GIORNO 4: DOMENICA 30/06/24

High on Fire (Mainstage 1) 12:25 – 13:05

Incominciamo quest’ultima giornata dal meteo infuocato con un gruppo dal nome adatto alla situazione. Il Mainstage 1 è stato invaso dai potentissimi High on Fire, con il loro sludge / stoner metal, capitanati dal mitico chitarrista e cantante Matt Pike (anche chitarrista degli Sleep).

L’influenza dello stoner degli Sleep si sente decisamente nelle sonorità della band. La batteria è pesantissima, il basso molto groovy e la chitarra di Pike super distorta, quasi fuzz, ad un volume assurdo. Abbiamo infatti potuto assistere a questo concerto abbastanza da vicino, il che ci ha permesso di notare che i due double stack di amplificatori Orange e Soldano erano a palla!

Per cominciare la giornata è stata una performance da manuale. Se il gruppo si è poco rivolto al pubblico, siamo sicuramente stati intrattenuti dai pezzi incredibilmente pesanti e il canto urlato del grande Pike.

Voto: 8,5/10

 

Neck Deep (Mainstage 2) 13:10 – 13:50

Si prosegue con una band molto più rappresentativa dello stile di musica che si potrà sentire al festival in questa giornata un po’ originale.

In contrasto con le edizioni precedenti, questa giornata vede infatti tanti gruppi molto più light e adatti al grande pubblico. Un cambiamento volontario del festival, ma che ha portato molti fan della prima ora a lamentarsi e a volte anche a rinunciare a questo festival, vedendo il cambiamento come una forma di tradimento.

Malgrado le polemiche, ci sentiamo di dire che un’ondata di pop-punk di qualità come quella dei Neck Deep in questa giornata estiva è più che benvenuta. Il gruppo originario del Galles (Regno Unito) offre una musica di grandissima qualità ed energia da vendere. Pezzi come “Dumbstruck Dumbf**k” e “We need more bricks” possono solo creare un’ambiente festivo che tutti condividono in quest’ultima giornata.

Per coloro della nostra generazione nati nei primi anni 90’, questo stile di musica ha inevitabilmente un effetto nostalgico fortissimo, anche se non conoscevamo per niente questo gruppo che ci ha colpito.

Fedele all’anima punk del gruppo, il cantante Ben Barlow farà un grande discorso politico, sempre legato alle votazioni francesi del giorno, giustificandosi scandendo che suonano punk, che è un genere politico che ha un senso, e che so dovessero fare musica senza senso tanto vale che vadano a fare altro.

Insomma, tutti gli ingredienti del pop-punk anni 2000 c’erano. Non avevamo previsto di rimanere tanto, e siamo invece rimasti quasi fino alla fine.

Voto: 8,5/10

 

Scawl (War Zone) 13:35 – 14:15

Ci spostiamo a vedere una band che propone un punk decisamente più arrabbiato. La giovanissima band californiana si esibisce con forza e furia sullo stage della War Zone.

Ci ha di sicuro colpito l’energia della band e della sua cantante Kat Moss, anche se musicalmente abbiamo trovato il resto della performance troppo poco accattivante. Detto ciò, per una band che si definisce come punk hardcore autentico, era forse l’effetto ricercato.

Voto: 6/10

Simple Plan (Mainstage 2) 14:40 – 15:25

Per molti di noi, con un concertone dei Simple Plan, è stato come ritornare indietro nel tempo a quando avevamo 14-16 anni. Per quanto la band sia decisamente molto pop per questo festival di musica estrema, non è un segreto che anche il più grande fan di death metal o black metal del festival ha probabilmente cominciato ad interessarsi alla musica rock con questa band.

Infatti, è forse uno dei rari momenti dove vediamo giovanissimi con magliette dei Foo Fighters e Royal Blood cantare e saltare insieme a gente con magliette dei Dimmu Borgir e In Flames.

I Simple Plan hanno infatti portato un concerto dal repertorio molto ampio, suonando i suoi pezzi più conosciuti tra quelli della prima ora come “Perfect” e “Jump” ed altri più “recenti” come “Summer Paradise” e “Jet Lag”.

La band canadese offre gioia ed energia da vendere. E se il capitale simpatia della band era già altissimo, il fatto che il cantante Pierre Bouvier si esprima interamente in francese (francese del Quebec che è un po’ diverso dal francese del continente, considerato dai francesi come una lingua un po’ buffa) non fa che rafforzarlo.

La festa raggiunge il suo culmine quando, in più dei suoi pezzi iconici, la band si lancia in un mashup di All Star (cover degli Smash Mouth), Sk8ter Boy (cover di Avril Lavigne) e Mr. Brightside (cover dei The Killers). E come se non bastasse, a seguire 70 mila metallari perdono la testa sulla cover del tema musicale di Scooby Doo.

Insomma, con questa esibizione e la reazione del pubblico, si può solo sfatare il mito secondo il quale i metallari siano persone strane, tristi, assetate di violenza e poco aperte musicalmente.

Voto: 10/10

 

Blues Pills (Mainstage 1) 15:30 – 16:20

Si prosegue con una band programmata all’ultimo minuto in rimpiazzo degli HEART. Se la cancellazione degli HEART ci è dispiaciuta, vedere i Blues Pills ci ha fatto dimenticare la delusione.

La band di blues rock svedese è una bomba di energia incarnata dall’incredibile frontwoman Elin Larsson. Si tratta probabilmente di una delle nostre blues-rock band preferite, che ci fa emozionare ad ogni loro concerto. Questo giro, come quando li avevamo scoperti proprio qui all’Hellfest nel 2022, la band ci rapisce durante tutto il tempo della performance.

Persino i nuovi singoli dell’album Birthday che uscirà a breve rendono benissimo alla pari di pezzi oramai classici come “High Class Woman” e “Devil Man”.

Insomma, se non conoscete questa band, andate subito ad ascoltarla e a trovare una data per vederli dal vivo!

Voto: 10/10

 

Franck Carter and the Rattlesnakes (Mainstage 2) 16:25 – 17:15

Ecco un altro artista che aveva già suonato qui nel 2022 e che ritorna sul palco dell’Hellfest, portando il suo punk moderno carico di energia.

Se il carisma del cantante britannico è senza dubbio accattivante, la performance globale ci è sembrata un po’ più debole della volta scorsa. Pure la setlist non è molto diversa dal 2022.

Ritroviamo infatti “Crowbar”, “Devil Inside Me” e “Wild Flowers”. Sicuramente i pezzi più recenti come “Can I take You Home” e “Man of Honour” ci conquistano meno e ci fanno rimpiangere pezzi non suonati come “Tyrant Lizard King” e “Juggernaut”.

Insomma, ci è mancato un Frank Carter un po’ più incavolato, ma questo cambio non è sorprendente perché si percepisce anche nella discografia.

Voto: 7/10

Il live della band è disponibile in integrale su YouTube (Arte Concert):

Royal Blood (Mainstage 1) 17:20 – 18:15

Segue un’altra band molto più abituata ai festival dedicati ad un pubblico molto più contemporaneo, ma della quale il sound pesantissimo merita tutto il suo posto all’Hellfest.

Per coloro che non li conoscessero, i Royal Blood sono un giovanissimo duo inglese composto da Mike Kerr (basso/voce) e Ben Thatcher (batteria) un po’ particolare. Propongono uno stile indubbiamente moderno con riff distorti tinti di pesantezza Led Zeppeliniana mista ad un canto molto pop. Altra particolarità, il suono del basso di Kerr. Il segnale dello strumento viene in effetti diviso in tre per dirigersi un due amplificatori per chitarra e uno per basso. Insomma, con un basso, sembra che Kerr suoni un basso e due chitarre elettriche.

Malgrado qualche mini-problema tecnico all’inizio del concerto (con il suono del basso che si staccava) la band conquista indubbiamente il festival che si scatena su pezzi come “Come On over” e l’immancabile “Figure It Out”.

Voto: 9/10

Il live della band è disponibile in integrale su YouTube (Arte Concert):

Corey Taylor (Mainstage 2) 18:20 – 19:20

È tornato, in veste sicuramente diversa da come siamo abituati a vederlo, il grandissimo (forse uno dei più grandi frontman del mondo metal) Corey Taylor. Lo stesso Taylor, già presente nel 2023 con gli Slipknot e nel 2022 con gli Stone Sour, torna quest’anno con il suo progetto da solista.

La band ci propone tanti pezzi di origine diversa, tra i quali troviamo pezzi estremi degli Slipknot come “Duality” e “Before I Forget” (che gli stessi Slipknot non avevano suonato l’anno scorso!), pezzi più hard rock degli Stone Sour come “Made of Scars” e “Song #3” e pezzi solisti più punk come la bellissima “Black Eyes Blue” e “Beyond”.

Ognuno di questi pezzi è stato esibito sia dal grande Corey che dalla sua band egregiamente, con un suono precisissimo. Con tutta questa discografia, il frontman ci ha dato tantissime emozioni.

Abbiamo riso tantissimo sulla cover di “Sponge Bob”, fatto headbanging su tantissimi pezzi e versato una lacrima su “Home”. Prima di cantare questo pezzo, il cantante ha infatti voluto dedicarla a sua moglie, presente sul lato del palco, che, secondo lo stesso Corey, gli avrebbe salvato la vita recentemente in uno dei momenti più bui.

Se il talento di questo artista non ha paragoni, e forse ancora più grande la sua simpatia e la sua umiltà. Corey non ha mai smesso di ringraziare il pubblico e di precisare quanto era riconoscente dell’affetto che gli ha riservato il pubblico francese per quasi 20 anni.

Oltre ad un bellissimo concerto, è stata una grande lezione di come si diventa un grande performer.

Voto: 10/10

Il live della band è disponibile in integrale su YouTube (Arte Concert):

 

Queens of the Stone Age (Mainstage 1) 19:25 – 20:40

Il concerto dei QOTSA è stato un momento un po’ strano. Con il suo sound inconfondibile e la sua originalità, la band ha decisamente fatto un buon concerto. Pezzi ormai classici come “No One Knows” e “Go With the Flow” suonano indubbiamente bene, e la chiusura su “A Song for the Dead” e stata un grande momento.

Però, ci è mancato qualcosa, senza che ci sia una ragione oggettiva di quello che ci è mancato. Il sound c’era, l’energia anche, e la scaletta non poteva che soddisfare i fan, e non fan, di questa band. Però ci siamo annoiati.

Non ha sicuramente aiutato il fatto che Josh Homme (cantante e chitarrista) fosse probabilmente ubriaco a metà set, dopo essersi scolato birre e bicchieri di Whisky sul palco tra un pezzo è l’altro.

Insomma, siamo delusi. Però non ci sentiamo di mettere un voto basso perché la nostra delusione è sicuramente molto soggettiva e non abbiamo critiche oggettive da fare.

Voto: 7/10

The Offspring (Mainstage 2) 20:45 – 21:55

Quasi arrivati alla fine di questo festival, ritroviamo una band, ormai membro d’onore del festival che non poteva mancare in questa giornata in parte dedicata al pop-punk.

Anche quest’anno, gli Offspring vengono a portare un po’ di follia ed energia ai metallari dell’Hellfest che ormai conoscono tutti i pezzi a memoria. La setlist non delude con pezzi come “Come out and Play”, “All I Want”, “Pretty Fly”, “You’re gonna go far kid” e “Self Esteem”.

Purtroppo, abbiamo trovato che questa volta l’energia non era al massimo. Abbiamo anche avuto quasi l’impressione che alcuni pezzi sono stati rallentati. Niente da dire invece sulla voce di Dexter, in formissima.

Il pubblico si è sicuramente scatenato e abbiamo assistito ad una vera e propria marea di crowd surfers che, sebbene siano sicuramente belli da vedere dal palco, sono decisamente una grande rottura di scatole per il resto del pubblico che passa mezzo concerto a guardarsi alle spalle per paura di finire schiacciato sotto l’ennesimo metalhead di 120 kg che non ha capito che forse è ora di lasciare quest’attività ai più giovani…

Comunque, gli Offspring sono sempre una garanzia di divertimento.

Voto: 9/10

I Am Morbid (Altar) 21:55 – 22:55

Se c’è un artista in grado di incarnare alla perfezione il death metal, quell’artista si chiama David Vincent. Dalla sua voce profonda e tenebrosa durante le sue interazioni con il pubblico fino ai growls spettrali delle parti cantate, David ha carisma e talento da vendere. Anche se ormai concentrato sul suo fantastico progetto di blackened death metal VLTIMAS, David trova ancora il tempo di deliziarci con i leggendari pezzi dei Morbid Angel tramite questo progetto che non può che farci impazzire. E cosi, sentire dal vivo pezzi come “Immortal Rites” e “Maze of Torment” diventa una pura goduria e un momento sensazionale di questo festival.

Voto: 8/10

 

Dimmu Borgir (Temple) 23:00 – 00:00

È diventato ormai estremamente difficile vedere i Dimmu Borgir dal vivo purtroppo… la leggendaria band di symphonic black metal norvegese ha infatti ridotto drasticamente le performance live e non ha presentato nuovo materiale dall’ormai lontano 2018 con l’album “Eonian”. Infatti, l’ultima volta che li vidi era il 2017 proprio qui all’Hellfest. E che dire… ci erano mancati da morire! Dispiace davvero moltissimo che questa band si un po’ sparita dai riflettori perché i loro set rimangono qualcosa di straordinario! E questa sera ci siamo goduti a pieno una performance da manuale come ce li ricordavamo… epica, spettrale, profonda e decisamente ipnotica! Shagrath è in grandissima forma e la sua voce piu’ potente che mai! L’unico rimpianto è non vedere più scenografie e tuniche estremamente appariscenti ma un decoro molto più sobrio e minimal. Detto questo, il set è stato talmente bello che un ora di concerto ci è sembrato durasse 10 minuti… rivogliamo questa band in tutto e per tutto!

Voto: 9/10

 

Foo Fighters (Mainstage 1) 22:00 – 00:00

I concerti sul mainstage si concludono con un gruppo che viene in questo festival per la prima volta e che torna in Francia dopo tanti anni (ultimo concerto nel 2015).

Se alcuni erano scettici, possiamo dirvi che i Foo Fighters sono decisamente una grandissima band che per due ore ha dato una vera e propria lezione di puro rock ‘n’ roll. Solo ed esclusivamente live music grezza, eseguita con un’energia impressionante, e allo stesso tempo, un’intimità che ci dava quasi l’impressione di essere con la band in una sala prove. Inoltre, le capacità vocali di Dave Grohl sono una cosa di un altro pianeta. Dopo averlo visto cantare “The Pretender” come terzo pezzo in scaletta, ci siamo tutti chiesti come avrebbe fatto per cantare il resto del concerto. E malgrado i nostri dubbi, Dave ci ha spiazzato. Non è mai sembrato in difficolta e si è pure fumato qualche sigaretta durante il concerto. Non siamo decisamente tutti uguali…

Da sottolineare che la scaletta che comprendeva tutti i più grandi successi della band come “All my life”, “Best Of You”, “Monkey Wrench”, “Learn to Fly”, “My Hero”, “Walk”… Eppure, l’unica critica che abbiamo riguarda proprio la scaletta. Non capiamo infatti la scelta di suonare come penultimo pezzo la oscura e lunghissima “The Teacher” che, dal nostro punto di vista, ha fatto crollare tutta l’atmosfera. A tal punto che l’ultimo pezzo, la classica “Everlong”, è riuscita a ridarci un po’ di entusiasmo ma senza riuscire a ridarci quella che avevamo avuto durante tutto il concerto. Avremmo preferito che il pezzo fosse suonato a metà scaletta.

È stato comunque un bellissimo concerto e ci sono piaciute tanto le dediche al mondo metal fatte durante le presentazioni dei musicisti: dall’intro di “Mr Crowley” (Ozzy Osbourne) suonata da Rami Jaffee (tastiera), l’intro di “March of the Pigs” (Nine Inch Nails), suonato da Josh Frees (un tempo batterista dei NIN) o anche il riff di “Paranoid” (Black Sabbath) suonato da Pat Smear (chitarra).

Voto: 9,5/10

CONCLUSIONE

Si conclude così (e in modo un po’ brutale) questa edizione dell’Hellfest. Sulla fine del festival c’è stata quest’anno un po’ di polemica. Infatti, ormai da anni il festival ha l’abitudine di salutare i fan con un video riepilogo del weekend, a volte l’annuncio dei temi e/o band del prossimo anno, ma soprattutto un bellissimo fuoco d’artificio accompagnato da musica metal.

Quest’anno (stranamente) niente… e senza avvertire nessuno. Se non abbiamo trovato tracce del famigerato fuoco d’artificio dal fogliettino del programma ufficiale, il fatto che i concerti finissero a mezzanotte la domenica sera e che il fuoco d’artificio fosse annunciato da tutti i giornali, ci ha ovviamente lasciato un po’ sorpresi di omettere senza preavviso quella che era diventata una pura tradizione dell’Hellfest.

Il risultato, all’incirca 30 mila spettatori sono rimasti seduti davanti al Mainstage aspettando lo spettacolo per più di mezz’ora senza successo. Si è poi saputo che il fuoco d’artificio non c’era (non sappiamo se è stato annullato o non previsto dall’inizio) tramite passaparola iniziato da spettatori che hanno chiesto alla sicurezza.

Questa cosa ha purtroppo deluso tanta gente che è rimasta un po’ spiazzata.

In ogni caso, questa piccola delusione non è gravissima e non ha in alcun modo impattato sull’esperienza straordinaria che ci regala questo festival. Possiamo tranquillamente dire che anche quest’anno l’Hellfest è stato un successone unico nel suon genere che ci ha entusiasmato tantissimo! Non vediamo ovviamente l’ora di ritornarci l’anno prossimo e ringraziamo tutta l’organizzazione dell’Hellfest per tutto il lavoro fatto e per aver creato 4 giornate epiche!

Si ringrazia l’Hellfest

Live Report a cura di Marco Fanizza

Fotografie a cura di Daniele Fanizza

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