Ci risiamo! Anche quest’anno siamo di ritorno ad uno dei più mitici ed importanti festival metal del mondo… l’HELLEST!
IL FESTIVAL
Per coloro che non lo conoscessero, il festival (chiamato inizialmente “Furyfest”) è stato creato nel 2006 e si svolge ogni anno nella cittadina francese di Clisson, nel dipartimento della Loire-Atlantique.
Il festival ha molto rapidamente costruito una fama internazionale attirando i più grandi nomi della scena metal et rock mondiale, facendone oggi una tappa (quasi) obbligatoria per ogni artista in tour.
Il festival accoglie ogni anno più di 70 000 spettatori al giorno su 15 ettari di terreno nel quale troviamo 6 palchi:
– Due Mainstage: due grandissimi palchi affiancati dedicati ai grandi nomi presenti nella lineup. Troveremo in giornata anche gruppi “meno estremi” provenienti da generi quali l’heavy metal, l’hard rock e il pop punk.
– La War Zone: un palco più piccolo, allestito in un decoro di cortile di prigione, che accoglie i generi più ribelli come l’hardcore, il punk, il deathcore e il nu metal.
– La Valley: un palco di dimensione uguale a quello della War Zone, allestito alle spalle di quest’ultimo e dedicato ai generi più psichedelici come lo stoner, il doom e il blues rock.
– L’Altar: un palco più piccolo dei Mainstage allestito in un tendone e dedicato ai generi più violenti come il death metal, il blackened death e il technical death.
– Il Temple: un palco identico all’Altar, affiancato a quest’ultimo, dedicato ai generi più oscuri, come tutte le varianti del black metal, ma anche i generi più occulti come il viking metal, il pagan metal e il folk metal.
Su questi sei palchi, tre suonano sempre in contemporanea e gli altri tre alternano immediatamente dopo appena cinque minuti di pausa… inutile dire che con tutta questa scelta di concerti non-stop, dalle 10:30 del mattino fino alle 2:00 di notte, è sempre molto difficile scegliere che gruppo dover sacrificare anche solo per prendere il tempo di mangiare, bere, riposarsi o anche solo per andare a fare più di 30 minuti di coda al bagno…
Come l’anno precedente, l’edizione 2024 propone una programmazione su tre giorni e mezzo: dal giovedì 27 Giugno alle 16:30 fino a domenica 30 Giugno a mezzanotte. Quasi quattro giorni che si rivelano essere quattro giorni in paradiso, in una grande festa tra metallari paragonata sempre di più dai giornalisti ad un “Disneyland del Metal”.
Perciò, allacciate le cinture, preparate i vostri EcoCup pieni di birra (o il vostro corno vichingo), la vostra maglietta più terrificante e scopriamo insieme com’è stata questa nuova edizione dell’hellfest!
GIORNO 1: GIOVEDÌ 27/06/24
Asinhell (Mainstage 1) 16:30 – 17:10
Iniziamo questa grande festa con una “superband” formata nel 2023 e che riunisce Michael Poulsen (Volbeat), Marc Grewe (Insidious Disease, ex-Morgoth) e Morten Toft Hansen (Raunchy).
Il gruppo apre il festival con la loro potentissima “Desert of Doom”. Si riconosce subito la chitarra pesante di Michael Poulsen seguita dal growl profondo di Marc Grewe. Il gruppo offre una performance decisamente imponente ma che rimarrà molto (troppo) grezza. Non abbiamo infatti percepito molte differenze tra un pezzo e l’altro. Il suono era molto potente ma poco definito, il che non ha aiutato.
Rimane in più molto frustrante vedere il mitico Poulsen sul palco inchiodato alla chitarra senza fare uso delle sue eccellenti ed uniche capacità vocali.
Rimane in ogni caso un bel modo per aprire il festival e ci sono piaciuti, anche si ci aspettavamo qualcosa in più.
Voto: 6,5/10
Komodrag and the Mounodor (Valley) 16:30 – 17:10
Allo stesso tempo degli Asinhell si esibiva questo gruppo locale (dal nome difficile da ricordarsi) che propone uno stile decisamente diverso: uno psych rock molto light impregnato di influenze provenienti dai Doors e altri gruppi della fine anni 60 / inizio anni 70.
Ritroviamo tutto quello che è tipico di quell’era: giacche a frangia, suoni d’organo da chiesa gospel, chitarre Gibson con Marshall e Orange a palla, ritmi blues e ritornelli con messaggi positivi da intonare con tutto il pubblico.
L’idea è buona, ma non ci ha entusiasmato. L’aspetto troppo da caricatura della performance non ci ha permesso di entrare in sintonia con il gruppo che ha senza dubbio talento.
Forse si apprezzerebbero di più in un altro contesto che non subito dopo al death metal grezzo degli Asinhell.
Voto: 5,5/10
Bleed From Within (Mainstage 2) 17:15 – 17:55
Torniamo dalla parte del Mainstage 2 per vedere la performance della band scozzese che propone un metalcore / groove metal molto accattivante. Un suono potente, ritornelli malinconici, chitarre urlanti con sonorità molto moderne, un cocktail perfetto par fare arrivare i primi headbanging di massa e circle pit.
Con i Bleed From Within il sentimento è decisamente di avere finalmente incominciato il festival. L’unico problema che abbiamo notato è che il gruppo non ha suonato canzoni che rimangono impresse nella mente del pubblico. Ci ricordiamo che ci sono piaciuti, che abbiamo saltato e fatto headbanging, ma non ci ricordiamo su quale pezzo…
Voto: 7/10
Slaughter to Prevail (Mainstage 1) 18:00 – 18:40
E l’ora di una band per la quale abbiamo tante aspettative. Gli Slaughter To Prevail, band russa di deathcore, sono soprattutto famosi per le capacità vocali del loro cantante Alex Terrible.
Quest’ultimo (oltre ad essere conosciuto per avere combattuto contro un grizzly facendo growl) è famoso per le sue capacità vocali impressionanti, che possono produrre un growl agghiacciante che sembra venire da un vero e proprio mostro uscito direttamente da saghe fantasy. Alex non esita a dimostrare queste capacità facendo addirittura un urlo a cappella che abbiamo percepito ad una cinquantina di metri dal palco.
Il risultato del concerto è purtroppo misto: lui impressionante e bravissimo, la band non troppo… il resto è in fatti tanto ritmo, tante urla, ma poca musicalità.
E’ tra l’altro forse questa mancanza di performance globale che ha portato il gruppo a perdere quasi 15 minuti per chiedere un wall of death (che non mancano di solito all”Hellfest). Infatti, qualche giorno prima, il gruppo aveva promesso di creare il più grande wall of death di sempre all’Hellfest. Se sono riusciti a creare un wall of death decisamente lungo, ci è voluta una perdita di tempo assurda ed un Alex che si è tuffato nel pubblico per letteralmente spingere la gente a destra e sinistra.
Voto: 6/10
Ice Nine Kills (Mainstage 2) 18:45 – 19:25
Tocca agli Ice Nine Kills, la band metalcore americana che riprende sia nella musica, che nei testi e la scenografia i codici dei film horror. Iniziano fortissimo con la loro “Hip to be scared” (ispirata dal film American Psycho) che attira subito l’attenzione sull’originalità di questo gruppo e la performance da frontman di Spencer Charnas. Si prosegue con “Rainy Day” e si capisce presto che il gruppo ha previsto una setlist di soli pezzi acclamatissimi dai fan, passando da “American Nightmare e finendo con “Welcome to Horrorwood”.
Da sottolineare, oltre ai decori del palco, la presenza di comparse che quasi ogni pezzo appaiono sul palco mascherati da zombie, assassini et vittime su sedie elettriche (pratica che ci ricorda molto la scenografia del grandissimo Alice Cooper).
Insomma, una bella performance… ma niente che ci abbia fatto perdere la testa. L’interazione con il pubblico è stata quasi assente. Ci è sembrato quasi che il gruppo sia venuto, abbia suonato bene (ma senza darsi al massimo) e se ne sia andato. Rimaniamo quindi un po’ delusi.
Voto: 6,5/10
Kerry King (Mainstage 1) 19:30 – 20:20
Ora si fa sul serio, è arrivato il maestro Kerry King (Slayer), lui che è un grande abituato del Mainstage dell’Hellfest, per fare vedere a tutti gli altri gruppi precedenti come si sveglia l’anima di questo festival.
Dopo la pensione (almeno apparente) degli Slayer, il nuovo progetto del chitarrista è stato allungo atteso e prende la forma di una band nella quale ci sono anche il batterista Paul Bostaph (Slayer), il bassista Kyle Sanders (Hellyeah), il chitarrista Phil Demmel (ex-Machine Head) e Mark Osegueda (Death Angel) al canto.
La band, della quale il primo album è uscito un mesetto prima del concerto, apre con “Where I Reign” e dai primi 20 secondi si capisce subito che questo progetto non è nient’altro che la reincarnazione più moderna degli Slayer. Tra l’altro, lo stesso Kerry King ha affermato che alcuni pezzi del progetto solista sono dei resti del lavoro fatto su Repentless (l’ultimo album degli Slayer).
Il suono è potente, veloce, preciso e la voce di Mark profonda, come quella di un profeta del male che intona le canzoni che potrebbero essere state scritte dal demonio. Il pubblico si scatena con tutto l’arsenale a disposizione: headbanging, circle pit, pogo; il tutto come se fossimo di nuovo ad un concerto degli dei del thrash metal.
Oltre a proporre live i nuovi pezzi del progetto, alcuni pezzi degli Slayer sono inevitabilmente presenti. Bellissima la fine del pezzo “Shrapnel” che si fonde in un sustain infinito che fa presto realizzare chi ci troviamo nell’intro della famigerata “Rainig Blood” (cover desgli Slayer), eseguita alla perfezione, seguita immediatamente da “Black Magic” (cover desgli Slayer).
Insomma, CI SIAMO! L’anima dell’Hellfest si sveglia finalmente!
Ma purtroppo, l’esaltazione sara corta perché tutto è crollato con la band seguente…
Voto: 8/10
Babymetal (Mainstage 2) 20:25-21:15
Tocca infatti ad una delle band più originali del mondo metal. Il gruppo giapponese combina J-Pop e Heavy Metal con dei musicisti assolutamente bravissimi e tre cantanti che ballano con coreografie J-Pop cantando in giapponese.
Non avevamo alte aspettative ma non avevamo neanche cattive impressioni a priori sulla band e speravamo di scoprire qualcosa di innovativo che ci sarebbe piaciuto.
Il risultato purtroppo è stato, secondo noi, disastroso… Ci è sembrato dopo le prime due canzoni di assistere a una parodia nella quale tre scolarette giapponesi si ritrovano ad un karaoke heavy metal. Quindi non siamo rimasti oltre al terzo pezzo.
Voto: 3/10
Il live della band è disponibile in integrale su YouTube (Arte Concert):
Crystal Lake (War Zone) 20:45-21:45
Rimaniamo in terra giapponese e ci spostiamo nella War Zone per assistere al concerto della band metalcore di Tokyo. La band offre una performance di buona qualità, con tanta energia e pezzi molto accattivanti.
Manca forse un po’ di originalità e avremmo sperato in un suono più potente e definito. Ma in definitiva, ci sono piaciuti.
Voto recensione: 6/10
Megadeth (Mainstage 1) 21:20-22:20
Tocca al primo grandissimo colosso del weekend. Gli dei del trash metal iniziano fortissimo con il loro singolo e title track dell’album più recente “The Sick, the Dying… and the Dead!”. Anche se il pubblico si dimostrerà fin da subito molto conquistato, bisogna aspettare la mitica “Tornado of Souls” per far sì che si scateni del tutto fino alla fine del concerto che si conclude con l’immancabile “Holy Wars… The Punishment Due “.
Un suono perfetto, e un Dave Mustaine che non sembrava molto felice di essere presente all’inizio del concerto, ma che finirà per sorridere e ringraziare tantissimo il pubblico di questo festival che lo accoglie sempre molto volentieri.
Dobbiamo dirlo, ci è mancato il carisma di Kiko Loureiro (ex-chitarrista solista) che ha dovuto lasciare a lungo termine la band per motivi familiari. Bravissimo, tuttavia, il nuovo entrato Teemu Mäntysaari che si destreggia benissimo sugli assoli tecnici del gruppo e ci lascia un po sconcertati da quanto assomigli fisicamente a Kiko.
Insomma, anche se non sono stati i migliori Megadeth che abbiamo visto, sono stati decisamente dei buonissimi Megadeth! Ci è infatti dispiaciuto non poter stare fino alla fine per andare a vedere i Dark Tranquility che suonavano contemporaneamente.
Voto: 8/10
Il live della band è disponibile in integrale su YouTube (Arte Concert):
Dark Tranquillity (Altar) 21:50 – 22:50
Questa è purtroppo una delle situazioni alle quali ci ha abituato l’Hellest, ovvero proporre un colosso che tutti vogliono vedere in uno dei palchi più piccoli. Infatti, ci avviciniamo cinque minuti prima del concerto per constatare che la tenda dell’Altar è già strapiena. Il nostro fotografo ha persino faticato ad arrivare alla zona fotografi.
Tutti aspettano infatti la band svedese di melodic death metal, capitanata dall’impressionante Mikael Stanne, che non era venuta al festival dal 2019.
Si dimostra assolutamente all’altezza sin dalle prime note di “Encircled” con un Mikael in formissima, come sempre felicissimo di ritrovare il pubblico francese che conosce ogni pezzo. La band avrà infatti messo a dura prova i fan suonando pezzi scelti tra tantissimi album diversi tanto recenti quanto storici (Atoma, Damage Done, Endtime Signals, Character, Moment, Projector…).
Ma il pubblico non si scoraggia, rimanendo sempre al massimo della sintonia con la band che dà il meglio di sé (e che ci è sembrata molto più potente dell’ultimo concerto al quale abbiamo assistito).
Ci ha spezzato il cuore dover (un’atra volta) andare via prima della fine per assistere ad un’altra band.
Voto: 10/10
LANDMVRKS (Mainstage 2) 22:25-23:25
Il sacrificio sarà stato ampiamente ripagato. Lo diciamo da subito… CHE PERFORMANCE!!!
Questa è probabilmente una di quelle volte dove si vede un gruppo in un importante momento di ascesa nella sua carriera. I LANDMVRKS, gruppo francese di Marsiglia che era presente nel 2022 come gruppo emergente sulla War Zone, si ritrovano ad aprire subito prima dell’headliner della serata sul palco più grande. Questo è il risultato dell’annullazione dei Bad Omens appena qualche settimana prima ed il rimpiazzo all’ultimo con i LANDMVRKS.
Il gruppo, che di aspetto non ha niente di un gruppo di metal classico, inizia con il suo ultimo brano “Creature” che è un po’ particolare con un intro 100% trap ma che si trasforma immediatamente in punk hardcore potentissimo. L’energia è da subito ai massimi livelli, breakdown violentissimi, riff molto catchy, giochi di luci epilettici e musicisti che corrono ovunque.
Da sottolineare e complimentare le abilità vocali di Florent Salfati, capace di intonare nello stesso pezzo clean vocals bellissimi (voce simile al cantante dei Rise Against), scream graffianti e growl gutturali da pelle d’oca.
Ci sono piaciuti tantissimo i pezzi “Death”, “Suffocate” (con intro acustico), “Rainfall” e l’immancabile “Lost in a Wave”.
Voto: 10/10 e lode!
Avenged Sevenfold (Mainstage 1) 23:30 – 01:00
Tocca all’headliner della serata che ritorna finalmente all’Hellfest dopo l’annullazione del 2022 e il concerto del 2018 durante il quale M. Shadows aveva perso la voce in pieno concerto.
Questo giro, niente ha potuto fermare il grandissimo gruppo che ha proposto il meglio: con un M. Shadows in formissima e una band altrettanto perfetta.
Al contrario di altri headliner, la band non scommette su effetti pirotecnici ma su effetti di luce e numerici impressionanti. Tutto il retro del palco (compresi i lati) era uno schermo enorme sul quale venivano diffuse immagine live del gruppo. Ma su queste immagini veniva applicato un effetto live che trasformava i membri del gruppo, in movimento ed in tempo reale in scheletri, mostri, zombie ed altre creature oscure.
In sintesi, un concerto bellissimo dove solo la setlist ci ha lasciato con un po’ di amarezza.
Il gruppo ha suonato tantissimi pezzi dell’ultimo album che è a dir poco sperimentale e che lascia molto sconcertati dopo una “Hail to the King” o “Afterlife” eseguite alla perfezione. Stranissima anche la scelta di finire su “Cosmic” e di non suonare “Welcome to the Family”.
Avrebbe potuto essere il concerto più bello del weekend con una setlist più adatta ai fan. Peccato.
Voto: 10/10
Dropkick Murphys (Mainstage 2) 01:05 – 2:00
Se il concerto degli A7X ci ha lasciato con l’inizio della percezione della fatica del primo giorno al quale si aggiunge la stanchezza del viaggio, ci pensa la band dei cattivi ragazzi di Boston a ricaricarci per un’ora!
Le prime note di “The Boys are Back” attirano subito il pubblico che se ne stava andando, e come sempre, I Dropkick Murphys offrono uno spettacolo incredibile e divertentissimo (pur essendo sempre a corto del secondo cantante: Al Barr).
Con una setlist da brivido, I Dropkick ci fanno cantare fino a tarda nottata e finire in bellezza questa prima giornata già pienissima di emozioni.
Voto: 10/10
Il live della band è disponibile in integrale su YouTube (Arte Concert):
Cradle Of Filth (Temple) 01:05 – 2:00
E come se non bastasse, mentre ci avviamo verso l’uscita ci accorgiamo che i mitici Cradle Of Filth stanno ancora suonando al Temple per via sicuramente di un allungamento della loro performance… cosa chiedere di più! Giusto il tempo di ascoltare gli ultimi minuti di “From The Cradle to Enslave” e apprezzare gli inimitabili acuti di Dani Filth per chiudere questa giornata con la più classica delle ciliegine sulla torta!
Voto: 8,5/10
Il live della band è disponibile in integrale su YouTube (Arte Concert):
Si ringrazia l’Hellfest
Live Report a cura di Marco Fanizza
Fotografie a cura di Daniele Fanizza
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