Indie Recordings – Marzo 2013

Mai monicker fu piùazzeccato. Questo album è massiccio e compatto, diviso in capitoli solo per comodità  d’ascolto ma decisamente monodirezionale e, se vogliamo, a livello compositivo, abbastanza monotematico e poco vario. Questi Blood Tsunami si sono formati nelle terre del freddo nord, Oslo per la precisione, intorno alla metà  degli anni duemila ed hanno alle spalle tre uscite sulla lunga distanza oltre ad un EP. Musicalmente, e lo si evince con estrema facilità  sin dalla traccia che apre questo “For Faen!“, sono un incubo sonoro dedito al piùferoce e claustrofobico thrash che ha come ispirazione il sound di Araya ed allegri compari.

Con un’influenza del genere piuttosto palese ed un cantato in scream molto estremizzato c’è poco spazio per la fantasia. I brani sono tutti pervasi ed affondati nella violenza sonora, la batteria picchia e riduce le pelli a miseri cenci dopo ogni pezzo. Questo quartetto è riuscito a creare su questo dischetto un involucro impenetrabile per chi non è un appassionato e/o cultore del genere. I pochi distinguo che si possono fare sono rappresentati in primis da “Dogfed“, una joke-song che ultimamente sta diventando un po un trend, seguito da molte band, cioè quello di inserire una traccia da un minuto e mezzo di classico hardcore americano anni ’80 all’interno del CD. “Unholy Nights” è molto crucca, in stile Tankard con cento chili in meno dietro al microfono ed assoli mirabilmente eseguiti ma un ritmo identico dall’inizio alla fine. Tracce come “B.T.K.” o “The Brazen Bull” fanno capire come nel tempo che fu si siano mischiati gli stili ed un goccio (alle volte abbondante) di Punk-core stia alla base di molti gruppi e relative uscite catalogate nel thrash. “Metal Pang” è un altro doveroso tributo che questi sirenetti ci omaggiano. Ha la classica struttura musicale che fece la fortuna di molti, unisce due parti iperveloci con una parte cadenzata che crea quell’atmosfera d’attesa, quasi ti allerta di quanto, di li a poco, andrà  a graffiarti il padiglione auricolare con poco riguardo e nessuna delicatezza.

La mia preferità  è sicuramente “Butcher of Rostov” perchè profuma di Slayer lontano un miglio, quasi si ode l’inizio di “Raining Blood” (sentitela e sappiatemi dire), non mi aspettavo questo tipo di approccio brutale che mi ha decisamente entusiasmato, non è la piùveloce del Cd ma fa paura, viaggia come un treno e ti sa scuotere le budella anche se, come il sottoscritto, di thrash ne hai già  divorato a dosi industriali. Gli assoli sono semplicemente delle gemme, puliti e non confusionari come ci si aspetterebbe. Brani come “The Rape of Nanking” o “In the Dungeon of the Rats” sono pugni nello stomaco, mazzate metalliche non adatte ai deboli di cuore, le chitarre affettano ed anche la testa, inconsciamente, si muove per tributare a questi onesti mestieranti la loro giusta dose di gloria. “Grave Desecrator” sembra uscita da “Seven Churches” dei Possessed e ti lascia di stucco, pietrificato. Difetti? Forse quello piùcomune e cioè il fatto di non avere nella band un vocalist con i contromaroni dotato di una timbrica che sappia distinguerlo da mille omologhi. Il pregio, come anche per il grandioso disco degli Homicide Hagridden è che questo lavoro gira intorno ai trenta minuti, non molto di più.

E’ ora di boicottare le ‘opere’ che vogliono sfinirti e battono quasi l’ora di lunghezza provocandoti un’orchite cronica. Forse qualcuno ancora non lo ha capito ma non è la quantità  che va ricercata ma la qualità  e le idee. “Reign in Blood” durava il tempo di mangiare una pizza ed è un capolavoro assoluto. Meditate gente, meditate.

BRANO TOP: Butcher of Rostov
BRANO FLOP: B.T.K.

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Tracklist:

1. Butcher of Rostov
2. Dogfed
3. The Rape of Nanking
4. The Dungeon of the Rats
5. Metal Fang
6. The Brazen Bull
7. Grave Desecrator
8. Unholy Nights
9. B.T.K.
10. Krokodil

Band:

Pete Evil – voce, chitarra
Dor Amazon – chitarra
Carl Janfalk – basso
Faust – batteria

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Redazione
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