I Wake Arkane hanno da poco pubblicato il loro ultimo album “Awakenings”, disco che ho molto apprezzato e del quale vi ho parlato recentemente attraverso la sua recensione.

Successivamente, ho avuto l’occasione di scambiare quattro chiacchiere con la band, che attraverso l’intervista che vi propongo di seguito, ci dà modo di entrare più in profondità nel loro mondo, tutt’altro che banale, caratterizzato da umanità, pathos e teatralità.

Wake Arkane sono:

  • Mike Lunacy – voce
  • Riccardo Rebughini – chitarra, piano, cori
  • Andrea Grumelli – basso
  • Chicco De Zani – batteria
  1. Ciao, benvenuti su Long Live Rock’N’Roll. Partiamo chiedendovi una presentazione: come nascono e chi sono i Wake Arkane?

Chicco De Zani: ciao ragazzi!

I Wake Arkane nascono a Milano nel 2010 come evoluzione dei The Wake, death metal melodico di stampo “The Gallery”.

Wake Arkane è il marchio di un progetto evoluto, che in “The Black Season”, il nostro primo album, trova la sua forma e anima finale.

Nel tempo hanno prestato le loro arti vari musicisti e compositori. Ricky Rebughini e Chicco De Zani sono i membri che tutt’ora, dall’inizio, portano avanti il progetto.

Oggi completano la formazione due risorse eccezionali, Andrea Grumelli al basso e Mike Lunacy (noto ai più come fondatore degli storici Dark Lunacy) alla voce narrante.

Questo nuovo capitolo dei Wake Arkane ha prodotto “Awakenings”, il secondo album, nato dopo anni di incontri sulle colline Emiliane, dove siamo soliti isolarci per condividere idee e ispirazioni (se ne trovano molte sul fondo delle bottiglie di Gutturnio).

È questo l’ambiente ideale per generare due colonne portanti della nostra missione: umanità e pathos.

  1. Come nasce il vostro nome?

Chicco De Zani: ho riflettuto a lungo per rispondere ai tanti che ci fanno questa domanda.

Proprio poco prima dell’ultimo Natale pensavo al significato che i cristiani danno a questo evento, la veglia.

È l’attesa e la preparazione spirituale all’avvento.

Quanto all’arcano, citando Leopardi, “è tutto fuor che il nostro dolor; anche di ciò che per la segretezza o il mistero in cui si avvolge è motivo di fascino o di attrazione.”

Mi piace pensare che Wake Arkane rappresenti l’attesa, e la preparazione, alla nascita di ogni idea che la band partorisce. Sia un riff, un testo, un evento live. Il percorso di genesi dà il senso stesso al nostro esistere.

Dopodiché non resta che contemplare il mistero della musica e dell’arte, da cui ogni ascoltatore che ne entri in contatto trarrà il suo intimo significato.

Questa è una nuova genesi che è indipendente da noi, ma da noi contemplata, perché l’arte ha questa incredibile magia.

È un mistero, a volte affascinante, altre nefasto, perché nessuno controlla il suo significato più intimo, né chi la crea, né chi ne fruisce.

  1. Proponete un Metal caratterizzo da diverse sfaccettature. Potrei definirlo un death metal progressivo e melodico. Vi ritrovate? Quali sono le vostre influenze? Voi come definireste il vostro sound?

Ricky Rebughini: sì, il nostro sound è il risultato delle influenze dei vari membri, che confluiscono poi a creare il sound Wake Arkane.

Noi lo definiamo progressive – aggressive Metal che poi è un altro modo di dire diversamente death metal progressivo e melodico, quindi ci ritroviamo appieno nella tua descrizione.

Le influenze principali in ambito metal pescano chiaramente da tutto lo Swedish Death Metal degli anni ‘90 (Dark Tranquillity, At the Gates, In Flames, Opeth), mischiate ai gusti personali che vanno dal Metal estremo al Jazz, dal rock Progressivo al Metal classico.

  1. Avete dei gruppi di riferimento o ai quali vi sentite particolarmente affini? 

Andrea Grumelli: direi che in Awakenings si trovano molte sfaccettature del metal. In alcuni brani le atmosfere di Paradise Lost, Moonspell, Katatonia, in altri emergono maggiormente i suoni progressivi di Evergrey, Dream Theater, Opeth, Edge of Sanity, la malinconia nordica degli Swallow the Sun; il tutto condito di abbondante pathos che credo sia l’elemento principale del sound della band.

  1. Cosa ascoltano più spesso i Wake Arkane nel loro tempo libero? 

Ricky Rebughini: ognuno di noi ha gusti molto eterogenei, ascoltiamo dal jazz al metal più estremo passando per il rock anni ‘70 – ‘80, insomma tutto ciò che può portarci ispirazione e ci emoziona.

A volte personalmente faccio anche periodi a non ascoltare musica, per “ripulire” le orecchie e il cervello e spesso da questi silenzi nascono delle ottime idee per dei brani.

  1. Avete appena pubblicato il nuovo album che si intitola “Awakenings”. Ho avuto il piacere di ascoltarlo e di recensirlo. È un concept album che si sviluppa attorno ad un racconto scritto da Mike Lunacy. Come nasce l’idea? Cosa volete trasmettere attraverso la narrazione e la musica di questo disco? 

Mike Lunacy: in caratteri generali, lavorare ad un disco partendo da un concept, è una prerogativa del nostro modo di concepire e successivamente sviluppare il progetto.

Creare una storia nero su bianco come se fosse un vero e proprio racconto, ti consente di avere una linea ben definita in fase di stesura sia musicale che lirica.

Un sentiero immaginario che percorri realmente, dandoti la giusta ispirazione nello scrivere i testi che vanno a descrivere i vari capitoli che si susseguono mentre la musica ne diventa la sua naturale colonna sonora.

Entrando nel dettaglio di Awakenings, il concept è nato dall’ambizione di mettere in musica una storia che ho sviluppato partendo da un’ispirazione a cui pensavo da diversi anni e che solo i Wake Arkane, capaci di entrare nel mood dei miei deliri, hanno saputo cogliere.

Riassumendo Awakenings in poche righe, potremmo dire che stiamo parlando di un mondo immaginario che attinge dalla più cruda realtà.

Arriverà il giorno in cui dovrai fare davvero i conti con te stesso? E se ti fosse data un’altra possibilità, saresti in grado di imparare dagli errori fatti, oppure la fragilità che determina da sempre il tuo carattere ti indurrà comunque nei soliti errori?

Mr. Wake, il protagonista di questa storia, ci parla della sofferenza interiore causata dal frutto dei propri errori. Poiché è mia convinzione che, la nostra sofferenza sia il frutto della nostra stessa fragilità… e queste non le potrai mai cambiare.

Anche se l’esperienza ti potrebbe venire in aiuto, molto spesso, l’insieme delle nostre debolezze e delle nostre chimere, ti indurranno comunque a ripetere gli stessi errori.

  1. Come si sviluppa in genere il vostro processo creativo e compositivo? Siete molto metodici o lasciate più spazio all’improvvisazione? Solitamente nascono prima le parole o la musica? 

Ricky Rebughini: spesso lavoriamo su musica e testi in modo parallelo. Io e Andrea periodicamente ci troviamo a lavorare su delle idee di brani più o meno completi, ispirati dal capitolo del concept di Mike, sul quale stiamo lavorando, che vengono sviluppati e rifiniti con il supporto di Chicco e Mike.

Queste idee danno ispirazione a Mike che si trova ad adattare dei testi che ha già iniziato, o in altri casi, scrive appositamente sulle bozze musicali che gli inviamo.

  1. Ci sono band che preferiscono la fase compositiva e in studio, altre che prediligono esibirsi dal vivo. A voi cosa regala più soddisfazioni? 

Ricky Rebughini: sono due facce della stessa medaglia. In studio la cosa più divertente ed appagante è quella di plasmare i brani a seconda delle proprie idee e poter provare diverse combinazioni e arrangiamenti fino ad ottenere quella che più soddisfa l’orecchio, sempre con il giusto pathos.

A volte tuttavia il lavoro in studio può sembrare un po’ fine a se stesso se non viene poi portato live e condiviso col pubblico.

L’aspetto live è di sicura importanza sia per testare la bontà dei brani anche in sede diversa, sia per far conoscere il proprio lavoro che altrimenti rischia di essere dimenticato velocemente, tra la massa gigantesca di uscite.

  1. Cosa ne pensate della scena metal italiana? 

Mike Lunacy: una scena in continua evoluzione e ormai assolutamente ai passi con il resto del mondo.

Forse, ma questa è e deve rimanere un’opinione personale, sia in Italia che fuori confine, oggi abbiamo band formate da autentici fenomeni dello strumento in grado di presentarci produzioni pazzesche a livello sia tecnico che sonoro, ma quello che sta tristemente venendo a mancare, è l’originalità del prodotto.

L’omologazione del prodotto sia in termini di liriche che freddezza del suono, è ormai la regola e sempre più rara è diventata l’intraprendenza, il coraggio di osare.

  1. Cosa significa nel 2024 essere una Band Metal in Italia? Si incontrano difficoltà a trovare riscontro o il pubblico del metal nel nostro paese è ancora ben presente? 

Mike Lunacy: credo che la scena metal in Italia abbia conosciuto il suo apice nella prima decade degli anni duemila. Adesso le cose sono cambiate drasticamente e non parlo solo della scena metal, ma del contesto artistico in generale.

La possibilità di avere tutto e subito a portata di telefonino, ha inevitabilmente impigrito l’attenzione verso tutto ciò che ci circonda.

Questo ovviamente non deve essere metabolizzato come la sconfitta del sistema, ma al contrario deve essere uno stimolo per cercare di affrontare tutte le sfide che hai davanti in modo professionale e fare attenzione ai dettagli.

Una band oggi non deve focalizzare l’attenzione solo sul proprio prodotto musicale, ma anche su tutto quello che gira intorno ad esso: una buona immagine e soprattutto cercare di esprimere tanta, tanta, tanta, personalità.

  1. Negli ultimi anni si sono affermate prepotentemente le piattaforme streaming ed è completamente cambiata la fruibilità della musica. Cosa ne pensate e come vi rapportate a queste modalità? 

Chicco De Zani: senza alcuna promozione pregressa, solo poche ore dopo aver pubblicato il nostro album “Awakenings”, ci è giunta una recensione entusiasta di un curator americano, che ha dimostrato di conoscere già a fondo il nostro progetto.

Poco dopo abbiamo realizzato delle interviste sempre in America e abbiamo ricevuto degli acquisti sul nostro store di Bandcamp.

Impensabile 20 anni fa!

Tornando alla tua domanda, ogni innovazione è un dato di fatto e bisogna farci i conti.

Napster aveva solo anticipato quello che l’industria musicale non aveva capito: la domanda di accesso illimitato alla musica da parte del pubblico era già realtà.

Lo dimostra il fatto che, una volta “codificato” questo bisogno, Spotify e le varie piattaforme hanno sostituito il download illegale con lo streaming, per il quale il pubblico si è dimostrato ben disposto a pagare.

Per quanto riguardano le implicazioni di questo fenomeno, mi aggancio alla frase “Il medium è il messaggio” di McLuhan, una spettacolare sintesi del processo secondo cui il mezzo di comunicazione (streaming) influenza inevitabilmente il messaggio veicolato (musica).

È quindi inevitabile che la produzione musicale abbia cambiato, e continui a farlo tutt’ora, dinamiche e morfologia.

La sfida è portare e proteggere quel “segreto più intimo dell’arte”, di cui ti parlavo, anche in questo nuovo modo, che in parte è ancora da decodificare.

Di certo, nel nostro genere abbiamo un touch point, un oracolo che nessuno può aggirare: il palco.

Il palco è la resa dei conti, tutto passa da lì. E per ora non esiste tecnologia che permetta di “scaricare” o “streammare” un evento live in presenza.

Certo, con l’evoluzione dell’intelligenza artificiale non fatico a pensare che presto o tardi sarà possibile partecipare a un concerto in remoto, provando le stesse emozioni e percezioni sensoriali di un evento in presenza.

Attendiamo, ma senza timore.

  1. Ci raccontate un aneddoto divertente, di qualcosa che vi è capitato in questi anni di militanza nel gruppo? 

Mike Lunacy: posso dirti – e senza esagerare – che l’aneddoto accade ogni volta che ci troviamo.

Sia per lavorare in studio, sia quando ci riuniamo per discutere dei nostri progetti.

Rispetto ai ragazzi dei Wake Arkane, che orbitano intorno a Milano, io abito a Salsomaggiore in provincia di Parma.

Quando ci riuniamo, i luoghi prescelti sono sempre trattorie sperdute nelle colline parmensi.

Capita spesso, praticamente sempre, di trovarci a mezzogiorno per pranzo e salutarci dopo cena.

Gole assetate di buon vino, appetiti insaziabili di cibo e idee, iniziano ad unirsi tra loro e quello che ne deriva, è una giornata piena di momenti lieti e motivanti.

Solitamente, ogni volta che ci salutiamo, ci accorgiamo che in queste ore passate insieme è nata una nuova idea, un nuovo progetto, che puntualmente verrà realizzato nei mesi successivi.

Questa credo sia una magia che solo le band ultra-affiatate si possono permettere.

  1. Avete in programma date live prossimamente? 

Chicco De Zani: sì. Ancora nulla di ufficiale. Dopo il release party di Milano con i Novembre, stiamo concretizzando una serie di date, in Italia e all’estero, per portare “pathos” al pubblico il più presto possibile.

  1. La fantasia non si pone limiti. Se poteste scegliere, con chi vorreste fare una collaborazione per un brano di un vostro disco? 

Mike Lunacy: personalmente, collaborare con i fratelli Daniel e Vincent Cavanagh degli Anathema penso che sarebbe qualcosa di straordinario.

  1. Cosa vorrebbero fare i Wake Arkane da grandi? Quali sono i vostri progetti futuri? 

Chicco De Zani: sarò schietto. Voglio portare la band a cavalcare i più prestigiosi palchi internazionali per diffondere i valori di pathos, umanità e teatralità a tutto il popolo metal.

Credo fortemente che all’interno di questi valori risieda il bene e la pace nel mondo.

Nessuna competizione, nessun trucco, nessuna scorciatoia.

Esprimere le emozioni tramite l’arte della scrittura e dell’esecuzione sullo strumento è un privilegio.

Per questo lo facciamo ai massimi livelli possibili in entrambi i contesti: scrittura ed esecuzione.

Quel segreto intimo dell’arte di cui nessuno è proprietario è la più alta forma di condivisione e amore che l’uomo abbia mai creato.

Oggi più che mai, in un mondo di “scorciatoie”, credo fermamente che il pubblico abbia tanto bisogno di questo.

  1. Vi ringraziamo per averci dedicato il vostro tempo e per aver regalato ai nostri lettori la possibilità di conoscervi meglio. Lasciamo a voi lo spazio per le considerazioni finali.

Chicco De Zani: “I nemici del vero metal non ci sconfiggeranno mai”.

Non so perché, mi è venuto in mente il buon Joey Demaio col suo italiano “suggerito” in cuffia! (Ride, ndr).

Grazie ragazzi, grazie a voi, è stata una bella chiacchierata.

Ci vediamo in giro, sui palchi e, se volete, un posto al nostro tavolo, con un buon calice di vino e una torta fritta, per voi ci sarà sempre.

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