Fantastico concerto quello che si è svolto mercoledì 26 luglio al Traffic Live Club di Roma. Dopo circa 5 anni dalla loro ultima visita, i Dying Fetus sono tornati nel nostro paese per ben due date, con la seconda a Milano il giorno successivo. A supporto, la Hellfire Booking Agency ha inserito due band italiane nella line up, Reaping Flesh e Dr.Gore, entrambe perfettamente in linea con il format della serata.

Purtroppo, per via della lunga fila all’ingresso, non sono riuscita ad entrare in tempo per vedere i primi, quindi inizieremo dai Dr.Gore. La sala è già piena quando la band laziale sale sul palco e, senza perder tempo, si mettono subito all’opera lanciando bordate distruttive sul pubblico, che sembra reagire bene, con momenti di violento headbanging e pogo sfrenato durante tutta l’esibizione. Oltre alla potenza del loro brutal death, evidente in ogni traccia che ci propongono, ci confermano anche la loro competenza e le loro abilità al livello tecnico: dalla velocità incredibile dei blast beat del batterista, che sostengono la voce gutturale del frontman, alle incursioni degli scream del chitarrista che risuonano in modo assordante in tutto il locale. Uno show che ci ha lasciati indubbiamente soddisfatti.

Ed ecco che arriviamo al momento più atteso della serata: è l’ora dei Dying Fetus, che salgono sul palco prontissimi a sfornare una performance tritaossa. Il loro stile unico, fatto di death/grind incalzante e asfissiante, dalle ritmiche distruttive, inizia subito a mandare in delirio il pubblico, scatenando un pogo ed un mosh frenetico durante alcuni dei loro pezzi più noti, come Subjected to a Beating o One Shot, One Kill.

La loro maestria strumentale, indiscussa, si manifesta con la grinta e la precisione del batterista Trey Williams, la profondità della voce di John Gallagher ed i toni più acidi di Sean Beasley, che divide con il primo il ruolo di vocalist. Ciò che colpisce, fra le altre cose, è la densità e la quantità di suoni che fuoriescono da soltanto tre strumenti, calpestando i timpani dei presenti senza alcuna pietà e dominando la sala senza dover fare troppi movimenti sul palco. Anche le interazioni con il pubblico sono ridotte al minimo indispensabile… ma chi ne ha bisogno, quando si tratta di una band che riesce ad esprimere uno spettro ampissimo del death metal senza perdere un filo della propria dinamica, passando dalle ritmiche intense del brutal statunitense al picking più morbido di stampo hardcore, insieme ai virtuosismi in tapping che si incastrano benissimo tra i vari groove entusiasmanti.

All’interno della scaletta, che ripercorre i loro 30 anni di carriera, inseriscono anche un nuovo pezzo, in vista dell’uscita del loro prossimo album “Make Them Beg For Death” prevista per l’8 settembre, ed il pubblico sembra apprezzare moltissimo, nonostante si esalti molto di più nel momento in cui parte la più devastante Kill Your Mother, Rape Your Dog. La band suona per circa un’ora, compresa di encore, ma la successione di hit distruttive che attestano il loro totale dominio temporale, mette in luce ogni aspetto della loro maestria esecutiva e compositiva. Sicuramente un bellissimo concerto e speriamo di vederli di nuovo in Italia al più presto.

testo di Valentina Ricci

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