The European Siege è forse il tour con il lineup più heavy a cui assisteremo in quest’autunno 2022, con un pacchetto di 4 band sensazionali guidate da tre colossi della storia del metal e una giovane band molto promettente. Arch Enemy, Behemoth, Carcass e Unto Others… vengono i brividi anche solo a pronunciarne i nomi.

In un Alcatraz in configurazione grande palco e con una notevole affluenza di pubblico già per la prima band che si esibisce prestissimo (18:10), salgono sul palco gli americani Unto Others. La band di Portland è stata fondata del 2017 con il nome di “Idle Hands”, nome che fu poi costretto ad essere cambiato per cause legali di copyright e quindi conseguentemente diventato “Unto Others” dal 2020. La band si presenta al pubblico con uno stile molto cupo, quasi gotico, con il cantante Gabriel Franco che sfoggia anche degli occhiali da sole scurissimi che ci si chiede davvero come faccia a vedere sia il pubblico che la sua chitarra… partono i primi pezzi e il sound è subito molto intrigante, quasi difficile da definire. Le chitarre e le melodie sono principalmente in stile heavy metal ma con un tocco di gothic rock davvero interessante, il che rende il tutto allo stesso tempo trascinante e avvolgente. L’aspetto più particolare è senza alcun dubbio la voce di Gabriel associata a questo stile, perché a primo ascolto il suo timbro ricorda moltissimo quello di un rockabilly / blues quasi alla Elvis Presley per intenderci. Sicuramente molto originale e fuori dagli schemi.

Il set scorre in modo molto piacevole, con anche il carismatico chitarrista Sebastian ‘Spyder’ Silva e prendersi spesso la scena con assoli ben eseguiti ed accattivanti. Certo, sapendo quali band seguiranno, non c’è molta correlazione di stili… però fa sempre piacere scoprire qualcosa di nuovo e di valido, e sicuramente loro lo sono.

Setlist

Heroin
Give Me To The Night
No Children Laughing Now
Can You Hear The Rain
Nightfall
Summer Lightning
When Will God’s Work Be Done

Giunge il momento di un nome decisamente più di rilievo… anzi, una vera e propria icona della storia del metal, i Carcass. Pionieri del goregrind e una delle principali band fondatrici del melodic death metal (grazie al loro album capolavoro del 93 “Heartwork”), la band di Liverpool è tornata ad esibirsi dal vivo portando con se i nuovi pezzi dell’EP “Despicable” e il seguente album “Torn Arteries” usciti rispettivamente nel 2020 e 2021, ritrovando quindi recentemente lo studio dall’ormai lontano “Surgical Steel” del 2013. E sebbene i Carcass non siano più stati estremamente prolifici di dischi dopo la reunion del 2007, questa sera hanno ricordato a tutti il glorioso patrimonio che ci hanno portato e che continuano ad esprimere anche con gli ultimi album. Basta vedere quante band si cimentino oggi nel genere melodic death metal e quante dichiarino di essersi ispirati a loro, tenendo conto che i Carcass già esprimevano le prime armonie di questo genere musicale alla fine degli anni 80… roba decisamente non da poco. In un palco prevalentemente ricco di banner bianchi, con un enorme cassa toracica nello sfondo contornata da coltello a forchetta (giusto per non far dimenticare le tematiche “gore” e macabre dei testi dei Carcass) e degli schermi LED integrati in quelli che potevano sembrare inizialmente degli amplificatori a doppia cassa, i membri fondatori della band Jeff Walker (canto/basso) e Bill Steer (chitarra), accompagnati dal più recente Daniel Wilding (batteria) e dall’ultima aggiunta James Blackford (chitarra), salgono sul palco per regalarci più di 30 minuti quasi senza sosta di puro sound death metal in perfetto old school style.

Anche se magari il loro stile sul palco non risulta particolarmente scenografico, onestamente, non ci interessa per niente… perché quello che stiamo vedendo è l’esibizione di una band che è pura leggenda vivente capace di essere ancora oggi sul palco a martellare riff, assoli e growl vocals in modo sensazionale. E proprio gli harsh vocals di Jeff sono ancora più taglienti che mai, tenebrosi e affilati come coltelli che ti penetrano nella carne, tanto per rimanere in tema Carcass. Cosi come le virtuose melodie di Bill Steer, che con il suo look cowboy si esibisce con una disinvoltura disarmante su delle melodie di chitarra assolutamente sensazionali. Un set di 9 pezzi mostruoso che ha visto aprire e chiudere la scaletta con i due brani di maggior successo della carriera della band, ovvero “Buried Dreams” e “Heartwork”, inserendo una buona selezione di tracce sia recenti che storiche, avverate essere una cavalcata sonora devastante anche stasera ed eseguite con precisione maniacale. La folla si entusiasma moltissimo e comincia scaldarsi seriamente per l’arrivo di ulteriori pezzi da novanta…

Setlist

Buried Dreams
Kelly’s Meat Emporium
Incarnated Solvent Abuse
Under The Scalpel Blade
This Mortal Coil
Dance Of Ixtab
The Scythe’s Remorseless Swing
Corporal Jigsore Quandary
Heartwork
Carneous Cacoffiny (Outro)

Tocca ai Behemoth dell’acclamatissimo Nergal. In un entusiasmo volto ormai alle stelle e una presenza davvero significativa di pubblico con magliette della band polacca, i Behemoth iniziano il loro set con una delle aperture più ben studiate che abbia mai visto. Sulle note di “Post-God Nirvana” e un immenso telo bianco che copre l’intero placo dell’Alcatraz, viene proiettato un video di Nergal che intona i lyrics del pezzo di apertura dell’ultimo album “Opus Contra Naturam” con i susseguenti membri della band che salgono sul palco uno dopo l’altro, proprio dietro a questo telo dove una forte luce bianca proietta le ombre dei musicisti, sovrapponendosi quindi alla proiezione del video. I membri della band interagiscono con dei movimenti dietro al telo fino alle prime note di “Ora Pro Nobis Lucifer”, momento in cui l’immenso muro bianco si abbassa e possiamo quindi ammirare per la prima volta la band in carne ed ossa. Davvero un entrata d’effetto! I costumi sono come sempre davvero ben curati così come il macabro face paint di tutti i membri, con Nergal semi-nascosto nel simbolico cappuccio nero. A prendere la scena troviamo anche le tre aste poste di fronte a Nergal, Orion e Seth, poste come delle ornamenta di altari sacrificali e l’immenso simbolo dei Behemoth posto sopra la batteria di Inferno in rilevo davanti al telo di sottofondo dove è rappresentato un maestoso artwork sulle tematiche della copertina dell’ultimo album. Il set dei Behemoth si può quindi definire come un lungo rituale satanico condito dalle note di un blackened death metal estremamente avvolgente. La particolarità del sound dei Behemoth è che non si tratta di un black metal dai ritmi prevalentemente lenti e tendenti quasi al doom, ma al contrario composto da una base di bpm molto più rapida e quindi tendente al classico death metal, enfatizzato però dall’aspetto cupo e i testi occulti del black metal. Premettendo che mi dissocio totalmente dalle pratiche di Nergal e dalle ideologie veicolate nei testi dei Behemoth, focalizzandomi quindi soltanto sull’aspetto musicale e la performance live, i Behemoth sono davvero impressionanti da vedere. Il loro blackened death metal ha il potere di essere aggressivo al punto giusto, portando un sound accattivante che per quanto non sia condito da particolari melodie di rilievo sa però essere coinvolgente e spettacolare.

Aggiungiamo anche i vari cambi di tonache e ornamenti portati da Nergal, così come l’aspetto teatrale nel sputare sangue sulla fine del set da parte di Nergal, Orion e Seth, e abbiamo uno spettacolo sicuramente affascinante e ben studiato, elevando quindi l’aspetto musicale ad un vero e proprio show a 360 gradi impressionante da ammirare. Trovo che i Behemoth siano una di quelle band che da il meglio di se dal vivo, apportando veramente molto di più a livello di esperienza musicale quando salgono sul palco che non da album. Nergal si dimostra tra l’altro un vero artista polivalente di assoluto livello, capace di portare avanti non solo un progetto come quello dei Behemoth, ma anche quello dei “Me And That Man”, side project di dark folk blues dove Nergal si cimenta in un’altra veste molto più “umana”. Davvero rimarchevole vedere come possa interpretare i due ruoli alla perfezione. Set estremamente spettacolare e molto coinvolgente, capace di essere apprezzato anche da chi non condivide affatto i temi dei testi, perché la componente musicale prevale più di tutto e non c’è assolutamente niente da dire sulla qualità puramente artistica dei membri di questa band.

Setlist

Post-God Nirvana (Intro)
Ora Pro Nubis Lucifer
The Deathless Sun
Ov Fire And The Void
Thy Becoming Eternal
Conquer All
Daimonos
Bartzabel
Off to War!
No Sympathy For Fools
Blow Your Trumpets Gabriel
Versus Christus
Chant For Eschaton 2000

Arriva il grande momento della serata, dietro ad un immenso tendone con il simbolo degli Arch Enemy e la scritta “Pure Fucking Metal”, si sta preparando quello che, a mio avviso, è ormai il miglior interprete del melodic death metal. La band svedese è infatti ormai più di un pilastro del genere, con 25 anni di carriera alle spalle e una progressione che ha davvero pochi paragoni. La band fondata da Michael Amott ha infatti sempre saputo migliorare il sul lineup ad ogni partenza di un membro importante, capace di esprimere un concetto di musica sempre più affascinante e spettacolare, mantenendo sempre il suo timbro musicale ma elevando la qualità del materiale composto in modo vertiginoso ad ogni uscita di un nuovo disco. E se la partenza (del tutto pacifica, in quanto ora manager della band) della cantante Angela Gossow nel 2014 sembrava porre fine ad una gloriosa era, ecco che arriva la straordinaria Alissa White-Gluz a ricoprire un ruolo non facile e in cui la cantante canadese a saputo destreggiarsi in modo magistrale. Si, perché il trittico di album composti con Alissa sono uno più bello dell’altro, fino ad arrivare all’ultimo straordinario disco “Deceivers” che penso difficilmente possa essere tolto dal podio dei miglior album metal di quest’anno, se non addirittura dal primo posto… e proprio sulle note del primo singolo di quest’album “Deceiver, Deceiver” si abbassa il telo ed inizia lo spettacolare set degli Arch Enemy. Con una cornice di luci fantastiche a fare da quadro ad un sound regolato in modo impeccabile, gli Arch Enemy sfoderano una performance magistrale capace di elevare il death metal nella sua forma più armonica e maestosa, un melodic death metal carico di melodie, riff e assoli di una bellezza unica.

Se Michael Amott è la mente sopraffina dietro queste composizioni straordinarie, Jeff Loomis ne è il miglior interprete che Michael potesse trovare. Jeff ha davvero uno stile di una eleganza e di una qualità che va oltre ogni limite, con una padronanza della sua nuova stupenda Jackson Kelly Black Ash che è strabiliante. Aggiungendo le corpose note del basso di Sharlee d’Angelo e la maestria della batteria di Daniel Erlandsson (impressionante per la disinvoltura di esecuzione di tecniche difficilissime) troviamo un sound senza uguali, che va davvero a surclassare ogni aspetto. Alissa ha una padronanza del growl che è di prima categoria e forma senza alcun dubbio, insieme a Tatiana Shmayluk dei Jinjer, una della due migliori interpreti di questo timbro vocale per distacco. Il set è una pura goduria dal primo all’ultimo secondo, con Alissa che interagisce molto con il pubblico e dedica anche “House of Mirrors” a un giovanissimo fan portato sulle spalle del padre e visibilmente estremamente entusiasta della performance. Veramente bello poter vedere generazioni così giovani di metallari presenti ad un concerto come quello di stasera. Un ulteriore aspetto a cui va dato ulteriore credito agli Arch Enemy è stata la scelta di portare ben 5 pezzi dell’ultimo album dal vivo, una cosa che ultimamente moltissime band, anche con album validissimi, faticano molto a fare, preferendo sempre glorie del passato piuttosto che nuovi pezzi… certo, vogliamo tutti sentire gli immancabili inni delle band in scaletta, ma se hai un nuovo album estremamente valido e che stai facendo un tour per promuovere quel disco è assolutamente giusto e doveroso portare questi pezzi sul palco! E gli Arch Enemy hanno fatto centro anche su questo! Tanto di cappello! Rimarrà sempre spazio per altri brani dei dischi precedenti e ovviamente non potevano mancare sia pezzi dei due precedenti album composti con Alissa come “War Eternal”, “The Eagle Flies Alone” e “As The Pages Burn”, che pezzi composti con Angela come “Ravenous”, “My Apocalypse” e l’eterno inno simbolico della band “Nemesis”. Proprio su quest’ultimo pezzo, preceduto da una lunghissima versione di “Snow Bound” suonata con un assolo di chitarra meraviglioso di Loomis, parte un glorioso delirio di entusiasmo a concludere un set formidabile.

Penso seriamente che gli Arch Enemy possano essere ormai considerati tra le band capaci di essere headliner in qualsiasi dei maggiori festival metal mondiali. Ad oggi, solo il Wacken ha saputo elevarli allo status di headliner nel 2016 e nel 2022, mettendoli quindi alla pari di altre band storiche come i Judas Priest o gli Iron Maiden, dimostrando ampiamente di meritarsi un tale onore. Basta guardare il DVD degli Arch Enemy “As The Stages Burn” creato proprio a partire dal loro set da headliner del 2016 oppure il videoclip della recentissima “The Watcher” nel loro set anch’esso da headliner del 2022 per vedere di cosa sia capace questa band anche in contesti di tale grandezza e prestigio. Spero quindi davvero di poter vedere presto il nome degli Arch Enemy anche in cima ai bill di festival come l’Hellfest o il Download Festival, perché se lo strameriterebbero. Troppo facile dire che il concerto di questa sera sia stato uno dei migliori dell’anno, senza alcun ombra di dubbio.

Setlist

Deceiver, Deceiver
War Eternal
Ravenous
In The Eye Of The Storm
House Of Mirrors
My Apocalypse
The Watcher
The Eagle Flies Alone
Handshake With Hell
Sunset Over The Empire
As The Pages Burn
Snow Bound
Nemesis
Fields Of Desolation (Outro)

Si ringrazia Vertigo Hard Sounds

Sfoglia la Gallery completa a cura di Monica Ferrari

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