Da dove iniziare, quando una band conta così tanto per chi ne scrive?

I Tokio Hotel tornano in Italia per un’unica data soldout addirittura da un anno e mezzo, prevista per sabato 15 marzo all’Alcatraz di Milano.

Qualcuno potrà pensare che quella fase alternative rock dei primi anni duemila sia ormai un lontanissimo ricordo, quasi dimenticato, e che il pubblico sia decisamente adulto: rimango stupita io stessa, fan da quell’epoca lì, nel vedere gruppi di tredicenni al loro primissimo concerto. Sono emozionatissime, proprio come lo ero io più o meno alla loro età, quando li vidi per la prima volta dal vivo. È davvero bello vedere nuove generazioni di fan portare avanti una passione così forte nei confronti di un gruppo di musicisti e della loro musica, indipendentemente dal genere e dall’epoca storica in cui ci ritroviamo.

In apertura, la giovane Malou Lovis, vincitrice dell’edizione 2023 di The Voice of Germany, guidata proprio dai gemelli Bill e Tom Kaulitz in veste di coach. Assieme a bassista e tastierista che la accompagnano in tour, il trio propone un pop moderno cantato in inglese, dal suo primo disco Things I Wrote Down Last Night che il pubblico ascolta interessato, seppur in trepidante attesa per la band headliner.

 

Il cambio set lo passiamo condividendo emozioni e sensazioni: non li vedo da qualche anno e ogni volta è un po’ come la prima. Il tendone che nasconde la strumentazione sul palco si fa più vicino, finché non si abbassano le luci e cala del tutto, mostrandoci un palco sul palco. I Tokio Hotel sono lì sopra: Tom Kaulitz con le sue tastiere e chitarre è come sempre alla nostra sinistra, Georg Listing e il suo basso sulla destra, Gustav Schäfer di fronte a noi sulla sua batteria e Bill Kaulitz è proprio tra batterista e chitarrista, scenico come sempre, con delle ali dietro di sé, frange e tacchi stilosissimi.

 

Iniziano con la nuova Miss It (At All), registrata con il DJ tedesco Niklas Dee, e poi c’è subito un tuffo nel passato al mio primissimo concerto di sempre con Darkside Of The Sun. Sugli schermi le immagini di quello Humanoid City Tour del 2010 che le teenager di oggi mi invidiano, e a pensarci un po’ quasi mi invidio anch’io per aver vissuto tutte le loro ere passate dal 2007 ad oggi. Si torna all’era di Kings Of Suburbia con The Heart Get No Sleep, Girl Got a Gun (dal riff tamarrissimo e bellissimo) e Love Who Loves You Back, accompagnata da un cambio outfit di Bill che ora ha un completo rosa shock abbinato a una chitarra ricoperta in pelliccia. Presentano il nuovo singolo, Hands Up, in uscita il prossimo 21 marzo, seguita da Feel It All, che per me è una canzone sempre magica: del resto, quattro tedeschi che suonano l’elettronica sono sempre una garanzia.

In scaletta c’è anche Home, la sigla della serie Kaulitz & Kaulitz sulla vita dei gemelli tra Los Angeles e la Germania, di cui viene annunciata una nuova stagione, seguita da Easy, uno dei brani dell’era di Dream Machine. Tra un pezzo e l’altro, la band si prende del tempo per ringraziare tutti i fan, sia quelli di lunga data, sia i più giovani: si accorgono anche loro di una nuova generazione sotto il palco, ne rimangono sorpresi e stupiti, si divertono ad ammirare i cartelloni alzati e a leggerne qualcuno. L’affetto è rimasto immutato, per una band arrivata a festeggiare i suoi vent’anni di carriera.

Tokio Hotel live @ Alcatraz Milano, 2025 – ph Ilaria Maiorino

Arriva il momento del set acustico: al centro del palco solo voce e chitarra. Nuovo cambio outfit per Bill, vestito di nero ma sempre glitterato, con tanto di velo e corona. Può sembrare superficiale scriverlo ma non lo è: Bill Kaulitz è da sempre un personaggio fortemente criticato, esposto a giudizi e commenti di ogni tipo, per il suo essere da sempre così androgino. L’ho sempre ammirato per il suo essere sé stesso e per il suo voler indossare quello che vuole, come vuole, fregandosene sempre di tutto. Sembra insensato forse a primo impatto ma se ad oggi il mondo ama Damiano David e i Måneskin truccati e agghindati sui tacchi, è perché qualcosa nel mondo è cambiato rispetto a quasi vent’anni fa. Per me non è nulla di nuovo, perché appunto, c’era già Bill Kaulitz a farlo – come David Bowie o Brian Molko prima di lui ma più apprezzati, e ho sempre pensato che fosse fortemente sottovalutato nel suo essere sé stesso.

Tokio Hotel live @ Alcatraz Milano, 2025 – ph Ilaria Maiorino

Ad ogni modo, il set acustico è davvero un colpo al cuore per una fan come me: suonano Just A Moment, dall’ultimo disco 2001, con Malou Lovis e poi tirano fuori una perla incredibile che è In Your Shadow (I Can Shine). Tra le tracce della loro era Humanoid, tra le mie canzoni del cuore sentita solamente al mio primo, primissimo concerto. Eccoci lì, quindici anni dopo, a cantarla di nuovo. Sono cresciuta, ho visto centinaia di concerti e tantissimi altri artisti, ma tutto questo non ha prezzo ed è un momento a dir poco suggestivo proprio come la prima volta.

Sotto al palco, ovviamente, le sappiamo tutte, anche le cover: c’è una Careless Whisper di George Michael che mi fa rendere conto da dove viene la mia passione smodata per gli anni ’80 e persino una Colors Of The Wind, dalla colonna sonora di Pocahontas, ma anche Fata Morgana della cantante Nina Chuba e Fahr Mit Mir dei Kraftklub, gruppo rock tedesco.

È arrivato appunto il momento delle canzoni in tedesco: un bel momento, dato che negli anni passati tendevano a preferire l’inglese. È un altro colpo al cuore perché tirano fuori Rette Mich direttamente da Schrei e Spring Nicht da Zimmer 483 – con un outro strumentale pazzesco, canzoni che dopo diciotto anni non avrei mai pensato di poter sentire dal vivo. Cantiamo World Behind My Wall come fosse ancora il 2009, poi c’è anche What If e anche White Lies. Balliamo, è una grande festa, quella di una fase che non ci è mai passata.

Tokio Hotel live @ Alcatraz Milano, 2025 – ph Ilaria Maiorino

Arriva l’encore ed è affidato, com’è giusto che sia, a Monsoon. La canzone che per molti di noi è stata l’inizio di tutto: realizzo che se sono qui a scrivere queste righe, è grazie a tutta questa passione che dura da diciotto lunghissimi anni. Ci salutano come ormai d’abitudine su Great Day: ma prima di andarsene davvero e accendere le luci c’è una tradizione ai concerti dei Tokio Hotel, il momento in cui Gustav Schäfer scende dalla batteria e fa fare la ola a tutto il pubblico.

È difficile da spiegare: spesso mi sono chiesta com’è possibile che la musica di quattro persone mi abbia influenzata e definita così tanto al punto da rendermi quella che sono oggi. Con i Tokio Hotel ho scoperto tutta la musica che amo e conosco, la letteratura tedesca studiata all’università, la passione per i concerti e per gli eventi in cui la condivisione delle emozioni è la chiave di tutto, fino a volerne fare di questa condivisione un vero e proprio lavoro. Una serata nostalgica e meravigliosa che fa sognare la me bambina ancora più forte, fino a voler toccare le stelle.

 

Testo di Martina L’Insalata
Fotografie di Ilaria Maiorino

 

Comments are closed.