Siamo di nuovo a Milano, precisamente al Live Music Club (che ospita sempre artisti di livello!), per una serata sicuramente molto attesa da moltissimi fan del mostro musicale quale è Devin Townsend, il quale dopo sette anni di lontananza punta a farci nuovamente sognare con l’unica e imperdibile data italiana del suo tour “Lightwork European Tour 2023”. L’attesa è stata trepidante ma finalmente è finita, stasera si assisterà ad uno show senza dubbio singolare e notevole che ha generato aspettative altissime, le quali siamo praticamente sicuri non verranno deluse!

Ad esibirsi sul palco prima di Devin troviamo due gruppi molto interessanti: i norvegesi Fixation e i francesi Klone. Pur portando in scena un tipo di sonorità abbastanza diversa si inseriscono molto bene in questo tipo di serata, specialmente per la capacità di compenetrare diversi generi tra loro, creando atmosfere particolari e di effetto, e creando una sorta di filo conduttore tra le tre esibizioni.

I Fixation sono una band giovanissima, hanno infatti fatto uscire il loro primo EP alla fine del 2020, ottenendo subito molto successo: sono stati descritti come la “band che sfida i generi”, spaziando dal metalcore al post metal intrecciando il tutto con parti elettroniche e un uso armonico di synth. I testi sono impegnati e anch’essi abbracciano varie tematiche, con un riguardo particolare a temi socio-politici che vengono trattati con vena critica, esposta in modo piuttosto personale: un’interpretazione “intima” dell’attualità e del mondo. Nonostante siano nati da poco sul palco si muovono già molto bene, sono carichi ed energici, il pubblico è coinvolto e interessato. Tecnicamente sono ancora un poco acerbi, ma il potenziale è indubbio: propongono riff accattivanti e molto orecchiabili, bassi grevi e ritmi di batteria potenti e veloci; l’aggressività è in primo piano ma si percepisce la malinconia dei temi trattati, sostenuta dalla voce pulita che ha un enorme potenziale.

 

Molto interessanti! Ciò che si spera, considerando le capacità, il successo e l’interesse che ha già riscosso questa band, di poterla rivedere presto su altri palchi!

Meno “giovani” e già più noti sono invece i francesi Klone, con sette album all’attivo di cui l’ultimo, ben fatto, uscito giusto a febbraio. Anche per loro si fatica a trovare un inquadramento in un genere di riferimento: partiti originariamente da una base post hardcore si percepisce nel tempo un’influenza progressive, alternata da momenti tendenti al doom con toni cadenzati e armonie malinconiche, passando poi a note più alternative e arrivando anche ad incontrare il nu-metal. Sono insomma abbastanza sperimentali e non hanno di sicuro paura di osare per creare: tutta la performance di stasera si basa infatti su questi contrasti di suoni che al pubblico piace molto. Sono bravi a mescolare varie sonorità senza però rendere caotico e disorganico il tutto, e ciò li rende come i primi una buonissima scelta per questo live, dove vengono alternati passaggi riflessivi e introspettivi, ricche progressioni atmosferiche e muri sonori aggressivi e potenti che tengono il pubblico incollato al palco.

 

Un bell’inizio e un bel continuo che un poco dispiace sia finito… stava piacendo davvero molto e aveva creato una atmosfera particolare tramite questi salti stilistici che senza annoiare poteva tranquillamente proseguire per un’altra ora… ma sono già le 21, il palco inizia ad essere allestito per il gran finale e all’interno del locale inizia a riversarsi sempre più gente…

La sala del Live Club è strapiena e si fa fatica a muoversi tra le persone, tutte in trepidante attesa del maestro canadese. Si guarda nervosamente l’orologio, si cerca di sbirciare dietro le tende del backstage per capire quanto manca, ci si mette in punta di piedi per cercare di vedere oltre la folla. E poi, finalmente, Devin Townsend sale sul palco, accompagnato dai suoi musicisti e da un enorme applauso. Un inchino, qualche parola, e si comincia!

Il primo pezzo proviene direttamente dall’ultimo album “Lightwork”, uscito a fine 2022; un album che risulta diverso dai precedenti, un lavoro più “leggero”, positivo e accessibile dei precedenti ad un primo ascolto, ma dal quale traspare al solito tutta la bravura e la tecnica di Devin, il quale è davvero un maestro nell’abbracciare e produrre ogni tipo di genere musicale. Passa infatti dal synth rock quasi epico di Lightworker, con cui apre la serata, ad atmosfere più cupe con influenze drone-pop in Dimensions e Heartbreaker (che tranquillamente potrebbero diventare colonne sonore di videogiochi ambientati nello spazio!), fino alla più emotiva Call of the Void, con melodie che spaziano dal rock al pop senza però mai sovrastarsi a vicenda e sempre in vivace armonia. Ogni lavoro dell’artista canadese risulta, oltre ad essere unico e mai ripetitivo, la messa in musica di uno specifico momento della sua vita, quasi come una terapia, e dall’ultimo album traspare anche una vena di timido ottimismo al futuro, che difficilmente si ritrova negli album precedenti, decisamente più “pugno nello stomaco”!

Fondamentale segno distintivo di ogni produzione è indubbiamente la sua voce: limpida e ben formata, che raggiunge note alte e note grevi senza alcuna fatica e passa dallo scream al pulito in maniera impeccabile. Se poi ci si aggiunge che Devin sa suonare in maniera ineccepibile praticamente ogni strumento musicale che abbia mai toccato nella sua vita, non si può non pensare a lui come un vero artista, poliedrico ed eclettico. Ma c’è di più. La bellezza di Devin Townsend sta anche, e forse soprattutto, nel fatto che la sua produzione e le sue esibizioni non si riducono mai ad un mero sfoggio di alta tecnica compositiva e musicale, ma quello che scrive tocca dentro: le sue rappresentazioni del mondo e della vita arrivano dirette al pubblico e vengono interiorizzate; sono stati d’animo trasposti in musica, che a volte picchiano e stordiscono ed altre volte abbracciano per dare conforto. Devin è un maestro anche in questo. E anche questo riesce a farlo con una facilità disarmante.

In questo concerto lui e la sua crew sono energia pura, un concentrato di vitalità che rispecchia il mood dell’ultimo album. Sul palco Devin è una presenza prorompente, si muove, scherza e coinvolge il pubblico con molta naturalezza; l’espressività, l’interazione e la simpatia che dimostra abbatte ogni distanza tra osservatore ed artista e lo rende vicino alle persone in sala, confermandolo anche come ottimo intrattenitore.

Oltre a brani dell’ultima creazione Devin porta sul palco alcuni pezzi tratti da capolavori passati: ci si commuove sulla semi-ballad Deep Peace (2001), dove il pubblico alza gli accendini e si muove all’unisono creando una bella atmosfera, e sulla poetica e riflessiva Deadhead (2001), per poi compiere un salto negli anni ’90/’00 con Truth (1998), Bad Devil (1998) e Kingdom (2000). C’è spazio anche per due brani dal magnifico Empath (2019): Why?, che incanta per l’anima da musical, e Spirits Will Collide, pezzo di altissimo livello con una linea vocale da brividi. Degli SYL, purtroppo, viene riprodotta solo Love? (2005), scegliendo energia e aggressività per il gran finale di una esecuzione musicale di una qualità oggettivamente sopra la media.

C’è poco da dire, un artista del calibro di Devin Townsend si può solo che ammirare, il talento è evidente, come è evidente che già da molto tempo non è più il “cantante di Steve Vai”, ma un grande artista a tutto tondo con ampie, (anzi, immense!) vedute musicali e compositive, capace di trasmettere attraverso melodie e voce sia l’emozione più profonda e dilaniante che la gioia più pura ed esplosiva.

Setlist

Lightworker (2022)
Kingdom (2000)
Dimensions (2022)
Why? (2019)
The Fluke (2001)
Deadhead (2001)
Deep Peace (2001)
Heartbreaker (2022)
Spirits Will Collide (2019)
Truth (1998)
Bad Devil (1998)

Encore:
Call of the Void (2022)
Love? (2005 – Strapping Young Lad)

 

Gallery a cura della bravissima Giulia Di Nunno

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