L’annuncio di due concerti in Russia da parte dei SADIST, storica band italiana di progressive death metal, ha acceso un vivace dibattito online. Le due date — previste per il 6 novembre a San Pietroburgo e il 7 novembre a Mosca — rientrano in un lungo tour europeo che toccherà anche Italia, Germania, Polonia, Romania e altri Paesi. Ma sono proprio le tappe russe, in pieno conflitto con l’Ucraina, ad aver scatenato una serie di reazioni contrastanti tra fan, colleghi musicisti e semplici osservatori.
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A seguito delle critiche, la band ha pubblicato un comunicato sui propri canali ufficiali, ribadendo la propria posizione:
“I SADIST sono una band apolitica e non promuoviamo alcun tipo di odio verso nessuno. La musica è un linguaggio universale che deve creare dei ponti anche in situazioni di crisi.”
Una dichiarazione che non ha però placato gli animi. Tra i commenti più duri, quello della band ucraina 1914, che ha replicato senza mezzi termini: “Essere apolitici significa essere codardi senza un preciso punto di vista. Buona fortuna con i vostri ponti tra tirannia e totalitarismo”. Parole che hanno trovato eco anche in altri messaggi, come quello di Roman, dichiaratosi ex fan della band, che ha raccontato di aver perso casa e genitori nel Donbass a causa dell’invasione russa, aggiungendo con amarezza: “Dovrei creare un ponte con i russi insieme ai Sadist? Per me non è politica, è una questione di dolore personale”.
La band 1914 aveva scritto in risposta alla cancellazione del loro tour a causa del conflitto:
Mentre altre band europee possono rilassarsi, bere una birra e suonare ai festival, noi ci troviamo ad affrontare attacchi quotidiani di droni, amici morti, missili da crociera che distruggono tutto. Cinque mesi fa, nella mia città natale, hanno distrutto la scuola di mia figlia e ucciso la sua compagna di scuola, la bambina di 8 anni, e tutta la sua famiglia”
Eppure non stanno mancando le voci a sostegno del gruppo. Luca ha definito i SADIST “la più grande band italiana del genere” e ha elogiato la loro visione come “super partes”, mentre altri hanno sottolineato l’importanza di distinguere tra popolo e governo, in un contesto dove la musica dovrebbe rimanere fuori dagli schieramenti politici.
C’è anche chi, come Giuseppe, ha criticato apertamente la scelta parlando di opportunismo: “Sareste stati più onesti dicendo che pecunia non olet e che per qualche soldo in più avreste suonato anche a Berlino nel 1939”.
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Il dibattito non è nuovo: poche settimane fa si era scatenata una polemica simile attorno al concerto tenuto da Al Bano e Iva Zanicchi a San Pietroburgo. Anche in quell’occasione molti avevano messo in discussione l’opportunità di esibirsi in Russia in un momento così delicato. Ma il cantante pugliese aveva difeso la propria scelta affermando: “Vado a portare pace con la nostra musica; chi critica è lontano dalla realtà”. E la Zanicchi aveva aggiunto: “So bene che la nostra è una scelta che in questo momento può destare delle polemiche, ma sono a posto con la coscienza”.
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