Columbia – 2023

È arrivato, l’atteso nuovo album dei Depeche Mode, orfani di Andrew Fletcher. Il nome “Memento Mori“, così come la grafica dell’album, potrebbero suggerire che quest’ultimo sia stato influenzato e plasmato dall’enorme perdita che ha colpito il gruppo recentemente. In realtà così non è, l’album era già avanti nella produzione, il titolo già deciso, e Flatcher non ci aveva ancora lasciati; alla luce di questo il tutto può apparire come una tragica quanto singolare coincidenza, anche perché il titolo “Memento Mori” non è da intendersi come un oscuro monito al fatto che tutti prima o poi dobbiamo andarcene, quanto come un invito a godere e sfruttare ogni momento delle nostre vite nel miglior modo possibile (parole di Gahan). Sembra che la dipartita dello storico componente del gruppo abbia inciso fortemente nelle dinamiche tra Gahan e Gore, trovatisi all’improvviso costretti a confrontarsi, scontrarsi e collaborare senza quel collante, quel tramite e quel paciere che di fatto era Andrew Fletcher.

Al punto che Gahan ha dichiarato che solo dopo tutti questi anni, lui e Gore sono diventati amici.
Rispetto al precedente e politico “Spirit“, in “Memento Mori” si lascia spazio all’introspezione, e a quel suono tipicamente “Depeche Mode” al quale siamo tutti affezionati e, che per certi versi, aspettavamo ritornasse.

Si perché questo ultimo disco è per certi versi un graditissimo ritorno alla classica elettronica dei Depeche Mode, e se in esso fluiscono nuove dinamiche compositive di Gore e Gahan, queste funzionano egregiamente, dando compattezza, freschezza e coerenza ai 12 brani che lo compongono. Lo dimostra “Wagging Tongue“, seconda traccia e prima traccia che porta la firma di entrambi, uno degli episodi migliori del disco.

L’ ossatura dell’album, la sua parte più importante e la sua anima è senz’altro quell’elettronica sopracitata: egregiamente arrangiata e prodotta (c’è anche la nostrana Marta Salogni oltre a Richard Butler alla produzione), “aggiornata” ma sempre pregna di quelle atmosfere che i Depeche ci regalano da sempre.

In molte parti, “Memento Mori” mi ha non a caso riportato a “Black Celebration” il loro album più nero, più sfacciatamente elettronico, più dark. È oscuro ed elegante, questo lavoro, e va ascoltato nella sua interezza per poterne carpire tutte le sfaccettature, e comprendere perché è il loro lavoro migliore e più a fuoco degli ultimi 10 anni almeno.

È davvero un immenso piacere poter constatare che i Depeche Mode siano ancora vivi e vegeti, che abbiano ancora qualcosa da dire, più che nel passato più recente, e che ancora possano essere considerati gli alfieri e gli inarrivabili portabandiera di quel modo di fare elettronica che di fatto loro stessi hanno creato.

Memento Mori“, quindi, “ricordati che devi morire“, ma soprattutto “Carpe diem, quam minimum credula postero“, ovvero “cogli l’attimo, confidando il meno possibile nel domani“. Questo il messaggio dei nostri Depeche Mode odierni, meravigliose entità da sempre e per sempre.

Tracklist
1. My Cosmos Is Mine
2. Wagging Tongue
3. Ghosts Again
4. Don’t Say You Love Me
5. My Favourite Stranger
6. Soul With Me
7. Caroline’s Monkey
8. Before We Drown
9. People Are Good
10. Always You
11. Never Let Me Go
12. Speak To Me

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