Gli Oasis si sono riuniti ufficialmente e suoneranno 4 concerti allo stadio Wembley di Londra ad agosto 2025 e un tour in UK e Irlanda, che partirà da Cardiff il 4 luglio.

I fratelli Gallagher, Noel e Liam, un tempo in lotta tra loro, si esibiranno a Cardiff, Machester, Londra, Edimburgo e Dublino.

I biglietti per il tour in UK saranno in vendita dalle ore 10.00 ora italiana di sabato 31 agosto 2024 mentre i biglietti per Dublino saranno disponibili per i fan dalle 9:00 dello stesso giorno. 

Liam aveva anticipato la reunion dell’iconica band Britpop durante il suo concerto al Reading Festival domenica, prima che lui e il fratello maggiore, 57 anni, hanno condiviso un annuncio sui social comune.

“This is it, this is happening”
Tickets on sale this Saturday 31st August (IE 8AM IST / GB 9AM BST)

Dates:
Cardiff Principality Stadium – 4th/5th July
Manchester Heaton Park – 11th/12th/19th/20th July
London Wembley Stadium – 25th/26th July & 2nd/3rd August
Edinburgh Scottish Gas Murrayfield Stadium – 8th/9th August
Dublin Croke Park – 16th/17th August 

Il commento di Manuel Nash:

II 28 Agosto 2009 ero a Parigi per la serata conclusiva della settima edizione di Rock En Seine, il festival (nato nel 2003 ed ancora oggi in ottima salute) che avrebbe ospitato la terzultima data del tour di Dig Out Your Soul. Gli Oasis erano il piatto forte di un menù davvero gustosissimo che, a partire dal primo pomeriggio, aveva già servito Keane, Yeah Yeah Yeahs e Madness. Al calar del sole venne il turno dei Bloc Party, protagonisti di una performance luminosa e serratissima, capace di far saltare e ballare ogni singola forma di vita nel raggio di 3 km, incluse le copiose zanzare accorse per sfruttare la ghiotta occasione. Kele Okereke, il carismatico frontman, sul finire del set pensò bene di toccarla piano annunciando:

“Hey, visto che gli Oasis si sono sciolti adesso siamo noi gli headliner!”

Il pubblico, non badando troppo al tono convintamente soddisfatto utilizzato dal cantante, si sciolse istantaneamente in una fragorosa risata, per la serie “ma che simpatico rosicone”. Il dubbio iniziò però ad insinuarsi quando, solo qualche brano più tardi, la presunta battuta venne ripetuta in modo pressoché identico, suscitando una reazione comprensibilmente più tiepida. Effettivamente qualche gocciolina di sudore freddo iniziò ad imperlare anche la mia fronte. Pochi minuti dopo, a luci nuovamente accese, il nodo venne definitivamente sciolto con la comparsa sui megaschermi, in perfetto stile necrologio, caratteri bianchi su sfondo nero, di un comunicato dall’inequivocabile contenuto:

Gli Oasis Si Sono Sciolti.

La mia istintiva reazione fu duplice. Da un lato mi resi subito conto di aver preso involontariamente parte ad un (costoso) evento di portata storica. Dall’altro realizzai anche, in modo lucido e sereno, che la qualità della musica ricevuta nel corso di quell’afoso pomeriggio era così elevata da non offrire validi motivi per lamentarmi. Colto da un attacco di utile fatalismo, la buttai sul “si vede che doveva andare così”. Giusto il tempo di mettermi in fila davanti ad un chiosco, ormai prossimo alla chiusura, per accaparrarmi una delle ultime baguette al formaggio fuso (una delle cose più buone che abbia mai assaggiato, sia messo agli atti) e mi fiondai sotto al palco principale occupato dai Madness che, non paghi di aver già offerto un concerto micidiale solo due ore prima, pensarono di regalare un simpatico bis ai presenti. Delle vere macchine da guerra con in mano gli strumenti.

Qualche mese più tardi arrivò il rimborso pari ad un terzo del biglietto e da quel momento una sensazione di soddisfazione amara è rimasta a prender polvere tra i ricordi di una magnifica estate francese. Mi era comunque andata meglio di quella volta in cui (l’ho raccontato in un altro recente articolo dedicato a Cobain) riuscii a saltare l’ultimo live romano dei Nirvana, per motivi unicamente dipendenti dalla mia indifendibile responsabilità. Certo, non dovevo occuparmi della gestione di un rimorso ma, di nuovo, avevo perso il treno per un evento irripetibile. Se quella notte uno dei due fratelli avesse contato fino a 10 (ok, facciamo fino a 10.000) magari ci sarebbe scappato un ultimo tango a Parigi ma, d’altro canto, piangere sul latte ormai versato è completamente inutile, c’est la vie, rien ne va plus, ca va sans dire.

Ad esattamente quattordici anni di distanza, riempiti da insulti incrociati trivialmente caricaturali, quello che realmente resta sul tavolo assomiglia ad un discorso incompiuto. Dopo i primi due (enormi) album, la carriera degli Oasis, si è (troppo) rapidamente accomodata sul divano del mestiere. La bussola dell’ispirazione non era definitivamente rotta ma aveva comunque un disperato bisogno di essere tarata nuovamente. Uno scenario che è stato poi drammaticamente confermato da una lunga serie di interlocutori lavori solisti, mai indecenti, ma comunque palesemente opachi. Ad oggi, la storia della band di Manchester assomiglia ad una saga hollywoodiana chiusa da un blockbuster inconcludentemente svogliato e molto al di sotto delle aspettative. Una fotografia d’insieme che racconta di una fine scritta in modo troppo spicciolo e senza mostrare un briciolo di riguardo nei confronti dei fan. Per questo motivo l’ondata emotiva che sta accompagnando l’annuncio del ritorno dei fratelli Gallagher non ha solo motivazioni nostalgiche. Nel pubblico è ben radicata la sensazione che ci sia un lavoro da finire o comunque una frase da terminare utilizzando, magari, anche una punteggiatura più decorosa. Tutto questo con buona pace degli immancabili ultras del “nostal-rock” che, a tempo di record, hanno già indossando il saio di San Riccardone per ricordarci che non stiamo parlando della resurrezione dei Pink Floyd o dei Led Zeppelin. Di certo non scopriamo oggi quanto sia deprimente la superficialità culturale di chi vive l’arte con il trasporto del tifo calcistico più deteriore.

Si fa un gran parlare dei milioni di sterline che hanno fatto scoppiare la pace tra Liam e Noel ma non vedo ombra di scandalo. Ciascuno di noi, avendo potenzialmente a disposizione un asset assai meno remunerativo di quello oggetto della presente analisi, non esiterebbe a sfruttarlo in modi, se possibile, anche più spregiudicati e lucrativi. Certe digressioni da bacchettoni militanti, odorano di doppiopesismo morale a chilometri di distanza. A chi avesse qualche dubbio in proposito, consiglio di fare un colpo di telefono ad Axel o a Slash. Loro, certamente, sapranno trovare argomentazioni assai più esaustive delle mie. E’ ragionevole immaginare che i finanziatori dell’intera operazione non elargiranno la cifra in ballo (assai considerevole ma, allo stato attuale, non ancora certa nel suo reale e stratosferico ammontare) senza le dovute cautele contrattuali. Le penali, in caso di un nuovo divorzio, saranno sicuramente assai pesanti. Chi vorrà investire nei biglietti delle date inglesi potrà quindi farlo, senza sentirsi ostaggio dei volubili umori di due litigiose rockstar afflitte da un egocentrismo notoriamente sin troppo sopra le righe. Tutti gli altri, in Europa e nel resto del monto, dovranno invece accontentarsi di incrociare le dita e sperare che, dopo l’ultima data, non inizino a volare gli stracci, mentre i più ottimisti sognano già un ritorno in studio in grado di guadagnarsi il terzo posto in una discografia certamente importante, ma anche sciaguratamente discontinua. La vicenda, in fondo, dimostra che anche nei casi apparentemente più disperati (qualcuno ha detto The Smiths e Sonic Youth?) c’é sempre un margine (di guadagno) per sperare. Certi ritorni però non nascono dalla sera alla mattina. Resta quindi un enorme dubbio: e se negli ultimi 2 o 3 anni fossimo stati abilmente trollati dal finto dissing dei Gallagher, intenti a preservare l’hype emotivo del loro ritorno? Definitely whatever…

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