass player Mats Rubarth used to be a very good football player. He played in AIK which is one of the 2-3 biggest clubs in Sweden.He made 1 international appearance for sweden.

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