“Vikings and Lionhearts Tour”, è questo il nome scelto dagli Amon Amarth e i Machine Head per il loro tour europeo che si sta svolgendo attualmente tra settembre e ottobre. Ad aggiungersi a questa straordinaria accoppiata troviamo anche The Halo Effect, la nuova recentissima band fondata da membri attuali e passati di due colossi del melodic death metal svedese come gli In Flames e i Dark Tranquillity. Un bill niente male che riunisce due band diventate ormai da quasi 20 anni un riferimento per la scena metal attuale e un nuovo interessantissimo progetto che promette di essere sicuramente molto di più di un supergruppo temporaneo.

Gli Halo Effect salgono sul palco tra l’entusiasmo del pubblico ed iniziano subito a macinare gli inconfondibili riff e melodie del “Göteborg sound”, culla dell’attuale melodic death metal. La band è infatti composta da tutti membri provenienti dall’iconica città svedese, come spiegato prontamente dopo un paio di pezzi dal granitico cantante Mikael Stanne, attuale lead singer e fondatore dei Dark Tranquillity, nonché cantante agli esordi degli In Flames. Stanne ci racconta come questa band sia nata per ricreare il suono pioniere di questo genere nato agli inizi degli anni 90 riunendo quindi amici di quell’epoca e rimasti tali da ormai più di 30 anni legati dalla grande passione per questo genere musicale. Troviamo quindi in questa band, oltre a Mikael Stanne al canto, Niclas Engelin alla chitarra solista, Peter Iwers al basso, Daniel Svensson alla batteria e Jesper Strömblad alla chitarra ritmica (che non ha però potuto essere presente alla data di Milano, sostituito quindi stasera da Patrick Jensen dei The Haunted). Il loro set non poteva che essere una goduria per tutti gli amanti del melodic death metal. In una predominante e bellissima cornice di luci verdi, gli Halo Effect pescano 7 pezzi dal loro album di esordio uscito un paio di mesi fa e ci deliziano con una qualità di esecuzione sopraffina.

I riff aggressivi vengono alternati a delle bellissime melodie che spiccano in modo molto pronunciato accompagnate dall’inconfondibile e caratteristico growl di Stanne. Si percepisce veramente come tutti i membri si divertano moltissimo nel loro set, proprio a simboleggiare quel concetto di amici che si ritrovano dopo vari anni per suonare tutti insieme come ricordato da Mikael ad inizio set. Ci si fa davvero trascinare da questo sound tanto heavy quanto elegante, capace di elevare il metal a quello che mi piace definire come la sua forma più affascinante. Abbiamo di fronte il fiore all’occhiello di interpreti del melodic death metal che si sono riuniti sotto un nuovo interessantissimo progetto e il risultato non poteva quindi che essere egregio, come anche dimostrato dall’entusiasmo dell’intero pubblico presente stasera al Fabrique di Milano. Lo stesso Stanne ringrazia a varie riprese il pubblico per essere venuto così presto per vedere la sua band e per l’affetto dimostrato durante il loro set, promettendo che torneranno in Italia molto presto, visibilmente emozionato sulla richiesta del pubblico di sentire un ulteriore pezzo durante i saluti dei membri degli Halo Effect alla platea.

Setlist

Days of the Lost
The Needless End
Gateways
Feel What I Believe
Last of Our Kind
Conditional
Shadowminds

Proseguendo la serata, salgono sul palco gli attesissimi Machine Head. La band di Robb Flynn ha pubblicato da poco il suo ultimo disco dal titolo “Of Kingdom and Crown”, un disco estremamente acclamato dalla critica e per molti già album dell’anno. Effettivamente, siamo di fronte ad un album magistrale a livello di composizione, groove e inventiva creativa. C’è un connubio perfetto tra thrash metal e alternative metal con un Robb Flynn in grande spolvero sia nei suoi harsh vocals che nei suoi sottostimati clean vocals. Detto questo, mi aspettavo infatti una scaletta molto incentrata sui pezzi di questo nuovo album… e purtroppo così non è stato. E’ vero che il loro set da co-headliner non permetteva di avere più di un ora e quindici minuti di set, e che quindi il tempo era molto limitato… ma i pezzi di quest’ultimo disco meritavano di essere suonati in maggior numero dal vivo senza alcun dubbio. Soltanto “Become The Firestorm” e “Choke On The Ashes Of Your Hate” sono stati portati sul palco, un vero peccato… in ogni caso, mi aspettavo davvero una performance devastante da una band con una tale reputazione.

E anche in questa circostanza, ammetto che un po’ sono rimasto deluso… era la prima volta che vedevo i Machine Head e per quanto la performance sia stata di tutto rispetto, mi aspettavo qualcosina di più… certo, l’energia era altissima e Robb si è confermato un grandissimo frontman, interagendo molto con il pubblico e dando sicuramente il meglio di se… però non ho percepito una grande varietà sonora tra un pezzo e l’altro… eccezion fatta ovviamente per “Darkness Within”, preceduta da un discorso molto emotivo di Robb riguardo la lotta contro la depressione che ha dovuto affrontare, dedicando quindi il pezzo a chiunque stia soffrendo della medesima sorte. Questo pezzo mette inoltre un punto esclamativo sulle capacità di Robb di cantare anche in clean vocals con una voce davvero sbalorditiva! Peccato davvero che non ci sia stato un maggior numero di pezzi stasera dove aver potuto godere maggiormente di quest’altra qualità di Flynn. Si poteva quindi forse scegliere pezzi leggermente più vari a mio avviso… ripeto, avendo in mente lo straordinario lavoro di composizione fatto con l’ultimo album, ho trovato la scaletta un po’ più monotona rispetto a queste ultime registrazioni. Devo dire che sono però rimasto impressionato dal batterista dei Machine Head, lo straordinario Matt Alston. A livello di ritmica e di velocità di esecuzione è stato davvero fenomenale! La performance della band americana rimane quindi comunque di assoluto livello e Robb Flynn allo stesso tempo un grande musicista e un personaggio davvero carismatico, ma data la reputazione della band avrei veramente voluto essere travolto da un onda di entusiasmo sotto ogni aspetto, il che purtroppo è mancato…

Setlist

Become The Firestorm
Imperium
Ten Ton Hammer
I Am Hell
Choke On The Ashes Of Your Hate
Darkness Within
Now We Die
From This Day
Davidian

Encore

Halo

Arriva il momento tanto atteso dei Amon Amarth. La leggendaria band svedese è uno dei maggiori interpreti della scena melodic death metal da vari anni e, come sempre, ha la particolarità di costruire i propri brani e il proprio look intorno ai racconti della mitologia vichinga. A fare da cornice sul palco troviamo infatti un enorme elmo vichingo su cui è situata l’imponente batteria di Jocke Wallgren e da cui spuntano due grandi schermi LED proprio dagli occhi di quest’elmo. Sale sul palco la band sulle note di “Guardians of Asgaard” e i cannoni CO2 cominciano subito a sparare fumo a ripetizione come a simboleggiare l’arrivo in prima linea di un armata vichinga. Specialmente l’imponente cantante Johann Hegg al centro del palco ha a tutti gli effetti la stazza e il look di quello che potrebbe essere uno Jarl delle antiche terre norrene della fine del 900.

Il suono degli Amon Amarth è sempre composto da melodie estremamente coinvolgenti dal carattere epico, ricordando a lunghi tratti anche quelle che potrebbero essere delle colonne sonore di battaglie vichinghe, ovviamente enfatizzate da una profonda radice death metal. Il growl di Johan è veramente impressionante, con un timbro vocale tenebroso davvero strabiliante. Johan si rivolge anche al pubblico in un perfetto Italiano dando il benvenuto a quella che lui definisce la loro festa vichinga e introducendo sul palco Loki sulle prime note di “Deceiver of the Gods”, una figura spettrale incarnata da uno scheletro ornata di una maestosa armatura vichinga. Ci sono tanti effetti teatrali durante il set degli Amon Amarth. Piccoli particolari che aggiungono al loro sound eccezionale una componente ancora più coinvolgente, come la lotta tra veri e propri guerrieri vichinghi sulle note di “The Way of Vikings”, l’altrettanto caratteristico muro di scudi su “Shield Wall” o l’impressionante collaborazione del pubblico su “Put Your Back Into The Oar”, che incitato dalla band si siede per terra imitando di remare su un drakkar vichingo. I nuovi pezzi del recentissimo album “The Great Heathen Army” suonano maestosamente, in particolar modo “Heidrun”, un pezzo che ricorda un canto di battaglia pagano incitato all’unisono da tutta la folla. Non potevano ovviamente mancare i pezzi iconici dell’album capolavoro della band “Jomsviking”, tra cui il pezzo diventato il vero e proprio inno della band, ovvero “Raise Your Horns”. Momento in cui tutti i membri della band prendono i tradizionali corni vichinghi innalzandoli al cielo e bevendo alla salute del pubblico, intonando all’unisono “Skal”!

Non poteva ovviamente mancare una chiusura epica sulle note di “Twilight Of The Thunder God”. Le luci si abbassano e con un sottofondo di pioggia e temporale appare nello sfondo la figura del leggendario serpente di Midgard, figura mitologica delle leggende norrene generato da Loki per scagliare la sua furia sul mondo durante gli eventi catastrofici di Ragnarock. Appare quindi Johan sul palco che impugna il famoso martello di Thor Mjölnir e lo scaglia contro l’enorme serpente, ricreando l’iconica battaglia mortale tra le due divinità. Una chiusura epica sulle note di quello che è un ulteriore brano simbolico della band svedese. Una vera goduria per le orecchie e una scenografia davvero efficace rendono quindi il set degli Amon Amarth uno spettacolo memorabile, concludendo la serata letteralmente con un punto esclamativo!

Setlist

Guardians of Asgaard
Raven’s Flight
Deceiver of the Gods
The Pursuit of Vikings
The Great Heathen Army
Heidrun
Destroyer of the Unverse
Put Your Back Into the Oar
Cry of the Black Birds
The Way of Vikings
Shield Wall
First Kill
Raise Your Horns

Encore:

Twilight of the Thunder God

Si ringrazia Vertigo Hard Sounds

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