GIORNO 3: SABATO 29/06/24
Alien Weaponry (Mainstage 1) 12:15 – 12:45
Incominciamo presto con il groove metal dei giovanissimi neozelandesi “Alien Weaponry” che propongono un metal accattivante ispirato da storie, miti e tradizioni maori (come lo si può dedurre dal tatuaggio facciale del bassista Turanga Morgan-Edmonds).
Con un metal molto grezzo, il gruppo colpisce il pubblico ma purtroppo senza farlo decollare del tutto. La colpa forse è anche del suono poco potente e non ben definito. Rimane comunque un buonissimo modo di iniziare la giornata con questa band che ci piace sempre molto per l’originalità e l’energia che riesce a creare.
Voto: 7/10
Eternal Champion (Mainstage 2) 12:50 – 13:30
Continuiamo la giornata con un gruppo di heavy metal texano, del quale ci colpiscono molto i chitarristi, che dimostrano una grande destrezza nel suonare i loro riff velocissimi.
Il gruppo si presenta purtroppo sul palco con una formazione a quattro perché il bassista Brad Raud è deceduto un mese prima a soli 36 anni.
Malgrado l’assenza di basso, il concerto è eseguito molto bene. Ma lo stile del gruppo non ci colpisce più di tanto.
Voto: 6/10
Hrafngrimr (Temple) 13:35 – 14-45
Con il cielo che minaccia di rilasciare presto litri e litri di pioggia, ci rifugiamo al Temple per ascoltare questo gruppo francese dal nome impronunciabile, che riproduce musica tipica vichinga con una combinazione di strumenti d’epoca e moderni.
Il concetto è molto simile a quello dei famosissimi Heilung, ma con la differenza di non avere comparse sul palco e di usare anche strumenti più recenti, come chitarre acustiche.
Il risultato è eccezionale. Il gruppo ci trasporta in un’atmosfera unica, quasi in uno stato di trance. Una bellissima esperienza immersiva che avrà sicuramente portato gli dei pagani a risparmiarci la pioggia (ma solo per qualche ora…).
Voto: 9/10
Anvil (Mainstage 2) 13:35 – 14:15
Sul Mainstage 2 tocca ai veterani canadesi di intrattenere l’orda di metallari con il loro puro heavy metal. Il gruppo, che tra l’altro ha pubblicato il proprio nuovo album qualche giorno prima, suonerà da quest’album soltanto “Truth is dying” privilegiando pezzi iconici come “March of the Crabs” e “Metal on metal”.
Purtroppo, si percepisce che il gruppo è invecchiato e l’energia non c’è. L’immagine di una band che fatica a mantenere il carisma dei periodi d’oro non si riesce a dimenticare guardando questa performance, ma sempre con grande rispetto per questo gruppo storico.
Voto: 6,5/10
Rhapsody of Fire (Mainstage 2) 14:20 – 15:05
Sul Mainstage 2 tocca ai nostri portabandiera italiani, capitanati dal grandissimo Giacomo Voli, che offrono una performance più che energica. Una pura tempesta di power metal che funziona sempre molto bene all’Hellfest e che spinge l’eccitazione del pubblico e che fa sorridere i nostri musicisti italiani.
Voto: 8/10
Black Stone Cherry (Mainstage 1) 15:10 – 15:55
Varca ora il prestigioso palco del Mainstage 1 la famosissima band del Kentucky che non metteva i piedi all’Hellfest dal 2009. I Black Stone Cherry ci raccontano infatti di essere molto felici di tornare sulle terre dell’inferno, al punto di aver chiesto specificamente di chiudere il loro tour europeo con questa data.
Questa grinta si è sentita sin dalle prime note di “Me and Mary Jane” che darà l’inizio ad una festa di 45 min, che risulterà decisamente troppo corta. Il gruppo ha dato il meglio di sé con energia da vendere su riff pesantissimi ed emozioni strappalacrime su “Like I Roll”, con la voce inconfondibile di Chris Robertson ed il grillo salterino Ben Wells alla chitarra.
Con una setlist focalizzata sui pezzi più energici della band (che ha anche bellissime ballad che non sono state suonate in questo set), gli americani conquistano il pubblico che canta ogni canzone strappando tanti sorrisi a Chris.
Voto: 10/10
Stratovarius (Mainstage 2) 16:00 – 16:45
Torniamo sulle terre del power metal con i Stratovarius. Se i Rhapsody of Fire avevano già portato tantissima energia con il loro power metal, i Stratovarius hanno inalzato il livello scatenando per 45 minuti potenza leggendaria che porta altissima la bandiera ed il nome del power metal che è un po’ meno presente quest’anno all’Hellfest.
Voto: 8,5/10
Mammoth WVH (Mainstage 1) 16:50 – 17:45
Ritorniamo in terre più hard rock con il figlio di una delle più grandi leggende del rock; si parla del figlio unico del Sig. Eddy Van Halen: Wolfgang Van Halen che porta il suo progetto Mammoth WVH in giro per il mondo da ormai qualche anno.
Oltre a dimostrare di essere un chitarrista che ha preso tutto dal padre (anche se avremmo voluto qualche assolo in più) il giovane Wolfgang dimostra di avere un grandissimo talento sia come compositore, che come cantante. Con una voce bellissima e usata alla perfezione, il giovane ragazzo rapisce l’Hellfest con il suo hard rock moderno a riff accattivanti (come quello di “You’re to Blame”) e ritornelli melodici.
Ad affiancarlo c’è un membro che ha già varcato le soglie del Mainstage più volte, ovvero Frank Sidoris, chitarrista ritmico di Slash ft Myles Kennedy and the Conspirators.
Il gruppo offre una performance all’altezza della reputazione che si è fatto Wolfgang negli ultimi anni. L’unica nota negativa, è che ci è mancata un po’ di interazione con il pubblico.
Voto: 9/10
Yngwie Malmsteen (Mainstage 2) 17:40 – 18:25
Dopo un giovane chitarrista come Wolfgang, tocca ad un veterano, vero e proprio mostro della chitarra. Stiamo parlando del tanto adorato (e a volte odiato) Yngwie Malmsteen, che porta il suo style di chitarra neoclassico all’Hellfest.
Osservare il guitar hero in azione è un’emozione per chitarristi come il sottoscritto che non ha eguali. Vedere dal vivo quelle cose cha da album ci sembravano già impossibili da suonare, ci sembrano ancora più incredibili! Chissà, tra l’altro, se il guitar hero ha guadagnato un po’ in saggezza negli ultimi anni, dimostrando sul palco un’attitudine di grande classe e quasi umiltà (lui che non ha la reputazione di non essere un grande spasso come persona…).
Il set proposto dalla band rimane però molto strumentale, con qualche pezzo cantato dal tastierista. Ma ne vale di sicuro la pena per vedere il maestro all’opera.
Voto: 8,5/10
The Haunted (Altar) 17:45 – 18:35
Ci togliamo per un po’ dal Mainstage per andare a vedere il death metal grezzo della band svedese The Haunted, che non si era vista da anni in Francia.
Con nessun nuovo album in vista dopo Strengh in Numbers (2017), la band propone una selezione dei suoi migliori pezzi come “99” e “All Against All” eseguiti alla grande con il vocalist Marco Aro che intrattiene il pubblico cercando di avvicinarsi sempre di più ai sui fan, salendo addirittura sulle casse presenti davanti allo stage.
Bello vedere anche il chitarrista Ola Englund uscire finalmente dal suo ufficio, dal quale ha costruito un impero come influencer e la marca di chitarre metal Solar Guitars. Notiamo infatti che il chitarrista porta sul palco una splendida Solar X con un motivo denominato Cannibalismo Rosa (ce ne siamo innamorati … della chitarra).
Voto: 8,5/10
Extreme (Mainstage 1) 18:30 – 19:30
Questa band, e soprattutto il suo chitarrista, ha fatto molto parlare di sé ultimamente, rinascendo dalle ceneri. Infatti, un po’ più di un anno fa, il gruppo pubblica il primo singolo del suo album più recente, SIX, intitolato “RISE”. Se il singolo in sé non ha niente di più di un bel pezzo hard rock, è stato soprattutto l’assolo impressionante del chitarrista Nuno Bettencourt ad aver fatto parlare di sé. Da allora, la band è comparsa di nuovo su radar di magazine, interviste e in tanti festival.
Ci ritroviamo quindi con gli Extreme all’Hellfest che aprono con la meno conosciuta “It‘s a Monster)” seguita subito dall’inconfondibile “Decadence Dance”. Si capisce immédiatamente quanto la band sia in forma, così in forma che il cantante Gary Cherone, preso dall’entusiasmo, cercherà di saltare uno dei cameramen senza successo, che si trovava in traiettoria della sua corsa, investendo il povero operatore tecnico. Per fortuna nessuno si è fatto male, Gary se l’è cavata con una capriola da stuntmen, scusandosi con il cameraman.
Nuno si rivela con tutta la sua destrezza dall’assolo di “Kid Ego” in poi. Costui ci ha quasi fatto dimenticare che qualche minuto prima finiva di suonare il virtuoso Malmsteen. Tra l’altro, si sente che la band lascia tanto spazio a Nuno, sia come chitarrista, che come frontman della band. Nuno prenderà tantissime volte la parola per ringraziare il pubblico e lamentarsi della lontananza tra lo stage ed il pubblico, a causa dello Snake Pit dei Metallica, già installato.
Ma i brividi vengono soprattutto quando, armato della sua chitarra acustica, Nuno dichiara “lo so che è un festival di metal, ma sono sicuro che anche voi volete cantare questa” prima di intonare la bellissima “More Than Words” cantata dell’intero festival. Chiuderanno con “RISE” ed il famigerato assolo. Un concerto da brivido (brividi, ma di stress, saranno anche venuti all’organizzazione, visto che gli Extreme sono l’unico gruppo che abbiamo visto all’Hellfest che ha finito con un ritardo di quasi 10 minuti, scombussolando il resto del programma).
Voto: 10/10
Accept (Mainstage 2) 19:35 – 20:30
Il cielo comincia a diventare molto heavy metal, ed anche il Mainstage 2. Arrivano infatti i leggendari Accept, con una formazione alternativa che include l’ex-Whitesnake, Joel Hoekstra in rimpiazzo temporaneo di Philip Shouse.
Il gruppo apre con “The Reckoning” che non colpisce più di tanto, con un Mark Tornillo (voce) un po’ in ripiego. Ma le cose si sono aggiustate molto velocemente con “Restless and Wild” e, in concomitanza con l’arrivo della pioggia, ‘Princess Of The Dawn” intonata dal pubblico. Ma l’apice del concerto sarà ovviamente la sequenza composta da “Metal Heart”, “Teutonic Terror”, “Pandemic” finendo sull’immancabile “Balls to the Wall” che martella il pubblico imbacuccato con un diluvio di puro heavy metal.
Voto: 10/10
Il live della band è disponibile in integrale su YouTube (Arte Concert):
Skyclad (Temple) 20:40 – 21:40
Un po’ per ripararci dalla pioggia, ma anche perché eravamo curiosi, ci rifugiamo al Temple in compagnia dei veterani del folk metal, gli Skyclad. Il gruppo originario di Newcastle-Upon-Tyne (Regno Unito) fa da subito capire come andranno le cose intonando “Earth Mother, the Sun and the Furious Host “. Ci sembra in fatti da subito di essere finiti in un grandissimo pub, dove suona una band locale infuriata, in preda ad una energia punk, ma che intona canzoni folkloristiche, dove le chitarre elettriche si mescolano al violino di Georgina Biddle e la chitarra acustica di Kevin Ridley.
Quest’ultimo urla alla fine di questo primo pezzo “Good evening!! Let’s have a party!”. Il tono è dato. 60 minuti di festa riscaldante in questo pomeriggio dove il meteo è familiare alla band del nord dell’Inghilterra (che scherza dicendo che ci ha portato un po’ di meteo inglese). Ci viene infatti molto spontaneo di saltare, ridere e ritrovare la gioia che il maltempo ci ha portato via. Il termine “festa” lo userà tantissimo Ridley (cantante) che si dispera perché gli venga portata una birra in questo sabato sera, prima di intonare una cover stupenda di “Emerald” dei Thin Lizzy!
Immancabile il discorso politico per un gruppo come gli Skyclad che prima di suonare l’acclamatissima “Parliament of Fools” si compiace che gli inglesi stanno buttando fuori i conservatori (sic “bastards”) dopo anni al potere, mentre in Francia i pronostici delle elezioni dell’indomani non sono cosi buoni…
Il gruppo termina su “Inequality Street” che ci è sembrata tropo corta, come questo concerto bellissimo.
Voto: 10/10
Il live della band è disponibile in integrale su YouTube (Arte Concert):
Bruce Dickinson (Mainstage 2) 21h40 – 22h40
Affrontiamo di nuovo il meteo apocalittico appositamente presente per fare da sfondo al progetto occulto solista di Bruce Dickinson, che varca il Mainstage 2 dove porterà solo pezzi dei suoi progetti da solista (nessuna cover degli Iron Maiden).
Ci colpisce tantissimo quanto il cantante sia felice sul palco e interagisca tantissimo con il pubblico, divertito dalla presenza della pioggia che insulterà in nome del pubblico tutto il concerto. Al pubblico si rivolgerà tantissimo il grande cantante in un francese corretto, ma maldestro, il che divertirà tantissimo la folla infreddolita e bagnata. Il pubblico perderà ovviamente la testa quando a metà concerto il cantante intonerà il suo classicissimo “ Scream for me Hellfest”.
Siamo impressionati da quanto questo progetto sia potentissimo, con il basso della bravissima Tanya O’Callaghan (ex-Whitesnake), le chitarre urlanti dei musicisti di sessione Chris Declercq e Philip Naslund, il tastierista Mistheria e il batterista Dave Moreno. Il tutto forma una band solidissima e carismatica per accompagnare la leggenda del british heavy metal.
Per quanto riguarda il sound, suonano benissimo dal vivo pezzi più vecchi come “Laughing in the Hiding Bush” e “Chemical Wedding” ma anche pezzi dell’ultimissimo album, The Mandrake Project come “Afterglow of Ragnarok” e “Resurection Man”.
Insomma, malgrado la pioggia, l’incertezza ed il fatto che non conoscevamo neanche un pezzo da cantare, è stata una bellissima sorpresa.
Voto: 10/10
Il live della band è disponibile in integrale su YouTube (Arte Concert):
Metallica (Mainstage 1) 22h45 – 01:00
A questo punto della serata siamo infreddoliti e, pur essendo equipaggiati, bagnanti fradici con una pioggia che non smette. Davanti a noi ci aspettano due ore di concerto del gruppo metal più influente della storia ancora in tour: i Metallica.
La band è sicuramente meno preoccupata di noi, perché ormai è abituata in questo tour a suonare sotto piogge torrenziali e persino temporali (come a Monaco di Baviera).
Si attacca fortissimo con “Creeping Death” dove notiamo una cosa positiva ed una negativa. Quella positiva è che James Hetfield e la sua ciurma son in una forma smagliante! Quella negativa è che il suono fa schifo…
A questo punto dobbiamo lamentarci: come diamine è possibile che in quattro giorni di festival, l’unico gruppo che ha avuto un suono davvero pessimo dall’inizio alla fine è un colosso, anzi IL colosso che sono i Metallica!? Un Kirk Hammett che per noi ha fatto air guitar tutto il concerto (non abbiamo percepito una nota di assolo in due ore), un basso che era o troppo forte, o assente, a seconda del pezzo, e una batteria che sembrava troppo debole. Sentivamo solo la chitarra di James, che era l’unica cosa corretta, ma dal suono molto grezzo, a tale punto che la differenza era palese quando i sample introduttivi preregistrati lasciavano spazio al suono live.
Malgrado questo disagio sconcertante, abbiamo incredibilmente vissuto un super concerto. Forse perché l’anima dei Metallica c’era, ovvero un James Hetfield constante con la sua chitarra della quale abbiamo sentito ogni nota et la sua voce inconfondibile, che ci cantava ogni pezzo con tutta la sua anima da dio del metal.
Sicuramente ha giocato tantissimo anche la scaletta spettacolare (che cambia spesso per i Metallica) che ci ha regalato una “The Day That Never Comes” e le immancabili “Sad But True”, “Master Of Puppets”, “One”, “Enter Sandman”, “Seek and Destroy” e “Hit the Lights”.
Persino i pezzi del nuovo album 72 Seasons ci hanno entusiasmato. Ci ha invece divertito la cover fatta da Rob e Kirk del pezzo “l’Aventurier” del gruppo francese Indochine (anche se abbiamo capito l’indomani che i francesi hanno parlato di un massacro in regola d’arte da parte dei due horsemen).
Il tutto si conclude con un fuoco d’artificio alla fine dell’immancabile “Master of Puppets” che ha illuminato il cielo di Clisson.
Voto: 10/10
Saxon (Mainstage 2) 1:05 – 2:05
Chiudiamo questa giornata, dove la pioggia ci ha finalmente lasciato, per dare spazio ad un cielo stellato con una band che, al contrario dei Metallica, aveva un suono PERFETTO! Si tratta dei veterani riamasti da sempre fedeli ad ogni aspetto dell’heavy metal.
I mitici Saxon si esibiscono sul Mainstage 2, ai piedi del quale accorrono quelli che non sono ancora morti di freddo per riscaldarsi con headbanging e air guitar ad oltranza sul riff accattivante di “Hell, Fire and Damnation”.
Il concerto potrebbe essere riassunto cosi: chitarre urlanti a palla, un Biff Byford dalla voce indemoniata con il sua classico carisma da generale inglese elegantemente soddisfatto dal pubblico (ma senza mai sorridere come sempre), una batteria che suona ai 300km/ora ed un basso rombante specialmente su “Motorcycle Man”.
La band ci farà soprattutto perdere la testa su inni come “Wheels of Steel”, sulla quale la gigantesca aquila robotizzata del gruppo discenderà dal tetto del palco per dare uno spettacolo di luci anni 80’ sublime, o la “Heavy Metal Thunder” accompagnata da fuoco e fiamme sul palco.
Finiremo la serata cantando a squarciagola “Crusader” e l’immancabile “Princess of the Night”, con tutti i coraggiosi rimasti ancora davanti al palco alle 2 di mattina passate.
Ci rimane solo da salutare questa terza giornata piena di emozioni che siamo felicissimi di avere chiuso con questo gruppo immenso, da sempre constante per quasi 50 anni e che sembra incapace di fare una performance che non sia eccezionale!
Voto: 10/10 e lode!
Il live della band è disponibile in integrale su YouTube (Arte Concert):
Si ringrazia l’Hellfest
Live Report a cura di Marco Fanizza
Fotografie a cura di Daniele Fanizza
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