Beyond Production – Gennaio 2015
Giungono al traguardo del terzo full-lenght i sulfurei sacerdoti dell’orrore noti come Disharmonic. Il sound della band italiana si inserisce appieno nella tradizione della musica piùocculta e misteriosa partorita negli anni dal nostro paese, palesando le influenze di formazioni seminali come Goblin e Black Hole e artisti come Paul Chain e Antonio Bartoccetti.
Tuttavia, soprattutto nella voce, compaiono anche elementi che possono ricordare band piùvicine al black metal come Shining o The Flight Of Sleipnir.
Dopo l’intro “Nelle arti e nei deliri”, dove orrendi (nel senso buono del termine) sussurri si intrecciano con suoni da film dell’orrore e litanie esoteriche a tratti tragicomiche (torneremo su quest’aspetto piùavanti), ecco irrompere “Cose buie”, un brano che contiene in sé già quasi tutti i marchi di fabbrica dell’album nel suo complesso: riff e tempi pesanti e rallentati, tastiere debitrici della lezione di Claudio Simonetti e voci che piùche cantare declamano, a volte in modo piùenfatico e altre piùsgraziato e aggressivo, poesie oscure e malate nella nostra lingua natale.
Il brano è molto evocativo e ha il pregio di non avere una durata eccessiva; infatti, dopo soli 4 minuti e 30 secondi, lascia spazio a “Il segno oscuro nascosto in sé”, con le sue dissonanze e le sue chitarre sofferenti. “Alter ego magico” parte con il piglio di un pezzo doom un po’ piùtradizionale, caratterizzato da ottimi assoli di chitarra che possono ricordare lo stile del maestro Iommi, per poi evolversi verso direzioni piùprogressive, senza mai tralasciare l’onnipresente elemento horror. “Il casto siero del peccato” procede sulle stesse coordinate e, arrivati a questo punto, si comincia a intuire che non ci saranno momenti di respiro in un album che è compatto come un macigno nelle sue atmosfere e nelle sue oppressive litanie: un aspetto sicuramente voluto da parte del gruppo, ma che altrettanto sicuramente rende il disco un po’ pesante da digerire tutto d’un fiato a meno di non essere fan sfegatati del genere.
Nella “Litania della porta ermetica”, una sorta di liturgia ermetico/mistica, l’influenza dei progetti di Antonio Bartoccetti (Jacula e Antonius Rex) si fa ancora piùnetta ed evidente: chissà se i sospiri di sottofondo sono opera di qualche medium… il dubbio è lecito quanto il brano è ossessivo. Piùmovimentata nel riffing la seguente “Ippomanzia”, a metà strada tra le sonorità di certi brani di Paul Chain e quelle di Forest Of Equilibrium dei Cathedral. L’ombra del gruppo di Lee Dorrian nella sua versione piùestrema aleggia anche su “Macrochelys temminckii”, che si snoda pesante come un macigno dopo che la band ci aveva quasi illuso di poter vedere un breve raggio di sole in cima a “Le sei torri d’alabastro”, con i suoi ispirati squarci progressive.
Prima dell’outro “Il delirio delle arti”, speculare all’introduzione e quindi logico finale del disco, c’è ancora spazio per la lunga, a tratti estenuante “L’uomo che si veste di bruma”, dove nuovamente avvertiamo l’influenza del maestro Bartoccetti, non solo per l’atmosfera mistica, ma anche per l’uso delle percussioni .
Quale può essere il commento finale su un disco come questo? Sicuramente è un’opera per iniziati. Volutamente e orgogliosamente oppressivo, anticommerciale, caratterizzato da una produzione retrò e, dal punto di vista musicale, molto ben concepito e studiato, anche se forse un po’ eccessivo nella durata, soprattutto a fronte di un riffing che risulta, in definitiva, un po’ ripetitivo. Ma è anche una caratteristica del genere, perciò su questo si può tranquillamente sorvolare.
Dove invece non ci sentiamo di poterci esimere da una critica costruttiva è nell’uso delle voci. L’uso dell’italiano accoppiato con rantoli (non leggetelo come insulto, non lo è) di ispirazione black metal e recitati ultra-enfatici dalla dizione con un forte accento regionale, ci ha piùdi una volta strappato una risata e non crediamo che questo sia il risultato previsto per un album che cerca in tutti i modi di essere “spaventoso” e “misterioso”, anzi, “misterico”.
Ed è un peccato, perché i testi sono molto creativi, ricercati e non privi di fascino e avrebbero meritato una declamazione meno da B-movie e piùda opera teatrale.
La scelta del cantato costantemente recitato è legittima ma pericolosissima: del resto, non tutti hanno il carisma declamatorio di un Antonio Bartoccetti.
Detto questo, se siete dei fan dell’occult doom piùclaustrofobico e della musica oscura in genere, un ascolto a questo “Magiche Arti e Oscuri Deliri” datelo: gli elementi di interesse ci sono, e se lo stile vocale dovesse incontrare i vostri gusti piùdi quanto non abbia fatto coi nostri, potreste avere scoperto un album da riascoltare piùvolte per carpirne i segreti.
Tracklist:
1. Nelle arte e nei deliri
2. Cose buie
3. Il segno oscuro nascosto in se
4. Alter ego magico
5. Il casto siero del peccato
6. Litania della porta ermetica
7. Ippomanzia
8. Le sei torri d’alabastro
9. Macrochelys Temminkiki
10. L’uomo che si veste di bruma
11. Il delirio delle arti
Band:
Sir Robert Baal – basso, chitarra
Lord Moloch Omunghus – batteria, voce
Barone Von Hayden – basso
Profeta Isaia – voce
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