Il perfetto manuale del “compra il biglietto del concerto e vallo a vedere due anni dopo” parla di me, del trio di band del titolo che, causa pandemia, ha dovuto cancellare il tour e aspettare ben 24 mesi prima di poter solcare di nuovo i palchi.

La mia frustrazione è comunque ben poca cosa rispetto alla loro, musicisti abituati a battere il ferro davanti a migliaia di persone che si vedono privare della loro ragione di vita e del loro lavoro assieme a MILIARDI di altri abitanti del pianeta; è d’obbligo aspettarseli belli pimpanti soprattutto perchè è solo la seconda data del tour che queste tre educande hanno messo in piedi per minare i timpani dei numerosi fan.

Molte cose sono cambiate da due anni fa: alcuni dischi sono usciti, Gary Holt è stato restituito agli Exodus dopo qualche giretto in pullman con una grossa band dei Big 4 e dagli stessi arriva anche il sostituto di Gene Hogland (che fu nei Death Angel as well), Sir Dave Lombardo.

Quindi senza indugio arriviamo con due anni di ritardo alla location (per una volta ad appena 20 km da casa), la House of Blues di Anaheim, solita ospitare i grandi eventi del NAMM e in grado di contenere fino a quasi 2000 persone.

Intro in pompa magna e si presentano i Death Angel, nati nei primi anni 80 ed emblema del thrash californiano. Il batterista Will Carrol fu uno dei primi a infettarsi con l’innominabile virus e a momenti perde la vita in rianimazione; se c’è un personaggio motivato a riscattarsi dopo la pausa credo di averlo appena trovato.

La canzone Voraciuos Souls è datata 1987, io non avevo ancora la patente e questi signorini già aprivano per i grandi nomi con nonchalance. Penalizzati da un audio non ottimale si esprimono ovviamente con molta potenza, ma non abbastanza intellegibili da gustare con dovizia di particolari. D’altronde da ex-fonico non posso che scusare il collega, alla prima occasione sono letteralmente scappati da casa con lo zaino e due ricambi per piombarsi su un tour bus, non c’è stato molto tempo di affilare i coltelli prima della cena.

Seemingly Endless Time è più o meno dello stesso periodo, l’audio continua a non essere all’altezza, ma mi colpiscono i solismi di Rob Cavestany che non lesina sciabolate a sei corde, evidentemente pervaso dallo spirito della serata.

Un po’ più recenti le prossime, Claws in So Deep e The Dream Calls for Blood; mentre in generale non si possono attaccare le single performance, mi appaiono in verità un po’ slegati, ma il cantante Mark Oseugueda non si risparmia e ovviamente non lesina le parole su quanto sia contento di rivedere un palco e un pubblico, appellandoci con “motherfuckers” una trentina di volte, cosa a cui durante la serata devo far l’abitudine.

Solo nove canzoni e si chiude con Humanicide e Thrown to the Wolves che li accompagnano all’uscita. Il carisma non manca, le canzoni nemmeno, ma non mi hanno fatto gridare al miracolo.

DEATH ANGEL SETLIST
The Ultra-Violence – Evil Priest – Voracious Souls – Seemingly Endless Time – Claws in So Deep – The Dream Calls for Blood – The Moth – Humanicide – Thrown to the Wolves

Come aperitivo va più che bene contando che in pochi minuti salirà sul palco una band da me molto apprezzata, gli EXODUS.

Gli EXODUS nascono nel 1979 e l’unico componente primigenio è il batterista Tom Hunting, forse più celebre ancora del suo chitarrista Gary Holt, prestato a una grossa band dei big 4 del quale ora non ricordo il nome…

A Tom Hunting fu diagnosticato un brutto male che forzò i medici ad asportare completamente il suo stomaco. Le costose cure per l’operazione e la chemioterapia costrinsero l’intera band a promuovere una ricerca di fondi alla quale collaborarono anche i Metallica e che rese possibile la sua sopravvivenza. Gli strascichi sono molto pesanti, la sua alimentazione è compromessa, ma impassibile è tornato a suonare; la sua determinazione viene bene espressa alcuni articoli che ha scritto raccontando la sua esperienza, scritti con strabordante positività e voglia di vivere e che lo rendono ancor più luminoso ai nostri occhi di quanto fosse da solo musicista.

Ma bando alle ciance e lasciamoli iniziare con The Beatings Will Continue, canzone fresca di pacca tratto da Persona Non Grata. Il fonico mi sta sempre meno simpatico e la mia naturale indulgenza verso l’ex collega comincia a venire meno, ma andiamo avanti.
Il ritrovato Steve Souza si muove un po’ goffamente mentre Gary Holt e Lee Altus alle chitarre battono i ferri in modo impeccabile. Al basso il buon Jack Gibson fa il verso a Jason Newsted per portamento, strumenti, abbigliamento e capigliatura, il po’ il leit motive di questa serata.

Si procede con A Lesson In Violence mentre Tom Hunting approfitta delle pause per ergersi in piedi e mostrare l’enorme cicatrice sul suo petto, come a dire: “Nessuno mi tira giù da qua, manco il cancro”.

Come non suonare Blood in, Blood out? Non so se attenti di più alla mia incolumità il mosh pit (pogo per noi italiani) o la band che rischia di radere al suolo la location, ma la cosa che purtroppo colpisce è la mancanza di voce di Steve Souze, oggettivamente sotto le righe e con spiccata carenza. A sopperire ci pensano i chitarristi che con grande maestria e mestiere tengono su le pezze dell’esibizione.

Si procede per una decina di canzoni tra le quali Blacklist e Bonded by Blood che riscuotono gran favore tra i metallari in sala. Il tutto sfuma con Strike of the Beast (e relativi “thank you motherfuckers”) tra non poche perplessità: non sono gli Exodus che ho visto anni fa e non sono quelli che mi aspettavo oggi. Colpa della fretta? Dell’età? Delle condizioni di Tom Hunting? Non so, ma l’amaro in bocca c’è eccome.

EXODUS SETLIST
The Beatings Will Continue (Until Morale Improves) – A Lesson in Violence – Blood In, Blood Out – The Years of Death and Dying – Deathamphetamine – Blacklist – Only Death Decides – Prescribing Horror – Bonded by Blood – The Toxic Waltz – Strike of the Beast

Passiamo al pezzo forte della serata, i TESTAMENT che dal 1983 si sono imposti di prepotenza nell’olimpo del thrash. Anche qui abbiamo una storia a corollario, il gigante Gene Hoglan alla batteria ha mollato come da suo stile; dopo un po’ cambia sempre band ed è dipartito in modo amichevole verso altri lidi, nessuna frizione con il resto dei musicisti.

Sostituire tale calibro non è gioco da ragazzi, ma ecco che la truppa californiana tira fuori il jolly al momento opportuno: Dave Lombardo, già batterista della grande band dei big 4 di prima (del quale non ricordo il nome) che riempie di curiosità il medesimo e il resto del pubblico, io dalla parte di quelli che non avrebbe mai voluto vedere Gene lasciare la band.

Dave sale sul palco e luci basse e il teatro esplode, neanche ha in mano le bacchette e l’affetto dei presenti in sala si palesa in modo prepotente. Si presentano con Children Of The Next Level mentre perdo l’ultimo grammo di indulgenza verso il fonico che però, in verità, riuscirà a metterci una pezza man mano che la serata continua.

The Pale King e Practice What You Preach seguono a ruota e cambiano completamente il timbro della serata. Inaudita precisione, potenza di fuoco, immagine e musica avvolgono me e il resto dei 1999 presenti; con brutale efficienza i 5 di Berkley si ergono a vincitori a mani basse della serata.

L’impeccabile maestria di Alex Skolick, per nulla timido a mostrare quant’è inarrivabile, è pura poesia e riesce anche a dare spazio al non sottovalutato Eric Peterson all’altra 6 corde. Steve di Giorgio al basso pesta come si dovrebbe sempre pestare e l’ugola di Chuck Billy non delude mai. Dave Lombardo invece riesce nel quasi impossibile tentativo di farmi dimenticare Gene Hogland tanto è bravo.

Ormai il fronte palco è inavvicinabile perchè il pogo di apprezzamento è pura violenza mentre vengono elargite perle come Night of the Witch e Into the Pit.

Una buona ora e mezza passa in compagnia di una band che valeva la pena aspettare due anni, nessun calo, nessun punto debole, non chiedono quartiere e non danno quartiere; più di uno si interroga perchè non si possa estendere il club dei Big 4 a Big 5 o, chi è cattivo come me, pensa che debbano sostituire uno degli attuali membri (ma non ne ricordo il nome).

Ora che tutti noi “motherfuckers” (again) andiamo verso le auto tiro le somme della serata e mi domando come mai ad alcuni le pause facciano bene e ad altri malissimo, ma è una domanda retorica e non vedo l’ora di rivedere i Testament.

Chi è già Gene Hogland?

TESTAMENT SETLIST
Children of the Next Level – The Pale King – Practice What You Preach – The New Order – WWIII – Low – D.N.R. (Do Not Resuscitate) – Electric Crown – Souls of Black – Night of the Witch – Eyes of Wrath – Legions of the Dead – True Believer – Over the Wall – Into the Pit – Disciples of the Watch

 

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