DONALD TRUMP torna a sparare a zero su chi osa criticarlo, e stavolta lo fa con una furia verbale che travolge due delle icone musicali americane più influenti: BRUCE SPRINGSTEEN e TAYLOR SWIFT. Il presidente degli USA ha usato il suo social Truth per scatenarsi in un post infuocato:
“Bruce Springsteen è un imbecille senza talento. È stupido, sopravvalutato e sembra una prugna secca”
ha scritto, senza risparmiare insulti personali e politici.
Lo sfogo arriva in risposta ai commenti fatti dal Boss durante l’apertura del suo nuovo tour europeo, “Land of Hope and Dreams Tour”, partito da Manchester. Dal palco, Springsteen aveva definito l’amministrazione Trump “corrotta, incompetente e traditrice”, accusando il Congresso di non aver difeso il popolo americano da “un presidente inadatto e un governo fuori controllo”.
La replica di Trump non si è fatta attendere:
“Mai piaciuto, né lui né la sua musica, né le sue politiche di sinistra radicale”
ha tuonato. Poi, la minaccia velata:
“Questo rocker essiccato dovrebbe tenere la bocca chiusa finché non torna in patria. Poi vedremo come andrà a finire per lui”.
Ma Springsteen non è l’unico a finire nel mirino del tycoon. Il secondo bersaglio è Taylor Swift, che nel 2020 e nel 2024 ha apertamente sostenuto i democratici, compresa la vicepresidente Kamala Harris.
“Taylor Swift non è più ‘hot’ da quando ho detto che la odio”
ha dichiarato Trump, ridicolizzando l’artista anche per i fischi ricevuti al Super Bowl mentre appariva sugli schermi dello stadio in sostegno al compagno Travis Kelce. “È stata cacciata dai fischi. Il ‘Make America Great Again’ non perdona”, ha scritto.
Non è la prima volta che Trump si scaglia contro celebrità che si oppongono al suo ritorno alla Casa Bianca. Springsteen, ad esempio, aveva supportato Barack Obama, Joe Biden e nel 2024 aveva fatto campagna per Kamala Harris. Anche Swift, con il suo album “Lover” (2019), aveva per la prima volta abbandonato la neutralità politica, diventando una voce forte contro la destra americana.
Quello che appare evidente è che Trump ha scelto di far campagna elettorale anche (e soprattutto) attraverso il confronto diretto con la cultura pop. In un’America divisa, le sue invettive sembrano voler scavare un solco sempre più profondo tra la musica e il potere, tra le voci dell’arte e quelle della politica.
Ma in fondo, in un paese dove le canzoni sono spesso dichiarazioni politiche, e i concerti diventano palcoscenici di protesta, era solo questione di tempo prima che il rock’n’roll e la pop star più famosa del mondo finissero nel tritacarne elettorale.
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