L’afa incombe su Milano in questa domenica d’estate, ma dentro le mura del Legend Club si respira un’aria che unisce sotto lo stesso tetto hardcore, shoegaze ed emo. Hellfire Booking Agency porta in città gli Anxious. In apertura: Jorelia, HoneyMoor e R.A.T.S., per una scaletta varia ma coerente, capace di far sfogare e anche di far respirare.

R.A.T.S.
Ad aprire le danze ci pensano gli svedesi R.A.T.S., che si presentano con un hardcore diretto, solido e fedele alla tradizione del genere: riff spezza-gambe, groove trascinanti, una sezione ritmica che spinge e un vocalist incandescente. Tutti elementi che non lasciano scampo a mosh e two step. Tra un pezzo e l’altro, arriva anche un momento di presa di posizione: la band si esprime apertamente contro fascismo, capitalismo e a sostegno della cultura DIY, con una bandiera palestinese che campeggia sui monitor del Legend per tutta la durata del set. Il gruppo tiene alta l’attenzione della sala e dimostra grande presenza scenica. Il loro set risulta energico e coinvolgente, e il pit apprezza. Non si lasciano scoraggiare dal numero (ancora in fase di afflusso) dei presenti e portano a casa una performance degna di nota.

HoneyMoor
Dopo il martello svedese, tocca agli HoneyMoor, che per certi versi rallentano il passo e trascinano il pubblico in un’atmosfera più riflessiva. Originari del Varesotto, si presentano con un sound shoegaze che sorprende: denso, ben strutturato e ricco di personalità. Il cantato in italiano dona identità e radici al progetto, con immaginari visivi e sonori che richiamano in pieno l’estetica di fine anni ’90 – se non ci credete, date un occhio ai loro visualizer su YouTube. Il loro set cattura anche l’attenzione dei più cattivi, per così dire. Presentano, inoltre, un brano nuovo davvero apprezzabile, Mi sono sentito solo, più spinto e con influenze post-hardcore. La cover di Shed dei Title Fight, poi, accende il pubblico che, mentre il vocalist gli porge il microfono, canta a squarciagola.
In toto, una performance intrisa di malinconia ma travolgente, che lascia un segno. Dopo il live, scambiando due parole col cantante, emergono interessanti novità riguardanti il futuro prossimo: teneteli d’occhio.

Jorelia
È il turno dei Jorelia, veterani dell’hardcore pavese. Entrano in scena senza preamboli e azzerano il respiro, proponendo un hardcore beatdown corposo che anima i presenti all’inverosimile, insomma, non per deboli di stomaco: riff chugga-chugga, groove lenti e massicci, alternati a sezioni tupatupa e d-beat in pieno spirito hardcore. Il Legend si trasforma in un campo di battaglia: il pit si apre, le transenne tremano, e chi sta dietro cerca rifugio mentre davanti si scatena il caos. Mi arriva qualche calcio volante, ma è il bello (o il brutto) del mestiere. Portano anche una cover di Six Feet Deep degli Swear To God, che manda il pubblico in delirio. I Jorelia si riconfermano una band spaccaossa, muscolare, che avrebbe solo da guadagnare con una folla ancora più numerosa di moshers incalliti.

Anxious
Arriva il momento tanto atteso: sul palco salgono gli Anxious. Con loro, cambia registro ma non l’intensità. Emo e hardcore si fondono in una mistura perfetta, carica di emozione e malinconia. Reduci dall’uscita di Bambi a febbraio, propongono una setlist equilibrata tra questo nuovo lavoro e il precedente Little Green House. Il pubblico canta, si muove, si emoziona. Le lacrime trattenute da mesi trovano finalmente sfogo. Il suono è pieno, sognante, tipico East Coast, e seppur meno “cattivo” rispetto ai gruppi precedenti, la carica emotiva è altrettanto potente. Il cantante incita più volte il pubblico ad avvicinarsi e partecipare, cosa che accade con naturalezza. Momento highlight: il batterista dei Jorelia sale sul palco per suonare In April. Tra crowd surfing, singalong e qualche passo di two-step, si arriva rapidamente alla fine, con l’ultima strofa dell’ultimo pezzo cantata interamente dal pubblico. Un’esibizione davvero sentita da parte del pubblico, da brividi.
Setlist
- Counting Sheep
- Bambi’s Theme
- In April
- Small
- Some Girls
- Your One Way Street
- Head & Spine
- Never Said
- Call From You
- Next Big Star
- Growing Up Song
Chi stasera è venuto a sfogarsi ha fatto una scelta azzeccata. Band così meritano ben più visibilità e riscontro, ma chi c’era ha sicuramente portato a casa qualcosa di speciale. Le condizioni a volte remano contro, ma andate avanti: spaccate.
Un grazie sentito a Hellfire per il lavoro continuo e prezioso. Vediamo di tenere viva questa scena.
Testo di Riccardo Giuffrè, foto di Ilaria Maiorino
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