Ieri sera, 23 luglio 2025, il silenzio millenario del Teatro Romano di Ostia Antica è stato squarciato dall’esplosione emotiva di un lungo e poetico addio: Benjamin Clementine, voce titanica del pop-soul britannico, ha detto arrivederci al pubblico italiano con un concerto che resterà scolpito nella memoria collettiva.

Nel cuore di quelle pietre antiche — custodi di storie millenarie — Clementine ha dato vita a una performance sospesa tra epica e intimità. Le mura semicircolari del teatro, illuminate da riflettori morbidi, hanno amplificato il pathos di ogni singola nota. Quella cornice, creata da storia e bellezza, ha trasformato l’evento in un rito laico.

Con il suo inconfondibile stile – una voce cavernosa ma fragile, un pianoforte che sembra intrecciare confessioni e incubi – Clementine ha alternato brani come “Nemesis” e “Adiós” a nuove canzoni in anteprima. L’aria sembrava vibrare ad ogni tasto, ad ogni respiro. E quando l’artista si è rivolto direttamente al suo guardata pubblico – 40–50?anni, trentenni, guru della musica indie – c’è stata un momento di comunione che ha lasciato senza respiro.

Un concerto di addio alle scene, per un artista che da sempre ha trasformato il palco in confessionale. Ma si sa: Clementine non è uomo da addii definitivi. Questo potrebbe essere solo un arrivederci a un prossimo capitolo – più riflessivo, più jazz, chissà.

La serata si è aperta con un lento decrescere di luci e sussurri. A seguire, un crescendo: “Cornerstone” ha incendiato l’anfiteatro, “Condolence” ha strappato lacrime, mentre “Winston Churchill’s Boy” ha chiuso in sospeso, tra gloria e rimpianto. Non c’erano ospiti, né orpelli: solo lui, la sua band – discreta, perfetta – e una platea rapita sotto il cielo estivo.

Benjamin Clementine ha costruito la sua leggenda lontano dalle piste convenzionali. Premio Mercury, poeta dallo stile espressionista (“I am an expressionist…” lo ha definito lui stesso), ha portato la sua estetica estrema fino alle rovine romane, dimostrando ancora una volta che la vera musica è quella che scava dentro.

Quella di ieri sera non è stata solo una performance: è stato un rituale, un’esperienza catartica, la chiusura di un capitolo definitivo per una carriera unica. Ostia Antica ha fatto da culla a un passaggio di testimone: da poeta del dolore, Clementine diventa leggenda vivente. Un addio che sa tuttavia di promessa per il futuro.

Si ringraziano GDG Press Ufficio Stampa e Ostia Antica Festival.

Qui sotto la gallery della serata a cura di Chiara Lucarelli

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