In questa fresca sera di maggio ci riuniamo di nuovo all’Alchemica, nella periferia di Bologna, stavolta per un concerto che ha del sano metal come filo conduttore, ma con diverse influenze da gruppo a gruppo: si inizierà infatti dal melodic death dei Tol Morwen, passando per il black metal avant garde dei XX Arcana e per il folk atmosferico dei Dyrnwyn, fino ad arrivare al pagan/folk dell’headliner Saor.

 

Puntualissimi sulla tabella di marcia, alle 20:00 salgono sul palco i Tol Morwen: sangue modenese e spirito vichingo, esuberanti ed energici, infiammano l’atmosfera fin da subito con un ottimo metal di impronta scandinava, e con testi ispirati alla mitologia norrena! Nati nel 2014, hanno rilasciato il primo EP nel 2018 e da allora hanno suonato in vari locali in supporto a band come Ade, Necromass e Kanseil. Sono un concentrato di energia e la passione per quello che suonano e cantano è palpabile. I testi sono pregni di folklore del nord, e sprigionano echi di antiche battaglie e potenti divinità, legandosi molto bene alla base musicale. Le chitarre sono in perfetto accordo, i riff dalle ritmiche veloci ed incalzanti caricano il pubblico ed è impossibile stare fermi: sembra di essere nel pieno di una guerra tra titani! Il basso è una meraviglia, una composizione ed una esecuzione praticamente perfetta, così come anche la batteria, svelta e aggressiva. La voce stasera è un pochino sottotono rispetto alla prima volta che li ho sentiti live, ma resta comunque un growl ben fatto e con una buona potenza vocale, che sono certa al prossimo concerto sentiremo in forma e con tutta la sua carica!          Un buon inizio di serata, e la gente che è arrivata a metà concerto (complice anche l’orario un po’ troppo presto) è rimasta piacevolmente colpita. Sicuramente un gruppo interessante nel panorama del viking death metal, che nonostante il mare di altri gruppi che si cimentano in questo genere, dimostra buone possibilità di crescita e sviluppo. Speriamo di rivederli presto on stage in qualche locale per una scossa di epicità, altrimenti ci toccherà aspettare il Metaldays, che quest’anno li vedrà meritatamente tra i protagonisti sul palco di Velenje!

 

Dopo un rapido cambio palco è il momento anche di un cambio netto nel genere, si passa infatti dall’energia del folklore nordico alla buia potenza del black metal, declinata stasera in una versione molto particolare, intima e surreale… È infatti il momento dei XXII Arcana, mistica realtà italiana che fonde in un’unica entità componimento e arti esoteriche: essi tramutano infatti gli Arcani Maggiori dei tarocchi in musica. Ogni traccia è un viaggio attraverso una carta, e ogni figura ha il potere di suggestionare l’ascoltatore: è un percorso introspettivo, è ricerca spirituale ed evoluzione di pensiero. Non solo la tematica scelta per questo progetto è particolare, ma anche la parte strumentale subisce una sorta di proiezione dell’interiorità: essa ha innegabilmente radici nella forma più classica e “grezza” del black metal, ma vi vengono inserite personalizzazioni stilistiche ed elementi inusuali che la rendono più “viva”, personale e mai scontata.                                                                                              Sul palco hanno una buona presenza, lo scream è potente ed incisivo, una bella estensione vocale che ha sostenuto senza alcuna fatica tutto il concerto, la batteria è veloce e violenta ed è davvero un piacere da ascoltare, così come anche la chitarra suonata impeccabilmente; unica “nota stonata” della performance è stata la quasi assenza del suono del basso, sicuramente non voluta e probabilmente legata ad un problema di equalizzazione proprio del locale.                                                                    Nel complesso è stato un live molto interessante e ben sviluppato, un gruppo in crescita con enorme potenziale che è riuscito molto bene nell’intento di fare “suo” un genere dove oggi è difficile spiccare.

 

Terza band sul palco, altro gruppo italianissimo: da Roma arrivano i Dyrnwyn, che salgono on stage indossando linothorax e brandendo uno stendardo con su scritto il nome del gruppo in stile romano. Con loro ci si indirizza maggiormente al genere degli headliner: il sestetto attinge infatti per le loro composizioni dal folk metal, con note abbastanza atmosferiche.                                                                  Dalla presentazione sul palco appare abbastanza chiaro il tema cardine su cui si basano i loro testi: paganesimo e mitologia, tradizioni e credenze popolari, ma anche grandi battaglie e sanguinose campali; il tutto inerente all’antica Roma. Di sicuro molto originali, complice della particolarità è anche il fatto che abbiano scelto di cantare in lingua italiana, con alcuni versi in latino. Il suono degli strumenti è compatto, sviluppato su dei tempi prevalentemente lenti alternati a sporadiche prese di velocità, che si riflettono in accattivanti climax ascendenti che seguono i testi e sottolineano l’intensificarsi dei racconti e il raggiungimento del loro culmine; tutto ciò sempre scortato dalla componente atmosferica, che smorza abbastanza l’aggressività, senza però rendere ripetitiva e noiosa la composizione. Sicuramente interessanti, decisamente fuori dai miei gusti musicali ma piacevoli da ascoltare! Vale di sicuro la pena partecipare ad un loro live, anche solo per provare la sensazione di essere trasportati in un mondo antico fatto sia di mito che di storia, raccontato in musica.

 

Siamo infine arrivati all’headliner della serata: Saor, progetto solista di Andy Marshall (Falloch), il compositore “libero” (questo significa Saor in gaelico) che suona e canta della sua Scozia e delle sue radici. Tema fondamentale e filo conduttore della sua musica, la sua Terra è da sempre fonte primaria di ispirazione che ha portato addirittura a coniare un nuovo appellativo per rimarcare il forte legame: il “caledonian metal”.  Quest’ultimo si esplica strumentalmente come un misto di black metal e atmosfere folk, incalzate da un forte sapore pagan, sulla cui base Marshall (bassista e cantante) canta delle tradizioni, dei miti e delle leggende della splendida Scozia. L’obbiettivo è accompagnare il pubblico in un viaggio attraverso di esse, alla scoperta di quella terra, della natura e del folclore, ed esortarlo a scoprire e capire cosa genera quel legame e perché è così importante.                                Una musica di sicuro evocativa: ogni brano ha una propria nota intima, si percepisce dentro ogni pezzo un passaggio introspettivo e riflessivo, e sul palco anche le movenze e gli sguardi sono volti a coinvolgere il pubblico e renderlo partecipe delle sensazioni intrinseche alle parole e alle tematiche. Marshall usa poco la voce, preferendo lasciare spazio alle lunghe fughe strumentali dei pezzi proposti, lasciando emergere anche le melodie atmosferiche del flauto, suonato davvero magistralmente.                                                                                                                                                  Tirando le somme risulta una performance di tutto rispetto e nel complesso un bel concerto, purtroppo personalmente li ho trovati un poco ripetitivi… i pezzi, pur composti e arrangiati bene, tendono a essere piuttosto simili tra loro, specialmente per quanto riguarda i riff di chitarra, nei quali vengono riprodotti gli stessi schemi compositivi quasi senza variazioni e tendono quindi a rendere la parte melodica un po’ monotona. Il tutto è però recuperato al meglio dalla batteria, un filo alta di volume ma con un bel groove talvolta aggressivo e piacevolmente dinamica.

SETLIST SAOR:

  1. Origins
  2. Carved in Stone
  3. Bròn
  4. Children of the Mist
  5. Tears of a Nation

—Encore—

  1. Aura

Gallery a cura di  Matilde Bondani, sfogliala qui!

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