2023 – ROSWELL / RCA
“But Here We Are”. Già il nome è una dichiarazione di intenti.
“It came in a flash, It came out of nowhere, It happened so fast, and then it was over…”.
Così si apre il disco, come a dire che non c’è neanche bisogno di ricordarlo, che i recenti eventi sono dappertutto, nei cuori e nelle menti dei Foo Fighters. Ma da veri combattenti, i Foos metabolizzano il lutto ed il dolore regalandoci il loro miglior disco dai tempi di “Wasting Light”.
Il loro undicesimo disco, quello che purtroppo li vede privati del mai troppo compianto Taylor Hawkins, trasuda voglia di reagire, di rinascere, di andare avanti, e centra il bersaglio con rinnovata energia.
Dave Grohl torna alla batteria, e non è una cosa di poco conto, perché per certi versi, e in diversi episodi del disco, si ha una piacevolissima sensazione di ritorno ai suoni dei Foos pre “One By One”. Rispetto ai due ultimi lavori, in cui si prendevano a volte derive non troppo convincenti, questo disco risulta più centrato, più diretto, più a fuoco.
Credo sia impossibile non volere almeno un po’ di bene allo zio Dave, un po’ per la sua simpatia, un po’ perché (almeno per me) da sempre traspare in lui quell’aria di sincerità e “cuore” che mette in tutto quello che fa. Mai come ora, a 54 anni, un po’ ammaccato, con su gli occhiali da vista e piegato dal lutto, Dave Grohl risulta accessibile e “vero”.
C’è sempre una vena di tristezza o di malinconia sia nei testi che nelle melodie (gran parte dell’album è dedicato, oltre che a Taylor Hawkins, alla mamma di Grohl, anche lei scomparsa in tempi recenti); ciò che colpisce, però, è che queste ultime sono veicolate in canzoni tutt’altro che cupe. Si prenda, ad esempio, la piacevolissima “Under You”, quanto di più Foo Fighters ci possa essere:
“Someone said I’ll never see your face again. Part of me just can’t believe it’s true”
canta Grohl, ma la canzone stilla energia nel suo incedere che ricorda quasi le atmosfere di “Walk” (dal bellissimo “Wasting light”).
“Show Me How”, con la figlia Violet ad accompagnare Dave Grohl alla voce, colpisce per il suo essere così trascinante nella sua semplicità; anche nei frangenti meno “classici” e più riflessivi l’album funziona bene. I Foo Fighters fanno quello che sanno fare meglio, muro di chitarre spianate in primo piano, drumming potente e preciso (si sente eccome Grohl in questo disco), ritornelli che restano in testa e nelle orecchie dopo un paio di ascolti. Ci sono momenti interessanti, come la tutt’altro che scontata “Hearing Voices“, o il flusso di coscienza di “The Teacher” (10 minuti!), tutto per la madre di Grohl.
“But Here We Are“, title track e canzone più potente del lotto, ribadisce con forza l’intento di reagire, e di restare (“arm in arm we are forever“).
Anche quando si attraversano le strade del buon classico, onesto rock (forse un po’ di maniera), come in “Glass” e “Nothing at All“, il disco funziona, sempre grazie a quell’aura di semplicità e schiettezza.
Chiude il disco, e non potrebbe essere altrimenti, la scarna e commuovente “Rest”.
“Rest, you can rest now, rest, you will be safe now….”
Gli occhi diventano lucidi e il groppo in gola ritorna, da qual maledetto 25 marzo 2022.
“But Here We Are” risulta più accessibile rispetto agli ultimi lavori, non perché sia meno complesso o più semplice nell’ascolto, quanto perché si avverte chiaramente cosa ci vuole comunicare, con un’energia francamente a volte inaspettata, visti i recenti eventi.
I Foos ci regalano un album fresco, energico e sincero; un grandissimo ritorno e un commuovente omaggio a chi li ha lasciati troppo presto, creando un baratro che solo la musica, quella vera e sincera, può almeno in parte colmare.
Tracklist
01 Rescued
02 Under You
03 Hearing Voices
04 But Here We Are
05 The Glass
06 Nothing at All
07 Show Me How
08 Beyond Me
09 The Teacher
10 Rest
Band
Dave Grohl – voce solista, chitarra, batteria, produzione
Nate Mendel – basso, cori, produzione
Chris Shiflett – chitarra, cori, produzione
Pat Smear – chitarra, produzione
Rami Jaffee – tastiere, produzione
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