GIORNO 2: VENERDÌ 28/06/24
While She Sleeps (Mainstage 2) 14:20 – 15:00
Incominciamo questa seconda giornata con la band metalcore inglese originaria di Sheffield che inizia fortissimo. Quello che ci colpisce subito è infatti quanto il suono della band sia forte. E forse l’unica band dove abbiamo sentito il bisogno vitale di usare i nostri earplugs per non diventare sordi.
La band offre un bel metalore secondo i codici dello stile, con riff veloci e breakdown pesanti accompaganti da ritornelli più profondi. Un bel modo per iniziare la giornata.
Voto: 7,5/10
Ereb Altor (Temple) 15:10 – 15:55
Proseguiamo questa giornata al riparo dal sol cocente al Temple per assistere al concerto della band svedese che propone heavy metal vichingo.
La band propone un bel show con pure sonorità heavy metal. A differrenza di altri gruppi del genere, le influenze vichinghe si ritrovano soprattutto nei temi delle canzoni, più che nelle influenze musicali che rimangono abbastanza standard.
Il concerto rimane però monotono e non ci ha entusiasmato tantissimo.
Voto: 6/10
Fear Factory (Mainstage 1) 16:40 – 17:30
Dopo una breve pausa nella Hellcity Square (la zona all’entrata del festival dove rirtoviamo stand di partner del festival, bar e merch metal in un’architettura direttamente ispirata dal quartiere londinese di Camden Town), riprendiamo i concerti con il gruppo di industrial metal di Los Angeles.
Il carisma del chitarrista emblematico Dino Cazares si sente tantissimo ma il nuovo cantante Milo Silvestro, che ha rimpiazzato il membro originale Burton C. Bell, fa sicuramente anche lui un grandissimo lavoro sia vocale che nell’atteggiamento da frontman.
È la prima volta che vediamo questa band che ci sembra decisamente più groove metal che industrial, tanto il sound che propone è melodico e poco ripetitivo rispetto a quello che propone generalmente questo genere. Se il sound del grouppo ci è piaciuto, non abbiamo trovato la performance altrettanto entusiasmante.
Il live della band è disponibile in integrale su YouTube (Arte Concert):
Voto: 6,5/10
Gaupa (Valley) 17:45 – 18:35
Per puro caso, ci ritroviamo alla Valley alla scoperta di questo gruppo di stoner psichedelico svedese. Puro caso, perché in realtà in questo slot erano previsti i Planet Of Zeus, che speravamo di vedere. Tuttavia, apprendiamo che nella mattinata è stata fatta la scelta di invertire gli slot dei Gaupa e dei Planet of Zeus per ragioni logistiche.
Ci dispiace di non avere anticipato questa cosa e non possiamo che rimpiangere che il festival si sia accontentato di annuciare il cambio su Facebook invece di fare un vero annucio, visto che la linea telefonica sul sito scarseggia tantissimo.
Comunque assistiamo ai primi brani di questo gruppo che, per dirla tutta, non ci piace. È certamente stoner ma con chitarre che cercano più di creare un ambiente piuttosto che suonare dei riff pesanti che aspettiamo lungamente senza mai sentirli arrivare.
Davanti all’evidenza, decidiamo di lasciare il posto a chi apprezza di più la musica di questo gruppo.
Voto: 4/10
Savage Lands (Mainstage 2) 17:35 – 18:30
Ritorniamo nelle terre dei Mainstage per assistere ad un concerto atipico in quanto non è un gruppo vero e proprio che si esibische ma un progetto associativo e musicale chiamato Savage Lands.
Savage Lands è un progetto creato dal batterista dei Megadeth, Dirk Verbeuren, e il chitarrista francese Sylvain Demercastel nel 2022 che ha per obbiettivi di raccogliere fondi e sensibilizzare i fan alla protezione della biodiversità della foresta amazzonica.
Il progetto ha il supporto di una miriade di artisti metal tra i quali troviamo Joe e Mario Duplantier (Gojira), Kiko Loureiro (ex-Megadeth), Kai Uwe Faust (Heilung), Chuck Billy (Testament), Adreas Kisser (Sepultura) e molti altri…
Oltre ad evere uno stand dedicato all’Hellfest, il progetto propone un concerto con tanti invitati tra i quali Andreas Kisser (Sepultura), Shane Embury (Napalm Death), Vincent Dennis (Body Count), Daniel de Jongh (Textures), Silje Wergeland (The Gathering), Jesper Liveröd (NASUM), Alejandro Londono Montoya (Cultura Tres) e Chloe Trujillo.
Il gruppo intona cover iconiche come “Roots” dei Sepultura e inediti come il nuovo singolo “No Remedy”, registrata con la cantante degli Heilung, Maria Franz.
Voto: per il progetto, non possiamo che mettere 10/10 tanto sia importante e ci stia a cuore. Musicalmente, da un punto di vista oggettivo mettiamo un 7/10.
Polyphia (Mainstage 1) 18:35 – 19:35
Si continua con uno dei gruppi più musicalmente innovativi ad avere mai varcato il Mainstage 1, i Polyphia. La band texana di metal progressivo si è forgiata una reputazione di ferro tanto la musica che propone sia suonata da dei musicisti prodigi, tra i quali indubbiamente il numero une è il fortissimo (e giovanissimo) Tim Henson.
I Polyphia sono una band strumentale che propone uno stile difficilissimo da descrivere… Se le sonorità possono essere hard rock e metal, i ritmi dei pezzi ricordano molto hip-hip e musica elettronica suonata con pezzi di chitarra molto percussivi con accelerazioni di un altro pianeta.
Quello che colpisce è la belleza dei pezzi suonati, che ci portano in una dimensione alternativa nella quale potremmo ascoltare la band tutto il giono. Ci impressiona soprattutto la destrezza dei due chitarristi che fanno cose sulla chitarra che nessuno poteva immaginare prima di vederlo dal vivo.
Con suoni quasi clean e appena distorti (anche con chitarre classiche), i chitarristi usano tutte le techniche a loro disposizione (tapping, armoniche, slap) per creare uno spettacolo impressionate solo a guardare le loro dita percorrere tutte le corde e caselle delle loro chitarre a 6, 7 e anche 8 corde.
Un tocco di originalità che colpisce tutto il festival compresi i vostri servitori.
Voto: 10/10
Ne Obliviscaris (Temple) 19:35 – 20:35
I Ne Obliviscaris sono un gruppo australiano di metal progressivo estremo che incorpora una vastissima gamma di elementi tecnici conditi dalla particolarità dell’alternanza tra clean e harsh vocals accompagnati da un violino quasi onnipresente su ogni brano. Precisi, potenti ed estremamente accattivanti… c’è una diversità davvero sbalorditiva tra i differenti pezzi che propongono sul palco e colpisce soprattutto l’intensità e la profondità del suono che riescono a generare.
Il violinista e cantante Tim Charles ha carisma da vendere e ci è piaciuta tantissimo la sua dote da vero frontman.
Voto: 8/10
1000Mods (Valley) 19:35 – 20:35
Ci dirigiamo nelle terre desolate della Valley, dove l’attesa per la band greca di stoner 1000Mods si fa sentire fin da subito attraverso la folla giunta in gran numero per questo set.
Il gruppo creato nel 2006 ha da subito ricevuto una grande fama con il suo primo album Super Van Vacation uscito nel 2011 che si caratterizza per il suo stoner tinto principalmente dal desert rock.
Il gruppo non delude. Ritroviamo sin dal terzo brano l’acclamatissima “Road to Burn” e come penultimo l’immensa “Vidage”.
Il risultato è quello che uno si aspetta da un gruppo del genere: suoni di chitarra pesantissimi, un basso più distorto delle chitarre, pezzi lunghissimi, un canto talvolta molto clean e calmo, talvolta urlato. Niente di meno di quello che ci aspettavamo, ma niente di più. Né delusi, né sorpresi.
Unica nota dolente, il fatto che uno dei due chitarristi ha fatto praticamente “air guitar” su tutti gli assoli perché non si sentiva… peccato.
Il live della band è disponibile in integrale su YouTube (Arte Concert):
Voto: 7,5/10
Tom Morello (Mainstage 1) 20:45 – 21:55
Ritorniamo dalle parti del Mainstage 1 per passare un’oretta in compagnia del mitico Tom Morello, chitarrista dei Rage Agsinst The Machine, Audioslave e Prophets of Rage.
Fa strano vedere il chitarrista all’opera da solista, il che ci da quasi un sentimento di concerto improvvisato. Ma il chitarrista dimostra da subito di non avere niente da temere e di possedere un’arsenale di pezzi e trucchi per intrattenere, far cantare e saltare tutto il pubblico presente.
Si inizia subito con l’ultimo singolo “Soldier in the army of love”, scritto con il figlio di 13 anni, e con proprio Tom Morello al canto. Il sound è eccezionale e, dopo una discreta versione del singolo del 2018 “Vigilante Nocturno”, il pubblico si risveglia al suono del riff di “Testify” (cover dei Rage Against The Machine).
Segue a nostra grande sorpresa il pezzo “Gossip” che lo stesso Morello ha registrato con i Maneskin, eseguita alla perfezione. Bellissima anche la cover degli MC5 “Kick out the jams”.
Se il festival era già in forma, il pubblico comincerà a perdere la testa su un mashup di tutti i riff di chitarra iconici dei Rage Against The Machine.
A seguire, la bellisima cover degli Audioslave “Like a Stone” dedicata a Chris Cornell. E si finisce con due pezzi memorabili:
– La cover dei RATM “Killing in the Name Of” intonata per intero dal pubblico
– La cover di John Lennon “Power to the People” che ha fatto saltare tutto il festival per creare, come lo spera il chitarrista, un terremoto percepibile sulla scala Richter.
Voto: 10/10
Shaka Ponk (Mainstage 2) 22:00 – 23:10
Ecco una band che in tanti hanno richiesto per anni all’Hellfest e che riesce finalmente ad accederci nel corso del suo tour d’addio. Per coloro che non li conoscessero, i Shaka Ponk sono una band di hard rock francese che sperimenta effetti elettronici e melodie tendenti al pop creando un’atmosfera davvero pazza. Ma i pezzi di questa band dal vivo diventano veri e propri pezzi metal capaci di creare tra i piu grandi circle pit che abbiamo mai visto.
La band non delude con pezzi più old school come “I’m Picky” e “Twisted Mind” ma suonano anche molto bene pezzi più recenti come “J’aime pas les gens” et “Dad’Algorhythm”.
Oltre alla musica devastante, i musicisti sono innanzitutto delle bestie da palcoscenico, capaci di buttarsi nel pubblico su ogni pezzo. Il cantante Frah ha ormai anche per tradizione di venire ad alzarsi su una cassa posata in mezzo al pubblico e chiedere un’enorme circle pit attorno a se, come se fosse un totem attorno al quale danzano in cerchio gli indiani.
Il gruppo approfitta della sua performance per fare passare tanti messaggi politici. E’ infatti noto per le sue posizione ecologiche e alle opinioni radicalmente opposte al presidente Macron, rappresentato su uno schermo come un mastro burattinaio che tira i fili dei poteri.
In sintesi, uno spettacolo incredibile ricco di emozioni.
Voto: 10/10
Machine Head (Mainstage 1) 23:15 – 00:45
Se la nostra dose di energia era già altissima, è arrivata alle stelle con il colosso americano Machine Head!
Si inizia con un ambiente lugubre con l’intro di “Imperium” che letteralmente esplode con le prime note distorte: fuoco, fiamme, luci, scintile, un suono perfetto, chitarre graffianti…
È stato dall’inizio alla fine impossibile non essere presi da un emozione allo stomaco guardando lo show che si stava svolgendo davanti a noi e volere gridare, saltare e fare headbanging fino al mal di testa! Come se non bastasse, Rob Flynn era in una forma olimpionica, capace di suonare riff impossibili mentre canta con tutta la sua anima pezzi come “Now we die” e “Locust”.
Emozionantissimi (ma in modo diverso) il doppio assolo di chitarra simultaneo in tapping su “Now we die” e “Darkness Within” dedicata dallo stesso Flynn alla madre defunta, della quale sarebbe stato il compleanno questo giorno.
Rob si è dimostrato essere un grandissimo frontman, incitando il pubblico costantemente per tutto il set! La band ha fatto inoltre di tutto per creare uno show spettacolare (oltre a fuoco, fiamme, luci e una performance musicale perfetta) la band non ha esitato a spargere martelli gonfiabili giganti, un centinaio di palloni gonfiabili giganti e ha chiuso in bellezza con una vera e propria tempesta di coriandoli su “Halo”.
Lo possiamo affermare senza esagerare: pur non essendo dei grandissimi fan dei Machine Head e scettici all’idea di averli come headliner, è stato per il sottoscritto il più bel concerto metal di sempre! L’unico difetto è stato di durare solo un’ora e mezza. Avremmo voluto non finisse mai…
Il live della band è disponibile in integrale su YouTube (Arte Concert):
Voto: 10/10
Body Count (War Zone) 1:00 – 2:00
Prima di concludere questa seconda giornata facciamo un passaggio alla War Zone dove si sta svolgendo il concerto del mitico gruppo punk-rock / nu-metal Body Count in compagnia del cantante originale “Ice-T”.
La War Zone è così piena cha non riusciamo ad accedere alla zona del concerto e dobbiamo ascoltare i primi pezzi in lontananza. Riusciamo a riconocere “There Goes the Neighbourhood” e “The Purge” che ci fanno capire che il concerto che si sta svolgendo è decisamente punk e sicuramente molto eccitante.
Purtroppo, da lontano e con un suono basso, non siamo riusciti ad apprezzarlo come si deve e ci avviamo per qualche ora di sonno in modo da affrontare la giornata di sabato che si annuncia molto impegnativa.
Voto: 6/10
Si ringrazia l’Hellfest
Live Report a cura di Marco Fanizza
Fotografie a cura di Daniele Fanizza
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