“Back to reality once again… a two-year break to reset our brains”, potrebbe essere questo il miglior modo per descrivere il ritorno degli In Flames in Italia dopo la pandemia, citando la frase della prima strofa del singolo “The Great Deceiver”, che anticipa il loro nuovo album “Foregone”, previsto in uscita per il 10 Febbraio 2023. Una serata all’insegna del Gothenburg sound e del melodic death metal con un poker di band svedesi di assoluto livello, composto da Orbit Culture, Imminence, At The Gates e ovviamente gli stessi In Flames.
Aprono la serata gli Orbit Culture, una band davvero intrigante che sa elevare il melodic death metal a una dimensione groove molto caratteristica. C’è infatti una componente decisamente trascinante che permette alla band capitanata da Niklas Karlsson di cogliere l’attenzione di tutto il pubblico presente fin dal primo brano. Per quanto l’Alcatraz sia ancora molto poco affollato, il che era da immaginarsi vista ancora l’ora di fine pomeriggio, c’è una forte partecipazione di tutti i fan presenti che dimostrano di apprezzare moltissimo il loro set. E hanno decisamente ragione… perché la componente heavy e le armonie di questa band sono veramente accattivanti, con dei riff devastanti che rimangono davvero impressi e il growl di altissimo livello di Niklas ad apportare tanta qualità a un progetto che risulta essere estremamente interessante. Non poteva esserci band migliore per iniziare la serata.
Setlist
Vultures of North
North Star of Nija
Strangler
Carvings
Saw
Proseguiamo con gli Imminence, band tutto sommato non recentissima in quanto fondata nel 2009 e con già quattro album studio all’attivo. In questo caso ci allontaniamo considerevolmente dal genere melodic death, in quanto siamo di fronte a quello che potrebbe essere considerato più un metalcore dalle tendenze alternative molto pronunciate. Si nota fin da subito la particolarità principale di questa band che è caratterizzata dal fatto che il cantante Eddie Berg suoni un violino mentre si cimenta in extreme vocals dagli switch clean/harsh vocals continui, oltre che a sfoggiare un vestito davvero inusuale, in classico stile anni 70 e bretelle ai pantaloni. Per quanto originale, lo definirei decisamente un po’ fuori contesto come outfit… detto questo, mi ha soprattutto deluso la parte musicale. E’ un progetto dove si percepisce un tentativo di inventiva fuori dal comune che però, a mio avviso, cade un po’ in quella tendenza metalcore commerciale che purtroppo si vede molto spesso recentemente… non dico che non sia una band valida, penso soltanto che potrebbero fare molto di più, anche perché la qualità di esecuzione degli strumenti è sicuramente evidente. Purtroppo la sensazione che mi lascia questa band è che assomiglino moltissimo ai Bring Me The Horizon, con una componente davvero troppo moderna e poco coinvolgente che fatica ad arrivare al pubblico… un vero peccato perché il potenziale di creare qualcosa di valido e originale c’era sicuramente…
Setlist
I am Become a Name…
Ghost
The Sickness
Erase
Chasing Shadows
Paralyzed
Infinity
Heaven in Hiding
Temptation
Con l’artista seguente, si cambia decisamente di livello, storia e carisma… perché gli At The Gates sono tra i pionieri indiscussi del Gothenburg-style melodic death metal insieme agli In Flames e i Dark Tranquillity. Fin dalla formazione della band nel 1990, gli At The Gates hanno posto le fondamenta di quello che è uno dei generi più amati del metal, raggiungendo l’apice con l’album “Slaughter of the Soul” del 1995. Dopo più di 10 anni di scioglimento e la riunion temporanea del 2008, la band è tornata definitivamente in scena dal 2011 con la seguente uscita di 3 ulteriori album dai titoli “At War with Reality” (2014), “To Drink from the Night Itself” (2018) e “The Nightmare of Being” (2021). Salgono quindi sul palco gli At The Gates tra il boato del pubblico ed inizia un’esibizione di pura classe assoluta in stile death metal. Precisi, energici, devastanti… si vede tutta la qualità di chi ha segnato un’era del melodic death. L’unica vera nota dolente, proprio dovuta a questa ormai lunghissima carriera di più di 30 anni, è che il cantante Tomas Lindberg non ha più la voce di una volta… il suo timbro vocale sembra davvero trasformato… non gli si può dire nulla a livello di energia messa sul palco… né tanto meno sulle effettive capacità vocali… è proprio una percezione di variazione delle tonalità vocali rispetto a quelle che conosciamo dalle versioni studio degli album e delle performance live del passato… ed è davvero una tristezza non poter più ritrovare quel timbro così particolare di harsh vocals che tanto amavamo e che poteva essere definito come la combinazione perfetta di scream e growl. Peccato perché tutti gli altri membri della band dimostrano di saper ancora replicare alla perfezione quel suono inconfondibile che crea una vera e propria dipendenza con una qualità sopraffina. Omettendo questa osservazione sulla voce di Tomas, il set degli At The Gates è una pura goduria, sottolineando in ogni caso come la classe di musicisti di un certo livello faccia davvero la differenza, indipendentemente dagli effetti dell’età che avanza per tutti.
Setlist
Spectre of Extinction
Slaughter of the Soul
At War With Reality
Der Widerstand
To Drink From the Night Itself
Cold
Under a serpent Sun
Heroes and Tombs
El Altar del Dios Desconocido
Death and the Labyrinth
Blinded by Fear
The Night Eternal
Arriva il momento tanto atteso dai molti che sono venuti fino a Milano da mezza Italia: in un bagno di folla entusiasta salgono sul palco gli svedesi più eclettici e riconosciuti, gli In Flames!
Anders Fridén è subito padrone del palco, corre da una parte all’altra con il microfono in mano, coinvolge e incita il pubblico sulle note del brano di apertura, The Great Deceiver, tratto dall’album Foregone in uscita il prossimo anno. Il suono è pressochè perfetto, l’Alcatraz come al solito non delude: ci si può posizionare dovunque all’interno della sala che l’esperienza uditiva sarà sempre e comunque ottimale!
Immediatamente si percepisce la bravura della band svedese, molto tecnici e concentrati, a tratti quasi meccanici. Spicca sul palco la presenza di Chris Broderick, ex-Megadeth “acquisito” un paio d’anni or sono dagli In Flames, che con loro sta a meraviglia considerando il mondo un po’ diverso del trash metal dal quale proviene, mondo che un pochino si ritrova ancora nelle movenze sul palco e nel dinamismo alla chitarra che tutti apprezzano molto.
Dopo la prima e nuovissima traccia vi è un salto indietro, a metà carriera, con Pinball Map, energico brano che agita il pubblico, proveniente dal corrosivo ed atmosferico album Clayman (2000), e poi Cloud Connected, tratto da Reroute To Remain (2002), l’album controverso per eccellenza che ha generato la spaccatura finale tra origine e novità, dalle melodie più essenziali, ritmiche più accentuate e linee vocali più variegate.
Si va poi ancora più indietro, alle vere origini! Per la gioia dei fan più storici e affezionati la band si butta sul classico, scegliendo praticamente un brano per ogni album da 1994 al 2000, che mandano il pubblico letteralmente fuori di testa e scatenando disordinati – e vigilati – poghi e circle pits: Behind Space (1994), Graveland (1996), The Hive (1997), Colony (1999) e Only for the Weak (2000).
E infine ci si riconnette alla fase più moderna, con due pezzi del 2006 e due del 2008, Wallflower del 2016, I Am Above del 2019 e altre due tratte dall’album in uscita nel 2023.
Nel complesso le capacità tecniche e musicali della band sono evidenti, ogni pezzo suonato è fedelissimo al disco, con poca reinterpretazione live e ancor meno improvvisazione; scelta che sicuramente fa rendere conto di quanto siano bravi e precisi nell’esecuzione: una riproduzione strumentale da veri professionisti, senza sbavature, e con una voce pressochè perfetta, dal timbro fermo e immutato che non sembra risentire di più di vent’anni di attività; al contrario però, è una scelta che a tratti rischia di renderli troppo schematici, di trasformare la performance in un esercizio tecnico, di renderli cioè anche troppo professionisti…
Quello che della performance salta subito all’orecchio è l’ulteriore diversità dei nuovi pezzi rispetto sia alle origini sia alla “seconda fase”; non viene mai abbandonata la ricerca della perfetta compenetrazione tra melodia e aggressività ma come già successo in passato (e soprattutto con gli ultimi tre album), si notano anche stasera arie di cambiamento, di ulteriore evoluzione, che rende molto interessante l’avvenire di una band così complessa e che ha già dato così tanto alla musica con i suoi tredici – ormai quattordici – dischi.
Pionieri dello Swedish Death Metal, nella loro storia hanno spaziato e sperimentato varie inflessioni del death metal melodico, a tratti avvicinandosi anche al nu-metal e altre volte sfiorando addirittura sonorità pop. La cosa certa è che gli In Flames sono riusciti magistralmente a spiccare, a creare traiettorie nuove e ad interiorizzare ogni genere su cui hanno posato mano, ed è proprio questa capacità di evolvere in maniera così studiata ed efficace che li rende una band immensa, quasi unica, e purtroppo non esente da critiche… andando infatti oltre gli intenti e lo stile iniziale, il pubblico più “anziano” non ha del tutto gradito l’avvicinamento progressivo alla scena alternativa americana, scatenando una controversia che probabilmente non troverà mai una soluzione. E quello che traspare anche dopo questa energica e potente serata è che gli In Flames guardano sempre avanti, ed alle origini (ahimè?) per ora non vi è intenzione di far ritorno.
Non ci sono oggettivamente note negative in questo concerto, solo pareri personali differenti. Si è globalmente notato però come il ritmo in questo live sia stato molto serrato; poco tempo per i grazie e titoli dei brani annunciati molto velocemente; c’è poco tempo, e scorre troppo veloce per una band che avrebbe così tanto da portare sul palco e da dare ad un pubblico così eterogeneo ma ugualmente esigente. Purtroppo sono state concesse meno di due ore, il concerto si chiude sulle note di Take This Life (2006) e la band esce di scena salutando velocemente. Non vi è il “gioco” dell’ultima canzone dove il gruppo ritorna sul palco tra gli applausi per suonare l’ultimo pezzo, non vi sono saluti e non vi sono ulteriori parole. Il tempo è finito. Le luci si accendono ed il pubblico è invitato ad uscire, la sensazione percepita è quella di un concerto lasciato un po’ a metà…
La considerazione finale rimane comunque che, al di la del tempo a disposizione dato ad una band così grande da non poter essere “inscatolata” in una tale brevità, il concerto è stata una vera e propria emozione, il pubblico è rimasto molto colpito, entusiasta di avere nuovamente in casa gli In Flames! Dinamici sul palco, strumentalmente eclettici e coinvolgenti per natura. Una forza in continua evoluzione, di cui non si vede l’ora di ascoltare il nuovo album in uscita l’anno prossimo, tra i nasi storti dei primi appassionati e le aspettative dell’ultimo pubblico!
Setlist
The Great Deceiver (2023)
Pinball Map (2000)
Cloud Connected (2002)
Behind Space (1994)
Graveland (1996)
The Hive (1997)
Colony (1999)
Only for the Weak (2000)
Leeches (2006)
Foregone Pt. 1 (2023)
Wallflower (2016)
State of Slow Decay (2023)
Alias (2008)
The Mirror’s Truth (2008)
I Am Above (2019)
Take This Life (2006)
Live Report di Giada Barbieri (In Flames) e Metal Dan (Orbit Culture / Imminence / At The Gates)
Fotografie di Piero Paravidino
Si ringrazia Vertigo Hard Sounds
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